Sfruttamento del lavoro minorile nei videogiochi? Potrebbe diventare una grande idea per migliorare il gameplay dei metaversi e dei giochi play-to-earn con NFT!
Immaginate: entri un metaverso dopo aver comprato una skin NFT da 50 euro che ti dona l'aspetto di una banana pelosa. Fa schifo ma va tanto di moda e poi indossandola nessuno potrà darti dello straccione perché sanno tutti quanto costa. Decidi di andare a trovare qualche amico in una piazza virtuale sponsorizzata da una marca di preservativi che a sua volta sponsorizza un evento creato appositamente per fare greenwashing e far dimenticare che i loro preservativi ecologici, fatti di plastica riciclata, hanno prodotto un aumento delle nascite del 50% in Islanda, dove sono stati sperimentati per un anno, e per correre ai ripari sono state sotterrate in uno stato africano tutte le scorte restanti. Bello il Kratos Beach Party. Pensi che vorresti parteciparvi, ma poi capisci che in realtà non te ne importa un fico secco e continui a parlare con gli altri del più e del meno. Se devi distruggere spiagge, che almeno siano vere.
Dopo due ore di chiacchiere e aperitivi virtuali, pagati ovviamente con soldi veri (non sia mai che qualcuno vi consideri dei poveracci), tu e i tuoi amici decidete di partire all'avventura e vi recate nel nuovo villaggio fantasy appena lanciato da McDonalds, in cui gli oggetti curativi sono dei panini e in cui i quest giver sono tutti vestiti da clown. Per decorare meglio il posto gli autori hanno fatto una scelta coraggiosa: lo hanno riempito di bambini poveri che chiedono la carità vendendo NFT di poco valore per ripagare il signorotto che gli ha affittato della terra virtuale e pretende una quota giornaliera, pena l'esclusione dal gioco e l'invio di sicari a gambizzare i genitori (non esageriamo dai Ndr). Per renderli il più realistici possibile, si è scelto di dare il ruolo dei bambini poveri a dei bambini poveri effettivi che vivono in paesi disagiati e che sono stati assoldati dai padroni caritatevoli per un tozzo di NFT. Il loro ruolo è semplicissimo: stare in gioco il più possibile durante la giornata per portare a casa la pagnotta, facendosi vessare dai giocatori benestanti, che possono pagare per prenderli a pugni e calci, ottenendo la proprietà della skin tumefatta come NFT. Bello vero?
Ora, lo scenario descritto è per la gran parte immaginario, ma leggere di un "esperto" che ci parla di come sia da considerarsi quasi un atto di bontà aver fatto lavorare dei bambini poveri in un gioco play-to-earn un po' inquieta e fa capire come mai ci sia tanta eccitazione nel mondo dei cocainomani, pardon, dell'alta finanza per questi nuovi modelli economici.
Mai una volta che qualcuno dica quanto sono belli e divertenti questi giochi, ma tutti a parlare di come sfruttare le economie più povere e come trovare una giustificazione all'esistenza stessa di questi sistemi, che definire rapaci è un eufemismo. Ecco, se qualcuno non sa spiegarvi come mai vede un futuro radioso negli NFT, nei giochi play-to-earn e affini non è perché non sa che dire, ma più semplicemente perché si vergogna di dirlo.