AAA cercasi entità divina
Per Black & White 2, però, le dichiarazioni non sono state così altisonanti: l’obiettivo dichiarato era semplicemente quello di migliorare tutti gli aspetti del primo Black & White che non avevano convinto i giocatori, e rendere l’esperienza di gioco più immediata senza sacrificare nemmeno in minima parte la profondità. Considerato il valore indiscutibile del primo Black & White, che magari perdeva un po’ di mordente dopo qualche ora di gioco (per motivi che andremo a spiegare dopo) ma presentava senza dubbio numerose innovazioni e idee geniali, e considerando che “The Genius” sembra divertirsi a sperimentare nei primi capitoli di ogni sua saga per poi correggere il tiro e rendere i sequel i veri pilastri delle serie, possiamo dire che le premesse per un Black & White 2 capolavoro sono state più che mai concrete, ed in più stavolta non è stato fatto nulla per irretire i potenziali acquirenti, come è invece accaduto in passato (pur senza premeditazione). Per coloro i quali credono che Black & White sia una canzone di Michael Jackson, ecco una breve panoramica: Black & White riprendeva i concetti base di Populous (ossia aiutare lo sviluppo di una civiltà vestendo i panni di un Dio) aggiungendo un’intuitiva interfaccia grafica in stile Dungeon Keeper e la straordinaria novità di una creatura gigante, rappresentante del Dio in terra, con incredibili capacità di intelligenza artificiale e di apprendimento dei comandi.
Negli ultimi quattro anni Lionhead ha cercato di correggere tutti i problemi di Black & White
AAA cercasi entità divina
Uno dei punti focali di B&W era rappresentato dalla possibilità di tenere un atteggiamento neutrale, malvagio o benigno, con conseguenze ben precise su diversi aspetti del gioco. Nonostante voti stellari sulle riviste specializzate ben giustificati dall’oggettiva magnificenza tecnica e concettuale del gioco (algoritmi di IA mai visti prima, originalità indiscutibile, grafica maestosa), a lungo andare il primo Black & White è rimasto indigesto a parecchi giocatori, che principalmente non sono riusciti a metabolizzare le meccaniche ripetitive, i ritmi d’azione quasi sempre molto lenti, l’impossibilità di educare la creatura esattamente secondo i propri voleri ed in generale l’alto tasso di impegno necessario per godere appieno dell’esperienza di gioco. Negli ultimi quattro anni Lionhead ha cercato di correggere tutti questi problemi, ed il primo passo è stato vivacizzare e rendere più centrale l’aspetto RTS di Black & White 2 assumendo Ron Millar, produttore di capolavori come Diablo, Warcraft 2 e Starcraft (quest’ultimo ritenuto da molti appassionati il miglior gioco di strategia in tempo reale della storia). [C]
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Il duro mestiere della divinità
In B&W2 ci ritroviamo a dover aiutare il popolo dei greci, salvandone una piccola parte dalle truppe azteche e poi adoperandoci per farli prosperare, in barba agli stessi aztechi ed ai loro alleati giapponesi che cercheranno per tutta la durata del gioco di ostacolare i nostri piani. La prima cosa che si nota cominciando una partita è l’evoluzione della vecchia interfaccia, arricchita da comodi menu ed indicatori a scomparsa. I patiti del primo B&W ci metteranno qualche minuto ad ambientarsi, poiché i tasti del mouse sono invertiti rispetto al prequel, ma il concetto base di un’interfaccia grafica semplice ed intuitiva ma al tempo stesso completa, che permetta al giocatore di utilizzare solo il mouse senza mai mettere mano alla tastiera, è lo stesso di un tempo. Una volta scelta una bestia fra le quattro disponibili (cinque nella collector’s edition dove è selezionabile anche la tigre, presente solo in qualità di nemico nella versione normale), ovvero sia scimmia, leone, lupo o mucca, ci si ritrova in un lungo tutorial che si svolge nei primi due mondi e ricorda quello di B&W1 in versione più “snella” e veloce. Lo schema base del gioco rimane quello già noto: in veste di divinità si deve contribuire allo sviluppo sociale, culturale e militare della civiltà greca, ma non avendo mai il controllo diretto della popolazione o della creatura (come invece accade negli RTS con tutti i crismi del caso) e potendo operare soltanto all’interno del “cerchio di influenza”, un’area ben delimitata che rappresenta la zona entro la quale si estende la fede della popolazione nella divinità.
