"L'inferno della vendita al dettaglio", come Capcom aveva definito Dead Rising, accese le sue lingue di fuoco nell'estate del 2006. Il gioco, diretto dall'allora plenipotenziario Keiji Inafune (da molte lune piene lontano dall'etichetta giapponese), aiutò a lastricare la via che trascinava ai videogiochi in alta definizione. Quello fu l'ultimo salto generazionale capace di sorprendere e far prudere i portafogli. Dead Rising venne presentato per Xbox 360 già a dicembre del 2005, quando la rivoluzionaria console di Microsoft aveva appena mosso i primi passi, facendo intravedere una falcata ampia e ambiziosa. Prima di allora il rapporto tra Capcom e Xbox non era stato particolarmente fruttuoso e l'avvicinamento, con un progetto dirompente quale era Dead Rising, fu il segnale che qualcosa stava cambiando.
Il paragrafo col pippone storico è garanzia di noia, ma è necessario contestualizzare cosa fosse quel Dead Rising, perché questa edizione Deluxe Remaster ispira pensieri differenti. Quello che era dirompente quasi vent'anni fa, non lo è oggi. Anzi, il peso degli anni che il fotoreporter Frank West si porta sulle spalle è evidente e ha incurvato il game design percepito di Dead Rising anche più di quanto qualcuno non si aspettava. Anzi, per dire le cose in maniera più precisa: di quanto io non mi aspettassi.
Il lavoro fatto dalla squadra guidata da Ryosuke Murai arriva fino a un certo punto, riuscendo a regalare al centro commerciale di Willamette (Colorado, Stati Uniti) una ritinteggiata ai locali che lo rende quasi al passo coi tempi. Quello che di certo non ha fatto è intervenire in maniera massiccia sulla formula del gioco, che era tanto sorprendente e stimolante nel 2006, quanto prevedibile e limitata nel 2024. Capcom non ha mai provato a nascondere la natura del progetto alla base di Dead Rising Deluxe Remaster. Non essendo mai stato proposto come un remake vero e proprio, non lo si può di certo accusare di non esserlo. Però non voglio gettarmi nella soporifera e comunque pericolosa discussione sul senso di remake e remaster nell'ambito dei videogiochi, quindi smetto prima che inizino a volare ortaggi e teste di zombi.
Quelli, gli zombi, erano e rimangono i co-protagonisti in Dead Rising Deluxe Remaster e una parte bella ricca del fascino del gioco sta negli effetti comicamente brutali dei loro smembramenti. Intanto una precisazione: il vero protagonista del gioco di Capcom non è nemmeno quello titolare del ruolo, il fotoreporter di cui più in alto, ma il centro commerciale dentro cui si muovono tutti quanti, una sorta di abnorme latta ricolma di carne di non-morto pronta a schizzare ovunque. Se poi viene ridotta a purea e sparsa con un tagliaerba, una delle mille risorse a disposizione del non-proprio-eroe-West, tanto meglio.
Tutto fa un po' male
Il Parkview di Willamette è un centro commerciale distribuito su più aree, con i vari edifici comunicanti che abbracciano un parco con laghetto. È perfetto per le famiglie che vogliono passare una mezza giornata a vivere il sogno di un consumo sfrenato, almeno fino a quando quelle stesse famiglie non hanno iniziato a diventare il pasto di una folla oceanica di zombi. Che poi erano le famiglie mangiate cinque minuti prima. Insomma, il Parkview è ora uno zombificio fatto e finito e Frank è in città per capire cosa diavolo stia succedendo.
L'idea generale, ieri come oggi, è quella della sopravvivenza: West deve riuscire a passare 72 ore di gioco virtuali nel centro commerciale, fino all'arrivo dell'elicottero che lo riporterà al sicuro. Giunto sul luogo senza certezze su quello che avrebbe trovato ad attenderlo, il nostro deve improvvisare e in effetti Dead Rising è un gioco che promuove l'improvvisazione. Con decine di negozi stracolmi di merci in cui nessuno batterà mai uno scontrino, le risorse a disposizione non mancano.
La carne da macello è ovunque ed effettivamente non ci si allontana troppo dall'idea dei musou: quintali di nemici, tendenzialmente incapaci di organizzare una fase offensiva davvero degna di questo nome, sono pronti a subire la creatività di chi ha il controller tra le mani.
