Microsoft sta sconvolgendo le regole della console war e milioni di onesti videogiocatori che contano sui dati di vendita per farsi la guerra sono sempre più indignati da questo atteggiamento impertinente da parte del colosso americano: diamine, questo è un attacco bello e buono all'onesta morbosità dei chartofili, dove andremo a finire signori e signore mie?
A parte gli scherzi, L'ultima decisione presa da Microsoft sulla volontà di non comunicare più il numero di utenti attivi su base mensile di Xbox Live (i famosi MAU), che finora peraltro rappresentavano un motivo di orgoglio per quanto riguarda i dati finanziari della divisione gaming della compagnia, in effetti crea dei grattacapi a chi vuole anche semplicemente cercare di capire come stia andando Xbox sul mercato videoludico.
Resta da capire se tale decisione sia stata intrapresa per un periodo limitato, magari per i numeri in discesa che caratterizzano fisiologicamente quest'ultimo periodo di Xbox One, e dunque con Xbox Scarlett si torni a sistemi più tradizionali, o se si tratti di un definitivo stacco con il passato, peraltro già avviato da tempo con la mancata diffusione dei volumi di vendita hardware e software se non all'arrivo di determinati traguardi. In ogni caso, ci sono da fare intanto due considerazioni: la prima è che tale decisione rientra semplicemente in una dinamica di comunicazione che riguarda un colosso dell'industria come Microsoft, che si muove tra svariati segmenti di mercato dei quali quello videoludico non rappresenta proprio l'elemento trainante, per usare un eufemismo. Dunque è chiaro che la compagnia punti a snellire i dati e renderli quanto più possibile assimilabili e soprattutto appetibili agli investitori, che preferiscono probabilmente ragionare soltanto in termini di incremento (o calo) degli incassi nella macro-categoria relativa a contenuti e servizi.
L'altra considerazione da fare è che, sebbene non sia detto che questa decisione sia stata presa per mascherare un andamento non proprio sfavillante della divisione, è chiaro che se i dati fossero estremamente positivi Microsoft non ci penserebbe due volte a comunicarli precisamente per scritto e farli conoscere a più persone possibile. Dunque è chiaro che si tratti sia di una strategia comunicativa più funzionale per una compagnia sfaccettata e non centrata sui videogiochi sia di una scelta oculata per mascherare eventuali magagne. Il problema, in tutto questo, è che chi continua a scannarsi sui dati di vendita sta perdendo progressivamente un riferimento importante, anche se un quadro generale resterà comunque sempre rilevabile dai classici dati finanziari trimestrali. Non si tratta, peraltro, della prima volta che Microsoft gioca uno scherzetto del genere, visto che molte iniziative recenti sembrano andare contro le regole tradizionali del mercato che hanno sempre fornito un campo di battaglia ben definito su cui combattere la console war.
L'apertura totale del catalogo al PC è stato il primo colpo micidiale, visto che ha fatto cadere il dogma dell'esclusiva assoluta come uno dei parametri fondamentali di riferimento. Poi l'apertura, quasi sacrilega, alle piattaforme concorrenti: a partire dalla pubblicazione libera di titoli come Minecraft su tutte le console nonostante il possesso del gioco per arrivare alla concessione di alcuni titoli esclusivi su Nintendo Switch. Infine, la creazione di un servizio come Xbox Game Pass che di fatto crea uno spostamento di paradigma definitivo, incentrando l'attenzione sulla quantità di abbonamenti piuttosto che sulla vendita dei singoli pezzi di software.
Tutto questo ovviamente getta i console warrior nella confusione più totale ma sta anche definendo una possibilità sempre più concreta: ovvero che Microsoft si stia smarcando dai canoni classici del mercato videoludico, spostandosi in un ambito alquanto diverso, o comunque regolato da norme diverse. In questo nuovo panorama, alla "smaterializzazione" dell'hardware avviata con l'introduzione delle revisioni hardware progressive e culminante in Project xCloud sembra unirsi, a questo punto, anche quella del software inteso come singolo prodotto in vendita, in favore di uno schema che favorisce l'estensione dell'ecosistema piuttosto che la vendita al dettaglio, prospettiva che si può rilevare peraltro anche in iniziative analoghe di compagnie concorrenti come Apple Arcade.