Uno dei punti che sono stati maggiormente rivisitati è quello dei “feedback” che cittadini e creatura danno al giocatore per comunicare i propri desideri
Il duro mestiere della divinità
Ad ausilio del giocatore vengono la creatura stessa, suo rappresentante terreno, e una serie di poteri speciali che non possono mancare ad ogni dio che si rispetti: si parla della possibilità di spostare gli oggetti, di accelerare a piacimento l’alternarsi di giorno e notte, o di tutta una serie di miracoli acquisibili man mano che si progredisce nella storia. Uno dei punti che sono stati maggiormente rivisitati è quello dei “feedback” che cittadini e creatura danno al giocatore per comunicare i propri desideri. Innanzitutto, nel centro città troviamo tre colonne che si abbassano e si alzano: due sono per indicare i desideri dei cittadini, con tanto di statue che simboleggiano il desiderio stesso (una donna che porta in spalla un fascio di grano sta ad indicare desiderio di cibo, e così via), la terza invece indica l’allineamento del giocatore; al centro di queste tre colonne, inoltre, una sorta di ologramma indica quali sono i desideri più impellenti delle nostre genti a livello di edifici o costruzioni in genere. Anche senza guardare il centro della città è possibile conoscere il desiderio più diffuso fra la popolazione osservando l’icona lampeggiante posta nell’angolo in basso a sinistra dello schermo o semplicemente ascoltando: i cittadini infatti parlano spesso alla divinità esprimendo i propri desideri, come “serve cibo!” o “abbiamo bisogno di procreare” (desiderio molto comune anche al di fuori di B&W2, a dire il vero). [C]
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Povera creatura!
La creatura è diventata molto più semplice da educare, forse addirittura troppo. Se in B&W1 l’esperienza educativa diventava spesso frustrante, poiché si doveva tenere continuamente d’occhio la bestia e intervenire prontamente incitando o scoraggiando una particolare azione con carezze o botte, al giocatore è stata ora semplificata parecchio la vita: appena prima di compiere una qualsiasi azione la creatura ci comunicherà la sua volontà grazie all’aiuto di un fumetto, all’interno del quale comparirà anche una barra che da rossa diventa progressivamente verde, in modo che di volta in volta si saprà non solo cosa la creatura sta per fare, ma anche quanto è solitamente incline a farlo, e si potrà intervenire tempestivamente con coccole o mazzate per plasmare al meglio il suo carattere. Ognuna delle azioni compiute dalla creatura viene poi registrata in un apposito menu a scomparsa, che oltre a segnalarci l’allineamento e la salute del cucciolone ci permetterà di intervenire in ogni momento sull’educazione, richiamando l’azione voluta e modificandone il comportamento associato. Giostrandosi al meglio si potrà far diventare il bestione un alleato perfetto, indipendentemente dal fatto che si voglia seguire la strada del bene o del male: si può, ad esempio, insegnare alla creatura di risparmiare i propri cittadini e magari intrattenerli con divertenti balletti, ma al tempo stesso cibarsi delle truppe nemiche, fare la guardia alle mura della città e nel tempo libero aiutare nel lavoro dei campi o in miniera. Oltre al libero arbitrio, che è la modalità predefinita nella quale viene influenzato esclusivamente dall’educazione impartita, al nostro amico peloso si può assegnare un ruolo preciso fra costruttore, raccoglitore, intrattenitore o soldato. Farlo rimanere troppo a lungo confinato in particolari mansioni porta però alla perdita del libero arbitrio, con il rischio di ritrovarsi poi una specie di automa invece che una creatura intelligente.
