Con colpevole ritardo, ad un anno di distanza dall'uscita giapponese arriva finalmente anche dalle nostre parti il terzo capitolo della saga di Yakuza, gioco Sega che volente o nolente è stato da molti visto come erede spirituale di Shem Mue, ma a conti fatti è il figlio del bizzarro incontro tra un picchiaduro a scorrimento, un gioco di ruolo alla giapponese e ovviamente il gameplay aperto alla GTA.
Quello che ne esce fuori, è un gioco in cui si combatte tanto (siamo o non siamo Yakuza di altro rango?), con dinamiche quasi da vecchia scuola, e si macinano chilometri a piedi su e giù per le due città del gioco, spendendo lunghissimo tempo nel raccogliere missioni secondarie, o dedicandosi alla vita di tutti i giorni di un tranquillo cittadino del Sol Levante, tra ramen, sale giochi, karaoke, ufo catcher, sbronze colossali, gioco d'azzardo e più in generale decine di altre cose da fare. Tutte tranne una però. La storia, vero punto di forza del gioco ci narra le vicende del Drago dei Dojima, Kazuma Kiryu deciso a dare una svolta alla sua vita, abbandonando la sua Famiglia di appartenenza e ritirandosi a Okinawa per aprire un orfanotrofio.
Vita di tutti i giorni
Lo spunto e lo svolgimento delle prime ore di gioco è quasi da sceneggiata napoletana, fin troppo melodrammatico. Kazuma, anzi lo zio Kaz come lo chiamano i nove bambini dell'orfanotrofio in riva al mare è tutto impegnato a far crescere gli orfanelli, tra la preparazione di pranzi e cene, episodi di bullismo, spesa quotidiana e piccole beghe amorose. Sembrerebbe un quadretto idilliaco, e i tramonti in riva all'oceano lo sono, peccato che il terreno dove si trova l'orfanotrofio è preso di mira da una piccola famiglia mafiosa locale, la quale come si scoprirà più avanti è implicata in una colossale speculazione edilizia, che coinvolge le altre sfere del governo, visto che c'è in ballo l'ampliamento della base militare americana, con tanto di scudo antimissile e la nascita di un mega villaggio turistico. Come la realtà ci insegna, la mafia va a nozze con gli appalti pubblici, e tale è la portata dei guadagni in ballo che l'intero ordine all'interno delle famiglie Yakuza di Tokio è messo in discussione. Starà quindi a Kazuma salvare la propria Famiglia e nello stesso tempo assicurare un futuro ai suoi ragazzi. Queste in breve le vicende principali, ma è solo la punta dell'iceberg di quanto Sega ha voluto raccontare della nuova vita del Drago dei Dojima. La storia è molto complessa e articolata, accanto agli avvenimenti principali ci sono molte storie che ruotano intorno alle decine di personaggi che compongono il vasto affresco del gioco. Ogni personaggio non è un semplice burattino messo in scena con la mera funzione di scatenare una reazione nel nostro Kazuma, ma una persona vera con un vissuto alle spalle (e molte missioni secondarie da portare a compimento).
Il gioco segue la vita di tutti i giorni di Kazuma e degli altri personaggi in un modo diverso da quasi tutti i videogiochi che ne condividono l'impostazione. La storyline principale non ci porta a fare solo missioni "importanti", dove si combatte e che magari fanno fare un balzo deciso alla trama, ma in modo organico e omogeneo ci racconta la quotidianità con "obiettivi" quasi banali potremmo dire, ma che solo poche volte stonano o appesantiscono lo svolgere degli eventi. Oltre ai duelli con gli altri patriarchi Yakuza, soprattutto nelle prime ore di gioco bisogna fare le cose più disparate, come ritrovare (e poi nutrire) il cucciolo di una delle bambine dell'orfanotrofio, giocare a baseball con i ragazzi o salvare la figlioccia di uno dei mafiosi locali. Per legare il grande lavoro di scrittura gli sviluppatori hanno deciso di utilizzare delle bellissime cutscene, a sottolineare i momenti più importanti, drammatici e non, o utilizzando il motore di gioco vero e proprio per delle scene in cui i dialoghi sono scritti con i personaggi fermi alla maniera dei più classici JRPG. Tutto il corposo e ben fatto lavoro di sceneggiatura si porta però in dote due grosse problematiche. La prima riguarda la localizzazione del gioco. Yakuza 3 è parlato in giapponese e sottotitolato in inglese, l'italiano, menù inclusi è del tutto assente. Dati i lunghissimi dialoghi e la complessità della storia, non conoscere o conoscere poco la lingua d'Albione potrebbe risultare uno scoglio non da poco per comprendere appieno il gioco in tutti i dettagli e le sfumature. Secondariamente il soffermarsi a lungo su avvenimenti magari solo apparentemente poco importanti (specialmente nella prima parte del gioco), quasi banali come scritto poco sopra, a molti potrebbe risultare noioso e poco intrigante, alla luce anche del "problema inglese". Non ci si annoia mai, ma il ritmo non è proprio la qualità migliore di Yakuza 3.
