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Jim Ryan non ha sbagliato a puntare sui live service, perché PlayStation ne ha bisogno per crescere

Molti credono che uno dei motivi per cui Jim Ryan abbia deciso di andarsene è per aver puntato troppo sui live service, ma PlayStation ne ha bisogno per crescere.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   02/10/2023
Jim Ryan non ha sbagliato a puntare sui live service, perché PlayStation ne ha bisogno per crescere

Uno dei motivi per cui Jim Ryan ha lasciato il comando di SIE è perché ha puntato troppo ai live service? Cerchiamo di capire perché non è così e perché non poteva far imboccare nessun'altra strada a PlayStation, vista la configurazione del mercato attuale.

Nel libro Control Freak: My Epic Adventure Making Video Games, Cliff Blezinsky racconta che: "Tim (Sweeney) spiegò che il Gears (of War) originale costò 12 milioni di dollari e produsse ricavi stimati per dieci volte il suo costo di produzione. Stimò che Gears 3 ci sarebbe costato 40 -50 milioni di dollari, senza generare lo stesso ritorno sull'investimento. Gli affari stanno cambiando, disse, e continueranno ad evolversi." Blezinsky fa questo esempio per spiegare come mai Epic Games decise di abbandonare il mercato dei giochi tradizionali, iniziando a battere altre strade, quelle che la porteranno a Fortnite (il cui sviluppo iniziò dalla fine della lavorazione di Gears of War 3). Sweeney stesso spiegò in un'intervista che Gears of War 3 aveva prodotto gli stessi ricavi del primo, pur essendo costato molto di più.

Sempre lo stesso pubblico

I giochi tripla A costano semplicemente troppo
I giochi tripla A costano semplicemente troppo

Il problema di fondo è che il pubblico dei videogiochi tradizionali non aumenta, quantomeno non in modo tale da compensare l'enorme aumento dei costi di sviluppo. Non lo faceva allora e tantomeno lo sta facendo oggi. PS2 vendette 158,7 milioni di unità, PS5 è a circa 40 milioni di unità vendute (ultimi dati ufficiali risalenti a luglio 2023) nel suo terzo anno di vita. Nel frattempo il costo di produzione dei giochi tripla A è cresciuto enormemente. I punti di pareggio medi dell'era PS2 erano calcolati sulle 250.000 copie, con ovviamente titoli più costosi che avevano bisogno di vendere di più. Giochi tripla A come Horizon Forbidden West, The Last of Us 2 e Starfield, per citarne tre di cui si conoscono i costi di produzione, hanno richiesto più di 200 milioni di dollari per essere realizzati, molto più dei ricavi prodotti dal primo Gears of War, che all'epoca fu un grande successo per Microsoft e Xbox 360.

I videogiocatori nel frattempo sono diventati più pretenziosi e, complice purtroppo anche la stampa e influencer vari, tendono a non comprendere come anche case di sviluppo prestigiose come Naughty Dog o Bethesda debbano fare delle scelte in fase di sviluppo e debbano combattere con i budget a disposizione. Quindi ecco che qualcuno ha criticato The Last of Us 2 perché non open world, o ecco che altri hanno criticato Starfield per alcune animazioni non proprio eccezionali, lì dove i budget in entrambi i titoli sono stati evidentemente spesi per altro, considerando che stiamo parlando di due giochi a loro modo enormi.

Di fronte a un mercato fondamentalmente stagnante come quello delineato, una realtà come PlayStation non può semplicemente ignorare la realtà e deve tentare di affermarsi anche nell'ambito dei live service, se vuole mantenere i suoi ricavi a certe quote. I grandi giochi single player danno margini sempre inferiori, anche quando sembrano dei successi enormi, e non si può pensare che ogni gioco debba vendere più di 10 milioni di copie per essere giustificato. Viviamo uno strano tempo in cui siamo costretti a chiederci se Final Fantasy XVI sia un successo o meno, pur a fronte di più di tre milioni di copie vendute.

Così si spiegano le acquisizioni fatte da Sony negli ultimi anni, Bungie su tutte, e così si spiega la strategia di Ryan, che comunque conosce bene la situazione e non poteva presentarsi dagli azionisti con delle strategie invariate rispetto a quelle dell'epoca PS4. Il suo obiettivo era quello di lanciare dei videogiochi che producessero ricavi al di là dell'hardware. Così si giustificano operazioni come Babylon's Fall o lo State of Play in cui la maggior parte dei first party presenti erano live service. Dodici giochi come servizi sono destinati al fallimento? Probabile, ma nondimeno non si può più impostare un business come quello PlayStation solo su giochi single player che costano dai 200 milioni di dollari in su, altrimenti rischierebbe di crollare al minimo scossone.

Paradossalmente Microsoft da questo punto di vista ha molto più margine di manovra, perché il Game Pass gli permette di lanciare giochi da budget differenti, anche solo single player, lì dove l'obiettivo non è vendere copie ma costruire e mantenere gli abbonati, sempre a patto che la crescita si mantenga costante e i risultati non diventino così negativi da far saltare tutto. Il business è concepito in modo tale che i costi di sviluppo vengono spalmati su tutti gli abbonati e a contare sono metriche molto differenti da quelle che si impiegano per giudicare i successi o meno del mercato tradizionale. Certo, poi anche la casa di Redmond non può ignorare il mercato dei live service, come dimostra l'acquisizione di Activision Blizzard King, mirata essenzialemente a potenziarsi in ambito mobile. Del resto Candy Crush Saga ha prodotto 20 miliardi di dollari di ricavi e può permettersi di guardare dall'alto in basso Master Chief, Kratos, Ellie, Joel e qualsiasi altra serie voglia.

Quindi chi si aspetta che il nuovo CEO di Sony, quello che subentrerà a Ryan nel 2024, torni a puntare maggiormente sui giochi single player può dormire sonni tranquilli, perché è improbabile che accada, a meno che non si trovi il modo di far calare drasticamente i costi di sviluppo, riportandoli a livelli più sostenibili, così da giustificare un ritorno degli investimenti.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.