Si può iniziare a esigere un po' di rispetto agitando una gruccia rubata da The Distinguished Gentlemen (che finisce invariabilmente negli occhi di qualcuno), per poi passare a una mazza da baseball trovata da Shootingstar Sporting Goods. Ma gli stessi esercizi offrono soluzioni meno convenzionali: un bel manichino da schiantare sui non-morti (il primo) o uno skateboard con cui sprintare e segare caviglie (il secondo).
In Dead Rising Deluxe Remaster ci sono più di ottanta negozi, distribuiti su vari piani e aree tematiche. Quando si arriva a girare tra gli scaffali di McHandy's Hardware, specializzato in articoli per il fai-da-te e il giardino, è impossibile non lasciarsi andare a un sorriso soddisfatto. Il martellone da lavoro è lento, ma inchioda a terra i crani degli zombi senza dare possibilità di replica. Eppure anche qualche compact disc (nel 2006 ancora esistevano) diventa un'arma contundente, se lanciato con destrezza. Poi, tra le dozzine di oggetti che attendono solo di essere utilizzati per abbattere la legione di putrescenti, ci sono i tubi in acciaio e qualche arma da fuoco, scatoloni in cartone e coltelli da caccia, spade di gomma e tavoli in plastica. E via andando, ci siamo intesi.
Nelle vetrine di negozi d'ottica, abbigliamento, fotografia, elettronica, libri, abbigliamento, sono in bella mostra le decine di soluzioni a disposizione di Frank. La varietà estetica è ancora oggi impressionante e per quanto una percentuale di oggetti non sia poi particolarmente utile, c'è comunque sufficiente materia prima per divertirsi nel tiro allo zombi.
Toglieteci tutto, ma non la libertà!
Il senso ultimo di Dead Rising Deluxe Remaster è questo: dare la libertà di giocare con i nemici, in ambienti lontani da quelli più abusati dai videogiochi e con strumenti tra l'esaltante e il ridicolo. Un gioco in perfetto stile sandbox, per un'epoca in cui ancora ci si riferiva così agli open world che lasciassero ampia libertà di scegliere cosa fare e come farlo. Non che manchino delle barriere, perché anche nel centro commerciale aperto sette giorni su sette di Willamette ce ne sono e sono piazzate lì per assecondare le necessità dei game designer. Teoricamente si tratta di serrande che dividono le aree e che sono state abbassate dai primi sopravvissuti barricati (malamente) all'interno del Parkview, prima che l'ondata macilente facesse irruzione.
Perché dietro al parco giochi del massacro c'è comunque una struttura che prova a mettere in ordine le cose e a prendere per mano chiunque volesse qualcosa di più organizzato. Nelle 72 ore virtuali ci sono missioni principali e secondarie, destinate le prime a fare luce sull'origine del disastro e le seconde ad accumulare punti esperienza. Non si va praticamente mai oltre a due idee: ammazzare qualcuno e salvare qualcuno. In entrambi i casi si parla di umani non ancora morsi nell'orgoglio (o altrove) da quegli altri cosi schifosi. Nel Parkview girovagano psicopatici e vittime designate, destinati a essere (rispettivamente) trucidati o portati alla salvezza da Frank.
Gli psicopatici diventano volentieri i cosiddetti boss. A volte la loro presenza soddisfa semplicemente delle esigenze narrative e scandisce le fasi dell'avventura. In altri casi sconfiggerli può assicurare l'eliminazione di qualcuna delle barriere appena citate, il che rende più veloce passare da un'area all'altra. A proposito: ogni trasferimento che coinvolga l'aprire una porta (quindi tra le zone del centro, ma in qualche caso anche all'interno di una stessa zona), richiede un caricamento. I tempi richiesti sono brevissimi e inoffensivi, ma l'azione ne esce comunque spezzettata e ricorda quanto sia porosa l'ossatura del gioco.