Pugni in faccia
Andando a stringere, come è organizzata l'azione in Yakuza 3? Il cuore è quello di un picchiaduro, innestato però su un corpo da free roaming in cui come in un gioco di ruolo di scuola giapponese il nostro peregrinare per la città è interrotto spessissimo, alla stregua dei combattimenti casuali, da gruppi di malintenzionati che ci vogliono picchiare e derubare per non esserci inchinati per primi, o molto più prosaicamente per prendere i soldi necessari per fare un giro in un bordello o per farsi una birra. In questi casi l'azione a piedi si ferma, un capannello di persone forma una sorta di ring nel quale iniziare il combattimento. Le molte mosse a disposizione e l'uso costante degli oggetti che si trovano in giro, dalle bottiglie alla biciclette, passando per fioriere, divani e tavoli rendono gli scontri decisamente divertenti. Purtroppo nonostante siano utili per guadagnare esperienza e oggettistica varia alla lunga diventano fin troppo frustranti e noiosi, in quanto ogni quattro, cinque metri ci sarà sempre qualcuno disposto a battersi. Visto che la totalità delle missioni, sia principali che secondarie ci impegnano in lunghe traversate a piedi su e giù per la città, più che la difficoltà è il continuo interrompere questo "solito tran tran" che viene a noia, e il ritmo, gia di per se altalenante non ci guadagna, anzi si appesantisce molto, facendo salire pericolosamente il tasso di ripetitività.
Ma cosa rende Kazuma Kyriu un combattente formidabile? Lo sviluppo del personaggio avviene attraverso un semplice ed ingegnoso sistema di esperienza, al salire dei livelli è possibile spendere i punti guadagnati per comprare nuove mosse di attacco e difesa, da semplici contrattacchi a terra a lunghe combo, passando per prese e proiezioni e più in generale tutta una serie di bonus passivi alle caratteristiche del personaggio, sia fisici che "tecnici". Inoltre sono presenti le revelations, ovvero ulteriori nuove mosse, che si ottengono dopo aver fotografato col cellulare e postato sul proprio blog alcuni movimenti casuali dei comuni cittadini. Quello che più piace dei combattimenti, e che viene ovviamente sublimato nei lunghi scontri i boss dai molteplici pattern d'attacco, sono le mosse speciali e quelle finali ( cruente ma non letalifatalities) che si eseguono quando la nostra barra heat è piena. Con l'indicatore blu heat al massimo (che sale con i nostri colpi andati a segno) possiamo utilizzare l'ambiente e gli oggetti che troviamo in giro nei "ring" per coreografici attacchi speciali, come semplici testate sui muri, o tra le mille possibilità, usare una bicicletta per mettere rapidamente al tappeto gli avversari. Eseguire queste mosse non richiede una particolare perizia basta semplicemente spingere il tasto triangolo quando appare in alto a destra, farlo sempre, oltre a regalare punti esperienza, lima i tempi di uscita dai combattimenti casuali, cosa questa da non sottovalutare visto i moltissimi incontri che si fanno in città. In presenza dei boss poi, quando la loro ultima barra di energia è scesa sotto la metà è possibile eseguire le mosse finali, versione potenziata di quelle speciali, ancora più devastanti e coreografiche, ma con un quick time event in più da eseguire.
Colpi di spada ai contenuti
Il lavoro di localizzazione svolto per portare in Europa e negli Stati Uniti Yakuza 3 ha lasciato sul campo qualche piccolo strascico, sotto forma di alcune quest e mini giochi che sono stati del tutto cancellati per l'uscita occidentale (sono presenti 101 queste secondarie su 123 totali). Si tratta in alcuni casi di poca cosa, con tagli francamente dimenticabili come la dama giapponese o i quiz di storia, e altre decisamente più interessanti come il Mahjong e le varie sub stories dedicate agli hostess club e i cabaret bar, decisamente piccanti ma nulla di particormente sconvolgente e peccaminoso. Ovviamente tutto ciò elimina diversi trofei, ed è un mistero quanto questi tagli possano influire sullo sviluppo e sull'acquisizione dei punti esperienza del personaggio.