Impressionare o conquistare?
A seconda dell’approccio da divinità buona o malvagia, le ripercussioni che si avranno su ogni aspetto del gioco sono piuttosto marcate. Scegliendo di essere un dio benigno, si potrà fare leva sulla maestosità della città per impressionare le genti nemiche e convincerle con le buone maniere ad emigrare, unendosi alla causa greca. Per fare ciò si deve curare la città dal punto di vista estetico ed urbanistico, costruendo sempre più edifici impressionanti e tenendo alto il morale dei cittadini. Le costruzioni possibili comprendono numerose tipologie, come ville, manieri, palazzi, armerie, fonderie, segherie, asili nido, taverne, case di riposo, templi, altari, mercati, oggetti ornamentali, grattacieli o addirittura meraviglie, vere e propri prodigi architettonici con poteri speciali. Ogni edificio può essere clonato grazie a semplici operazioni di drag & drop, e aumenta di praticità se collegato ad altri per mezzo delle strade; queste oltre ad essere facilissime da “disegnare” sul terreno, non richiedono l’utilizzo di alcuna risorsa e permettono quindi di sbizzarrirsi a piacimento. Nuovi edifici e nuovi poteri divini, come il poter usare i miracoli o poterli far usare alla creatura, sono acquistabili tramite l’apposito menu per mezzo dei “tributi”, che rappresentano un po’ la valuta di B&W2. I tributi aumentano con la fede e il numero dei seguaci, e si possono guadagnare completando le missioni primarie e secondarie di ogni mondo. Seguendo la strada della bontà, anche la creatura e l’ambiente circostante modificano di aspetto, risultando più gradevoli e meno minacciosi: per esempio il mio lupo, che è al 100% di allineamento benigno, è diventato completamente bianco candido ed ha un’espressione bonaria, inoltre la vegetazione è più verde e lussureggiante della norma. Scegliendo di perseguire la via della guerra il gioco diventa sicuramente più movimentato, e da un certo punto di vista anche più divertente. Le classi di guerrieri disponibili sono solo due, fanteria ed arcieri, e possono essere reclutati fra gli adulti che popolano la città semplicemente ciccando sopra la caserma e allargando il cerchio di selezione finché si arriva alla quantità di reclute voluta. I soldati possono essere divisi in più plotoni, aumentano di abilità man mano che fanno esperienza (in stile GDR) ed il limite alla loro quantità è dato solamente dal numero di villici che vivono nell’insediamento. Presenti anche le armi d’assedio, come le catapulte, che possono essere create dopo aver costruito un laboratorio d’assedio. Il controllo delle truppe è molto semplice ed intuitivo, e non è individualizzato per ogni singolo soldato ma agisce direttamente sull’intero battaglione.
L’elemento RTS è molto semplificato e sembra più profondo in fase di pianificazione difensiva che durante gli attacchi, ma le battaglie più difficili richiedono comunque una buona dose di strategia
Impressionare o conquistare?
