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Il mercato dei giochi AAA è in crisi: i progetti "compatti" come Dying Light: The Beast sono la soluzione?

I costi per lo sviluppo dei videogiochi aumentano e i publisher provano a giocare sul sicuro o tentare strade alternative: una di queste potrebbero essere i giochi "compatti" come Dying Light: The Beast.

NOTIZIA di Stefano Paglia   —   23/08/2024
Il protagonista di Dying Light: The beast circondato dagli zombie

Non è un segreto che il mercato videoludico tradizionale sta vivendo tempi buii. I costi dei giochi tripla A lievitano di generazione in generazione, tra tempi di sviluppo sempre più lunghi e progetti sempre più costosi, una crescita assolutamente non proporzionale a quella del bacino di potenziale consumatori e di conseguenza dei potenziali ricavi. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: le nuove IP e le idee scarseggiano e spesso e volentieri si punta su quei pochi brand già affermati e dal successo sicuro.

Ovviamente, ciò non basta e si provano delle vie alternative, alcune apprezzate e altre un po' meno. Ad esempio, c'è chi prova a fare leva con l'elemento nostalgia per realizzare remake, remaster e riedizioni di grandi giochi del passato. Ma anche di quelli non così tanto "grandi". Ad esempio, sperando di non attirarmi le antipatie dei fan di Until Dawn, c'era davvero bisogno di un rifacimento in Unreal Engine 5? Un altro trend degli ultimi anni è quello dei giochi su grandi licenze, da Marvel's Spider-Man a Indiana Jones, tutte icone riconoscibili anche da un pubblico poco avvezzo ai videogiochi e che in molti casi rappresentano un investimento molto più sicuro rispetto a una nuova IP con tanto potenziale ma dal dubbio appeal commerciale.

C'è poi chi punta ai live service, un paradiso da decine di milioni di dollari d'incassi per quei pochi progetti che sfondano, ma al tempo stesso anche un inferno per quelle decine e decine di progetti che chiudono i battenti poco dopo il lancio o non vedono neppure la luce. Ubisoft ci ha puntato alla grande, ma con scarsi risultati. Ora è il turno di Sony. Helldivers 2 è stato un successo al lancio, Concord non promette altrettanto bene, i prossimi chissà. O ancora, c'è chi, non senza apparenti difficoltà, sta provando a cambiare paradigma, come Microsoft e la sua spinta sul Game Pass e sul cloud, al motto di "non serve per forza una Xbox per giocare all'Xbox".

E se il futuro fosse anche in progetti più piccoli, compatti e dai costi non esorbitanti?

Sono passate un po' ingiustamente in sordina le interessanti dichairazioni di Tymon Smektała, il director della serie Dying Light per Techland, sullo stato attuale dell'industria e di come una possibile chiave di volta per rendere sostenibile lo sviluppo dei videogiochi, magari riuscendo al contempo anche introdurre nuove idee e design, potrebbe essere quella di realizzare "progetti compatti", più piccoli nelle dimensioni e nei costi, ma non nella sostanza, da alternare a produzioni più grandi ed esose.

Un esempio di questa filosofia è Dying Light: The Beast, il nuovo gioco della serie nato inizialmente come DLC e diventato successivamente un gioco completo vero e proprio, pur senza avere la scala e le dimensioni di quello che potremmo definire un vero e proprio Dying Light 3. Volendo potremmo paragonarlo a Dishonored: La Morte dell'Esterno e Uncharted: L'Eredità Perduta, progetti nati dalle costole di Dishonored 2 e Uncharted 4 che riutilizzano gran parte delle tecnologie e asset, dunque dai costi molto contenuti e venduti a prezzo budget.

Smektała spiega benissimo il concetto in poche frasi: "Dal punto di vista degli sviluppatori, alcuni dei problemi che l'industria sta affrontando in questo momento sono che i giochi diventano sempre più grandi. Hanno budget più alti, richiedono più tempo per essere prodotti. Hai 500 persone che lavorano a un gioco per cinque anni, e alla fine potrebbe non avere successo. Quindi progetti del genere sono più veloci da realizzare, costano di meno ed è probabile che piacciano ai giocatori: ti permette di avere cicli di sviluppo più brevi e di provare cose differenti."

Uncharted: L'Eredità Perduta
Uncharted: L'Eredità Perduta

Tra l'altro, sempre secondo Smektała, un involontario effetto collaterale di questi giochi "compatti" è che non sarebbero "annacquati" come i progetti A più grandi e quindi non richiedere al giocatore di investire 50 - 100 ore del suo tempo per trovare tutti i collezionabili in una mappa inutilmente vasta, completare missioni secondarie insipide che pare quasi siano state messe per fare numero, con il rischio che, vuoi per la noia o per il poco tempo a disposizione, non si arrivi neppure ai titoli di coda.

Ricapitolando: parliamo di giochi che non richiederebbero i canonici 4 - 5 anni di sviluppo, dai costi contenuti e che permetterebbero agli sviluppatori anche di sperimentare nuove idee e che non avrebbero la necessità di soverchiare il giocatore di contenuti giusto per vantarsi di una longevità a tripla cifra. Dove devo mettere la firma?

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.