Karaoke o caccia allo Yakuza?
La musica non cambia, ma si fa più interessante quando ci sono le armi in gioco. Prima di ogni cosa, le armi siano esse quelle canoniche o le semplici cose trovate in giro hanno una propria energia e si rompono con l'uso, di conseguenza decidere quando usarle, se impiegarle da subito o quando possiamo eseguire gli attacchi speciali è gia una prima variante da considerare. La stessa accortezza si può applicare con quelle nostre comprate nel mercato nero, le quali però possono essere aggiustate o modificate in seguito. C'è un pò di tutto in giro, spade, taser, staffe telescopiche, nunchaku, pugnali, tirapugni e pistole, più tutta una serie di armi "segrete" che si possono costruire portando agli artigiani i materiali e i progetti. Le fasi di combattimento guadagnano molto dall'inclusione delle armi, soprattutto in varietà e tatticismo, e riscattano il gioco da fasi di combattimento che sebbene funzionino, sono piagate da un certo button mashing e da meccaniche e animazioni piuttosto legnose e datate. Basti pensare che iniziata una combo Kazuma continuerà imperterrito a colpire in una sola direzione, senza possibilità di bloccare il movimento in corso, esponendosi ai colpi avversari da tergo, inoltre la parata monodirezionale è decisamente scomoda, il semplice arretramento o la schivata sono molto più funzionali ed efficaci. Tra un combattimento e l'altro e le molte missioni secondarie che ci vengono affibbiate dalle persone che incontriamo (tra queste importanti sono quelle da hitman, come sicario a Tokyo) è possibile vivere la città e dedicarci a molteplici attività in cui spendere i nostri sudati risparmi.
In questo frangente Yakuza 3 eccelle e si pone su un gradino più alto rispetto alla concorrenza americana. Fondamentalmente o durante lo svolgimento delle missioni o in alcuni frangenti liberi da impegni possiamo fare realmente quello che ci pare, ed esplorare i palazzi della città alla ricerca di svago più o meno lecito. In alcuni casi si tratta di mini giochi, che tanto mini comunque non sono vista la complessità e la profondità del golf, delle freccette o della pesca. C'è un pò di tutto, Karaoke, sale giochi, bar, ristoranti, bische, negozi e molto altro, i palazzi non sono blocchi di cemento atti a delimitare l'area di gioco, ma molti di essi racchiudono le attività più disparate dove è possibile passare tutto il tempo che si vuole. La longevità del gioco è quindi altissima, tra missioni principali e secondarie, mini giochi vari e oggetti da trovare c'è da perdere la testa, e non è raro portare a compimento i dodici capitoli del gioco in circa quindici ore, per poi scoprire vedendo le statistiche di essersi fermati al dieci per cento scarso totale delle possibilità che Yakuza 3 offre! Alla fine tutto il menù offerto da Sega, tra alti e bassi riesce nell'intento di intrattenere il giocatore occidentale, il paventato eccesso di "giapponesità" non è certo qualcosa di insormontabile anche se le prime casalinghe ore potrebbero far storcere il naso a qualcuno. Quello che meno piace in Yakuza 3 è il suo essere rimasto troppo uguale a se stesso, con meccaniche che funzionano, ma che indugiano troppo sulla ripetizione e che alla lunga, visti anche gli squilibri di ritmo potrebbero annoiare. Per fortuna viene in nostro soccorso la libertà d'azione, decisamente più accentuata nei momenti liberi di vita quotidiana, rispetto a quelli lineari della storia principale, e che garantiscono un sontuoso plus alla longevità del gioco.
Trofei PlayStation 3
Nel gioco sono presenti 45 trofei dei 50 originali e sono suddivisi tra 36 di bronzo, 5 d'argento, 3 d'oro e uno di platino. Si ottengono quasi tutti con la semplice progressione nel gioco, sconfiggendo i vari boss e dedicandosi al completamento delle varie substories. Quelli più impegnativi riguardano il portare a compimento tutti i mini giochi o trovare tutte le chiavi degli armadietti, mentre alcuni ci portano a scovare tutta l'immondizia presente sulla spiaggia di Asagao o ad ordinare i piatti più costosi nei vari ristoranti delle due città.