Ogni truppa ha una bandiera tramite la quale si può ordinare ai soldati di spostarsi, difendere una particolare postazione, salire sulle mura della città per controllare il territorio dall’alto, attaccare un obiettivo o occupare una città. L’elemento RTS è quindi molto semplificato, e sembra più profondo in fase di pianificazione difensiva che durante gli attacchi, ma le battaglie più difficili richiedono comunque una buona dose di strategia e di aiuti divini: oltre a poter interagire con l’ambiente usando macigni, oggetti infuocati o altre cosette sfiziose, sarà infatti vitale ricorrere ai miracoli d’attacco per facilitare il compito ai propri soldati, oppure preservare la salute degli stessi con incantesimi di cura o di protezione. Nelle battaglie più ostiche la creatura ha un ruolo centrale, e soprattutto se ben allenata nel ruolo di soldato essa diventa letale per le milizie avversarie. A differenza di quanto visto in B&W1, il combattimento fra due creature viene ora gestito automaticamente dall’intelligenza artificiale, sgravando il giocatore dal frustrante compito di far eseguire le mosse alla creatura, che seppur divertenti da vedere erano davvero frustranti da effettuare a causa di una pessima gestione della telecamera che spostava di continuo i punti di riferimento. Il bilanciamento fra bene e male è gestito come si deve, e per qualsiasi atteggiamento si scelga di adottare il gioco ha qualcosa di diverso da offrire. Un’impressione avuta dalla versione gold in nostro possesso è però che conquistare gli avversari con la maestosità delle città sia un po’ troppo facile, tanto che mi è capitato spesso di raggiungere l’obiettivo principale (conquistare la terra) prima della maggior parte degli obiettivi secondari; alla Lionhead comunque assicurano che la difficoltà della versione che troverete nei negozi è sensibilmente aumentata, e ad ogni modo più si avanza nel gioco e più la difficoltà cresce. La diversità delle esperienze di gioco che si creano comportandosi da perfetto malvagio o da buon samaritano regala senz’altro un certo valore di ri-giocabilità, anche vista la possibilità di cambiare creatura (ricordiamo che ogni bestia ha una sua indole di base e un set di animazioni personalizzato). Per motivi di tempo sono stati esclusi due mondi dalla versione finale (in origine erano un totale di dieci), e purtroppo la longevità ne risente, soprattutto se si punta diritti agli obiettivi principali senza prendere le cose con calma e completare tutte le missioni secondarie. In tal modo, tuttavia, si perde gran parte del gusto di un gioco che in qualche modo va “vissuto” dedicandosi all’educazione della creatura, all’urbanistica, all’espansione culturale della civiltà, ed inoltre non si riescono a raggranellare abbastanza tributi per comprare tutti gli edifici ed i miracoli disponibili. Poche giustificazioni invece per la totale mancanza di una qualsiasi modalità multiplayer, difetto che sarà forse ovviato in una qualche futura espansione. Un altro piccolo problema è rappresentato dal puntatore, non sempre fluido nei movimenti e che ogni tanto si blocca fuori dallo schermo rinsavendo solo dopo qualche secondo, ma anche in questo caso i Lionhead rassicurano gli utenti: sarà tutto risolto con la prima patch, che uscirà praticamente in contemporanea con il gioco.
Grafica
Uno dei più grossi errori che si potrebbero fare giudicando la grafica di Black & White 2 sarebbe quello di soffermarsi sui particolari, sul singolo modello poligonale o sulla singola texture non prendendo in considerazione l’insieme, il quadro generale che un giocatore si ritrova su schermo. Non è infatti dalla singola pecora, o nemmeno da una della bellissime creature che ci si può rendere conto di quanto il compito del motore 3D sia gravoso, bensì occorre soffermarsi sul numero di edifici, villici e soldati che si possono trovare contemporaneamente a video. Vedere una città brulicare di contadini, minatori, taglialegna, gente che si fa i fatti suoi, che si diverte alla taverna, che prega nel tempio, che costruisce case o che passeggia con i bambini è senza dubbio impressionante, soprattutto considerando il numero di essi contemporaneamente su schermo, che in alcuni casi può essere quantificato in parecchie centinaia (!). Altrettanto impressionanti sono le battaglie campali fra plotoni di soldati, o gli assedi alle città, con vere e proprie orde di guerrieri che si scontrano all’arma bianca. A tutto questo c’è da aggiungere la forte caratterizzazione stilistica delle varie civiltà, per non parlare dei bestioni umanoidi pelosi, alti 30 metri, che fanno sempre una certa figura. Lo stile grafico di B&W2 è un po’ più maturo e realistico di quello del suo predecessore, non solo per ovvi motivi di tecnica ma anche per scelte di design: ad esempio gli umani hanno le giuste proporzioni e non sono più una sorta di esseri “super deformed” con testa sovradimensionata e corpo tozzo.
