Come vi abbiamo già segnalato, il Direttore del Moige - Antonio Affinita - ha condiviso una dichiarazione dedicata a Grand Theft Auto 6, il venturo capitolo di una saga nota per la sua rappresentazione parodistica degli Stati Uniti e nella quale sesso, droghe, violenza e non solo sono usati per criticare (e non celebrare) un'intera nazione e le sue molteplici sub-culture.
Precisamente, la dichiarazione recita come segue: "E' [sic] molto grave che un videogioco da noi denunciato più volte per la pericolosità dei contenuti continui a proporre contenuti sempre più dannosi senza che vi sia alcun limite nella vendita a un pubblico di minori pur avendo una qualificazione +18. Tra l'altro in GTA già vi sono praticamente dalla prima edizione riferimento alla droga, agli spacciatori ed ai tossicodipendenti. Si tratta quindi di un "tema" destinato ad essere ancora più presente, il che è particolarmente grave."
"Sui videogiochi vi è un vero e proprio Far-West normativo, al massimo delle norme di autoregolamentazione che sono applicate poco e male, come abbiamo anche ribadito nel nostro ultimo report "Venduti ai Minori". Serve quindi una azione urgente, forte e decisa del Governo, perché i videogiochi sono una forma di comunicazione che coinvolge i nostri figli facendo passare messaggi e stili comportamentali insani e devianti, incidendo sulla salute psico-fisica ed emotiva forse più della TV".
Un vecchio discorso oramai stantio, rispolverato per GTA 6
Partiamo da un presupposto. I bambini non dovrebbero giocare a GTA 6. Probabilmente nemmeno alcuni ragazzini. Non crediamo che ci sia nulla di strano in queste affermazioni, visto che il PEGI stesso indica in modo chiaro che il videogioco è suggerito per un pubblico di maggiorenni. Inoltre, l'ente di classificazione ha un sistema molto chiaro per permettere ai genitori di capire semplicemente guardando la confezione del videogioco o la pagina del negozio che tipo di contenuti possono aspettarsi. Chiunque affermi che le "norme di autoregolamentazione sono applicate poco e male", deve semplicemente farsi venire la voglia di perdere cinque minuti a informarsi su un prodotto, perché Google esiste e giuriamo che è molto facile usarlo.
Nel momento nel quale il discorso è "qualcuno pensi ai bambini", la riposta è "devono farlo i genitori". Un bambino non entra nel GameStop con in mano 80€ euro o una carta di credito per comprarsi GTA 6 o qualsiasi altro videogioco non adatto a lui. Un bambino non ha un account con libero accesso a una carta di credito per acquistare liberamente un videogioco dal negozio digitale. Non ha nemmeno una console o un PC da gaming se non gli viene regalato. Ci sono anche sistemi di controllo parentale per impedire l'accesso a prodotti non adatti, tra l'altro, quindi non ci sono nemmeno scuse del tipo "gli hanno prestato il disco e io non lo sapevo".
Se un bambino gioca con un prodotto è perché i genitori lo hanno permesso. Non volete che la vostra progenie si avvicini a opere che ritenete (giustamente o meno) inadeguate per loro? Non permetteteglielo. E se la replica è "tutti i loro amici ci giocano, non possiamo dirgli di no ed escluderli dal resto del gruppo", la nostra risposta è duplice: uno, pare che abbiate appena deciso di dargli il permesso, due, se gli amici dei vostri figli si buttano da un ponte voi gli dite di seguirli?
Ora, stiamo un po' esagerando con i toni, ma fondamentalmente perché abbiamo visto questo tipo di discorsi ripetersi veramente troppe volte, senza che vi sia un reale fondamento dietro le critiche o i timori, e siamo profondamente annoiati dal tutto. Prima era il rock, poi i fumetti, nel mezzo qualcos'altro probabilmente ma poco conta, c'è sempre qualcosa che è "sbagliato" e che "devia" i più piccoli, ma i videogiochi sono arte, sono un prodotto per tutte le età, dispongono già di enti che segnalano in modo chiaro e uniforme cosa ci sta per dare nelle mani dei propri figli e soprattutto sono un prodotto di lusso, mediamente costoso, a cui non è facile avere accesso se si è dei bambini.
Impedire la vendita ai minori dei giochi PEGI 18+ non ha alcun senso né pratico né "morale", è solo una forma limitata di censura e promuoverla sarebbe solo un punto di partenza per togliere libertà alle persone.