Poche texture, tanta realtà
Yakuza 3 è un gioco certamente datato, sia in termini prettamente poligonali che di dettaglio texture e animazioni, ma tutto ciò passa in secondo piano di fronte al grande lavoro fatto per dare credibilità, ma soprattutto personalità al mondo di gioco e ai personaggi che lo abitano. In quest'ottica Tokyo e Okinawa riescono a trasportarci in Giappone grazie all'estrema fedeltà con la quale sono riprodotte. Le due città brulicano di gente indaffarata che si sposta freneticamente, di turisti, di salary men in austeri completi grigi, di variopinte gang di strada o semplici studenti che ciondolano in giro. Il gioco nonostante non colpisca per effetti speciali, luci dinamiche o dettaglio è quello che più riesce nell'impresa di ricreare città vive, e con un'attenzione al dettaglio quasi maniacale, basta controllare in rete le vere foro delle due zone prese a modello, il quartiere a luci di rosse di Kabukicho a Tokyo, Kamurocho nel gioco e Ryukyugai versione digitale del centro di Naha, nella prefettura di Okinawa. Quello che più colpisce è che come scritto precedentemente i palazzi non sono semplici elementi decorativi visto che in molti di essi è possibile entrare per accedere ai negozi, dai semplici supermercati passando per bische clandestine, Karaoke, sale giochi Sega, McDonald, mercati del pesce e locali alla moda. Ovviamente tutta questa ricchezza è limitata ad un'area molto ridotta rispetto alla vastità di una Liberty City, di fatto sono solo "piccoli" quartieri che si possono attraversare tranquillamente a piedi (contrariamente a GTA in Yakuza non ci sono mezzi da guidare), ma l'impressione di essere sul posto è tangibile, e quando uno dei protagonisti ci chiede di fare un giro turistico della capitale anche noi lo facciamo con lui, rapiti dalle possibilità che il gioco, pardon la città ci offre, e senza badare al fatto che c'è una missione da compiere e un orfanotrofio da salvare.
Una menzione d'onore è da fare per il sistema di animazioni facciali che restituisce delle bellissime cut scene, con una recitazione da Oscar (basta vedere gli sguardi di fuoco che gli attori si lanciano) e una grande doppiaggio, che per fortuna è rimasto in giapponese e che non ha nulla da invidiare a quello delle pellicole più blasonate. Tornando a parlare dei difetti, come scritto in apertura di paragrafo, non è possibile non menzionare l'arretratezza del motore grafico, comunque nascosta dallo stile e dalla caratterizzazione del tutto. Il gioco è un trionfo di texture in bassa risoluzione, blur che nasconde un probabile pop up sulle medie distanze e animazioni legnose, ma nonostante tutto riesce a non pesare troppo negativamente sul giocatore. Si spera insomma che il prossimo capitolo della saga, in uscita in Giappone in questi giorni, possa realmente svecchiare un comparto tecnico che sente ormai troppo il peso degli anni.
Conclusioni
Yakuza 3 è il trionfo della sceneggiatura e della profondità (a patto di poter apprezzare a fondo le migliaia di linee di inglese) ed è un gioco in cui brilla forte il tocco della scuola videoludica giapponese, ma non è privo di difetti. Tecnicamente lo stile e la grande caratterizzazione d'ambiente riescono a nascondere un aspetto decisamente datato, ma che ormai fa fatica a reggere il confronto con molte delle produzioni attuali simili. Divertente, e con un sistema di sviluppo delle arti di combattimento complesso e gratificante, Yakuza 3 funziona alla grande come picchiaduro, ma nel mezzo cede il fianco a problemi di ritmo e non ultimo ad una certa ripetitività, anche se inframmezzata da una serie enorme di svaghi e passatempi vari.
PRO
- Storia adulta, ben scritta e articolata
- Vita vera e molte cose da fare
- Uso delle armi nei combattimenti
- Riproduzione maniacale delle due città
CONTRO
- Testi lunghi e sottotitoli in inglese, per molti potrebbe essere un problema capire tutte le sfumature della storia
- Parte lento e il ritmo è altalenante
- Graficamente datato
- Ripetitività al limite della noia dei combattimenti "casuali"