Vedere una città brulicare di abitanti è senza dubbio impressionante, soprattutto considerando il numero di essi contemporaneamente su schermo, che in alcuni casi può essere quantificato in parecchie centinaia
Grafica
Gli effetti di luce, l’alternarsi del giorno e della notte e le riflessioni sono più che buone, e spesso capita di cercare una particolare angolazione della telecamera per godersi i riflessi del sole sull’acqua (quest’ultima molto buona, sicuramente tra le migliori mai viste) o un paesaggio particolarmente evocativo. Le animazioni variano dal discreto al molto buono per gli esseri umani, mentre sono quasi sempre ottime sulle creature, che danno il meglio di loro esibendosi in balletti degni de “La febbre del sabato sera” e pose plastiche come il migliore John Travolta. Se proprio vogliamo scendere nei particolari ed analizzare i singoli modelli o le singole texture, devo dire che inspiegabilmente alcuni di essi stonano con tutto il resto del comparto grafico, non dimostrandosi all’altezza. Uno degli esempi più palesi è rappresentato dai villici, che pur godendo di una buona varietà ed essendo comunque realizzati in maniera discreta, se confrontati con i soldati risultano piuttosto grossolani; il caso più emblematico è però quello di un gallo che incontriamo nella terza isola, il quale mi ha fatto temere che per sbaglio avessi rimontato la Voodoo 2. Questi piccoli “fuori programma”, tuttavia, non bastano a sminuire l’ottimo lavoro dei Lionhead (fra i quali c’è anche un po’ di Bel Paese grazie al programmatore 3D Francesco Carucci), che anche dal punto di vista prettamente tecnico non ci fanno mancare niente: troviamo effetti di normal mapping, blooming, distortion, horizon mapping, shadow mapping, animazioni IK, depth of field, supporto per i pixel shaders dalla versione 1.1 alla 3.0 e anche algoritmi invisibili all’utente ma molto utili ai fini delle prestazioni come il dynamic branching dei pixel shader 3.0, che in particolari casi permette di saltare istruzioni inutili per alleggerire la mole di lavoro della GPU. Parlando di prestazioni, Black & White 2 se la cava un po’ meglio di quel che si poteva pensare. Per darvi un’idea abbastanza chiara l’abbiamo provato su un sistema di potenza media e parecchio diffuso: un ADM Barton 3200+ con 1 giga di RAM e una Ati 9800pro. Tenendo una risoluzione di 1024x768, anti-aliasing disattivo, ombre “low” e tutto il resto al massimo, il gioco varia dai 10 ai 30 frame al secondo in base alle situazioni, rimanendo quasi sempre giocabile (vi ricordo che non è un FPS o un gioco di guida, per cui anche con 15 frame al secondo la giocabilità non è compromessa). Con una 6800GT o equivalenti è possibile giocare con tutti gli effetti attivati ed alla massima risoluzione rimanendo sempre sopra i 25-30 frame al secondo.
Sonoro
Ad allietare la permanenza fra i comuni mortali contribuiscono le musiche di Craig Beattie, sempre molto ispirate. Il taglio maestoso e solenne è d’obbligo per un titolo nel quale si impersona una divinità, e Beattie riesce nell’intento di tenere alta la “sacralità” dell’atmosfera non scadendo mai in esagerate pomposità e non annoiando mai il giocatore. Bellissime le melodie caratteristiche giapponesi,che si possono ascoltare visitando una città o nipponica. Gli effetti sonori sono vari ed efficaci, e soprattutto non sembrano riciclati da altre produzioni (come invece capita troppo spesso negli ultimi tempi). Il doppiaggio è un discorso a parte: quello italiano (ricordiamo che il gioco è completamente localizzato) è di qualità discreta e piuttosto godibile, ma niente a che vedere con quello originale inglese, nettamente superiore a livello d’interpretazione e qualità stessa degli attori.
