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Ciascun gioco fallisce per motivi suoi, ma tanti fallimenti fanno comunque mercato

Ritenere che ogni gioco faccia storia a sé quando fallisce è corretto, ma allo stesso tempo non si può fare finta che non vada a fare il mercato.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   03/10/2024
Un personaggio di Final Fantasy VII Rebirth

È indubbio che negli ultimi anni siano tanti i fallimenti di grosso calibro che hanno colpito il mercato dei videogiochi. Ciascun gioco non ce l'ha fatta per motivi suoi, ma alla fine è andato comunque ad alimentare una certa percezione del mercato, con quest'ultimo che finisce inevitabilmente per regolarsi di conseguenza, piaccia o non piaccia.

Qualche esempio di fallimento

Concord è fallito perché non interessava nessuno: gli hero shooter sono fuori moda, i personaggi creati di Firewalk non hanno trovato l'interesse dei giocatori e, di conseguenza, nessuno lo ha comprato. Anche perché costava soldi lì dove ci sono delle alternative gratuite addirittura superiori.

Suicide Squad: Kill the Justice League ha fallito perché nessuno voleva che lo studio della serie Arkham facesse un live service. Se diventi famoso per certe virtù, è normale che il pubblico si aspetti di ritrovarle anche nelle opere successive.

Final Fantasy VII Rebirth ha fallito perché è il secondo capitolo di una trilogia remake, un progetto squinternato che, pur a fronte di una realizzazione ottima, si scontra con degli scogli che gli impediscono di attecchire. Sinceramente come si poteva pensare che vendesse più della prima parte lo sa solo Square Enix.

Banishers: Ghosts of New Eden ha fallito perché evidentemente non ha interessato il pubblico, nonostante la qualità. In tanti lo hanno visto come un God of War minore e non gli hanno dato alcuna possibilità.

Star Wars Outlaws ha fallito perché è stato accompagnato da moltissime polemiche, la versione finale non era proprio un babà a livello di pulizia e ci sono state discussioni per praticamente ogni aspetto del gioco, tanto da far ritenere che semplicemente abbia subito la stanchezza delle produzioni Ubisoft, che in tanti percepiscono come troppo omogenee.

Nessuno voleva un gioco simile da Rocksteady
Nessuno voleva un gioco simile da Rocksteady

Diciamo che questi sono cinque esempi sui molti fattibili di questi tempi. Di insuccessi è pieno il mercato dei videogiochi, con studi che falliscono, altri che vengono ridimensionati e altri ancora che vengono inglobati in realtà più grandi.

Il fatto che ognuno faccia storia a sé non inganni però, perché comunque i fallimenti, soprattutto medi e grossi, vanno a plasmare in qualche modo il mercato, portando a una rivalutazione dei progetti in sviluppo e di quelli in cerca di finanziamenti. Il fatto che molti siano titoli ad alto budget significa una contrazione degli investimenti lì dove si sono concentrati i tonfi maggiori, con la sparizione di titoli in lavorazione di cui non sapremo nulla, a causa anche dei lunghissimi cicli di sviluppo attuali.

L'importante è non pensare che il mercato ragioni da videogiocatore, perché non è così. I fallimenti di investimenti miliardari si pagano, e anche salatamente. Purtroppo, per come funziona il mercato attuale, vedremo solo tra anni gli effetti maggiori delle fluttuazioni attuali.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.