Peter Molyneux: vita e, soprattutto, miracoli
Peter Molyneux, nato nel 1960 in quel di Guildford, nella contea inglese di Surrey, è riconosciuto universalmente come uno dei migliori game designer del mondo (diciamo che si piazza comodamente fra i primi cinque, se non addirittura fra i primi tre). Un personaggio per certi versi stravagante, attorno al quale si sprecano aneddoti e leggende urbane: appassionato di auto sportive ma molto prudente e timoroso alla guida, secondo alcune voci di corridoio Peter avrebbe regalato delle Porsche a certi suoi dipendenti particolarmente meritevoli, come una sorta di premio produzione. Ma non è certo questa la cosa più bizzarra: per sua stessa ammissione ha fatto costruire in casa sua una serie di passaggi segreti (!) e una grande zona interamente dedicata alle attività ludiche con biliardo, un numero infinito di giochi da tavolo e, naturalmente, videogiochi. Si definisce un hardcore gamer ed ammette che seppur reputi la cosa un po’ triste, preferisce passare il tempo giocando piuttosto che facendo attività più comuni, come guardare la TV. Figlio del padrone di un negozio di giocattoli, fin da bambino Molyneux mostra un interesse particolare per gli aspetti più semplici e diretti delle attività ludiche, e un aneddoto (la cui veridicità è tutta da verificare) narra di un giorno in cui rimane altamente affascinato dalle peripezie di una colonia di formiche, che lui stesso disturba distruggendo loro il formicaio o aiuta lasciando delle zollette di zucchero nelle vicinanze. Un vero e proprio preludio al genere videoludico che inventerà molti anni più tardi. Dopo essersi laureato in scienze informatiche alla Southampton University, Peter trova lavoro a Londra presso una ditta che crea e gestisce database, ma ben presto decide di mettersi in proprio e fonda insieme a Les Edgar la Taurus Impact Systems, software house che progetta a sua volta database. La svolta avviene quando negli studi Taurus arrivano per errore alcuni fiammanti esemplari di Commodore Amiga. Molyneux rimane folgorato dalle capacità multimediali della macchina e decide di sfruttarle in maniera creativa. Nel 1987 fonda la storica Bullfrog, che apre ufficialmente la sua attività convertendo il gioco Druid 2 da Commodore 64 ad Amiga e poi sviluppando Fusion, il primo vero titolo della neonata software house, il quale però non riceve grandi attenzioni da parte del pubblico.
Peter Molyneux: vita e, soprattutto, miracoli
Il successo a livello mondiale arriva nel 1989, quando il giovane game designer inventa il genere dei god-games con Populous, un gioco dove l’utente assume l’identità di un Dio che deve estendere la sua influenza sui seguaci non potendoli mai controllare direttamente ma aiutandoli a creare e sviluppare una società sempre più vasta e complessa, che magari possa anche sconfiggere le civiltà create dalle divinità rivali. A differenza degli altri prodotti dell’epoca, il geniale Populous si gioca completamente in tempo reale e porta una fortissima ventata di novità nell’universo dei videogame, ma inizialmente nessun publisher sembra credere nel progetto e Peter riesce a farlo pubblicare solo dopo molte peripezie, rivolgendosi ad Electronic Arts. Il successo di Populous è grande, e insieme alle finanze di Bullfrog, che si espande diventando una ditta milionaria, cresce anche la fama del suo proprietario che viene presto soprannominato “the genius”. Negli anni successivi vengono pubblicati Powermonger, Populous 2, Syndicate, Theme Park, Magic Carpet e Hi-Octane. Nel 1995 Bullfrog viene venduta ad Electronic Arts, e pur restandone a capo, Molyneux comincia a sentirsi sempre meno soddisfatto di quella particolare situazione. Nuovi titoli continuano comunque ad essere sfornati, e dopo i successi di Syndicate Wars, Theme Hospital e Dungeon Keeper, il primo ministro inglese Tony Blair premia Bullfrog come uno dei prodotti inglesi che hanno innovato la tecnologia a livello mondiale. A seguito di problemi nello sviluppo di Dungeon Keeper che portano degli strascichi a livello personale, nel 1997 Peter lascia Bullfrog per ricominciare da zero, creando una nuova software house tutta sua. La Lionhead Studios debutta nel 2001 proprio col sorprendente Black & White per continuare poi nel 2004 con Fable. Il 2004 è un anno memorabile per il nostro caro genio, che riceve altre due onorificenze, delle quali una importantissima. A novembre viene inserito nella hall of fame della Academy of Interactive Arts & Sciences, che dal 1998 sceglie ogni anno una fra le più grandi menti dietro all’industria dei videogiochi (oltre a lui ci sono personaggi del calibro di Shigeru Miyamoto, Sid Meier, John Carmack, Yu Suzuki e pochissimi altri), e per finire in bellezza, il 31 dicembre riceve il più grande riconoscimento della sua vita: viene inserito nella prestigiosa lista delle onorificenze del nuovo anno (New Year Honours) per i servizi resi all’industria dei giochi elettronici e viene insignito del titolo di “Ufficiale dell’Impero Britannico” (OBE: Officer of the British Empire).
Commento finale
Black & White 2 non delude le aspettative e centra in pieno l’obiettivo di migliorare tutti quegli aspetti del suo prequel che non avevano convinto gli utenti. Pur non riuscendo ad ottenere il risultato che insegue da una vita, ovvero sia ricreare nei suoi giochi una società che possa essere totalmente indipendente dalle azioni dal giocatore, Molyneux ci regala un prodotto divertente e profondo, ricco di umorismo, uno di quei titoli che pochi minuti dopo aver spento il PC si ha già voglia di ricominciare a giocare. Black & White 2 è sicuramente superiore al suo prequel, ma essendone un’evoluzione e non una rivoluzione non può più contare sull’effetto novità, sullo stupore generale; per questo non otterrà gli incredibili riscontri di valutazione che quattro anni fa ha ottenuto B&W1. Corredato di un comparto tecnico molto valido e atmosfere sognanti, il god-game della Lionhead ha un fascino tutto suo che trasuda da ogni poligono, si adatta come un guanto alla personalità dell'utente e se giocato con atteggiamenti diametralmente opposti può regalare esperienze altrettanto differenti. Forse non l’ennesima pietra miliare di Molyneux ma sicuramente un must-buy per tutti gli appassionati del predecessore, Black & White 2 dovrebbe essere tenuto in fortissima considerazione anche da chi con god-game ed RTS ha avuto ancora poco a che spartire.
Pro
- Stile e carisma unici
- Profondo e divertente
- Ottimo comparto tecnico
- Poteva essere più longevo
- Mancanza totale di una modalità multiplayer
- Gestione del mouse non impeccabile
Da un certo punto di vista, il destino comune di chi adora i giochi di Peter Molyneux è spesso ingrato: il lungo periodo che precede l’uscita di ogni nuova creazione del game designer inglese è caratterizzato sì da fiduciose attese permeate dal più che giustificato ottimismo, ma quasi sempre anche da quella sorta di groppo in gola dovuto al dubbio che gli incredibili proclami sentiti durante la fase di progettazione e ai primi stadi dello sviluppo non possano essere mantenuti. E’ successo con Powermonger, con Dungeon Keeper, con Black & White e soprattutto con Fable, che se avesse mantenuto le promesse iniziali non si sarebbe limitato ad essere il buon gioco che è, ma sarebbe stato di gran lunga la migliore produzione di arte digitale mai vista sul pianeta terra. Come una moto da duecento cavalli equipaggiata con le ruote di una mountain bike non può scaricare a terra tutta la sua potenza, Molyneux, per colpa di limiti tecnologici, di tempo o chissà cos’altro, molte volte sembra riuscire a “scaricare a terra” solo una piccola parte della sua genialità. Il fatto curioso è che anche solo questa piccola parte, spesso e volentieri basta per sfornare capolavori o addirittura pietre miliari della storia videoludica. Il miracolo si ripeterà anche stavolta?