Chi, poi, avesse in antipatia le missioni costruite sullo scortare un personaggio gestito dal computer, potrebbe trovare in Dead Rising Deluxe Remaster la sua nuova kriptonite. Il gioco ce la metteva tutta per approfondire la questione, nel 2006, con un certo successo. A molti dei poveracci che chiedono aiuto si può dare una delle armi raccolte e ciascuno ha la sua preferita, con cui può difendersi in maniera più efficace. Si possono prendere per mano, gli si può indicare la direzione generale da prendere e anche finire con l'aggirarsi per il Parkview assieme a una decina di sconosciuti che si fidano disperatamente di West. Ma doversi comunque preoccupare di queste palle al piede è una palla (al piede) a sua volta.
Salvare gente, scattare foto spettacolari o truculente, spappolare psicopatici contribuisce ad accumulare punti esperienza. Scordatevi però gli alberi delle abilità, perché ogni nuovo livello raggiunto si trasforma in potenziamenti imposti in automatico dal gioco. Frank inizia a muoversi più velocemente, a poter portare con sé più oggetti/armi, ad attaccare a mani nude o a difendersi dagli zombi in modi più efficaci. Ci sono anche abilità o possibilità specifiche che valgono fintanto che si porta con sé il libro o la rivista su cui Frank le ha apprese. Un'idea molto interessante.
Osteoporosi
Il lavoro fatto dal team del 2006 per rendere Dead Rising più di una macelleria su larga scala aveva funzionato, ma era una vita fa. Oggi lo schema di gioco non va molto oltre una proposta già vista e rivista nei lustri che ci separano dall'uscita dell'originale. I giochi a mondo aperto si sono evoluti anche imparando dalle lezioni di Dead Rising, ma diciotto anni in questo ambito sono tantissimi e l'edizione Deluxe Remaster del gioco se li sente tutti addosso.
La totalità delle missioni, per dire, è collegata all'orologio virtuale che non smette mai di ticchettare. Velocemente. È un approccio che, pur trovando qualche oppositore, era stato generalmente accettato su Xbox 360 (e nelle conversioni successive), ma che oggi risulta davvero anacronistico e soprattutto frustrante. Solo terminando il gioco una prima volta e raggiungendo un finale decente, cosa che comunque non richiede poi troppo impegno in fatto di tempo speso, si sbloccano le modalità alternative. In una di queste se ne va il limite delle 72 ore all'interno del centro commerciale, che è già qualcosa.
Se poi è vero che il motore RE di Capcom è stato sfruttato per dare nuovo lustro all'impianto grafico, è anche vero che la cosa funziona soprattutto da fermo, nelle immagini. Intanto, al di là dell'eccellente lavoro fatto sulla resa dei modelli nelle sequenze narrative, durante le fasi d'azione vere e proprie zombi e sopravvissuti sono solo discreti. In qualche caso ci sono dei fenomeni di apparizione improvvisa di questo o quello e il sistema di illuminazione nell'area del parco non è troppo convincente. Ma a rendere complicata l'esperienza di gioco con Dead Rising Deluxe Remaster è in particolare la mancanza di pulizia che sta alla base di tutte le interazioni tra Frank West e i suoi nemici.
È tutto piuttosto dozzinale e soprattutto nelle prime ore si fatica a prendere le misure ai movimenti degli zombi, che ogni tanto sembrano teletrasportarsi di mezzo metro quando prende il via il ciclo di animazioni che li porta ad attaccare al collo del fotoreporter. Sono tanti i casi in cui le armi passano oltre agli obiettivi invece che fare i danni sperati e molti scontri con gli psicopatici si riducono a delle lente rincorse mentre questi sbattono contro i muri o trotterellano malamente tra strutture che non sanno scansare in maniera credibile.
Sono tutti problemi che non apparivano come tali nel 2006, figli anche dell'enorme ambizione del progetto. Mettere così tanta gente che si muove in spazi enormi, ma comunque chiusi e costellati di strutture di medie o piccole dimensioni, sperando di non incorrere in tonnellate di imperfezioni e interazioni totalmente inverosimili (se non addirittura pacchiane), è ancora oggi molto complicato. Solo che oggi siamo abituati a giochi simili che hanno capito come affrontare e risolvere problemi simili (a volte evitando direttamente di infilarsi in situazioni tanto pericolose).
La gestione dell'energia di Frank è poi molto snervante. Non esiste nemmeno un minimo di autoricarica e rimanere senza cibo in zone in cui gli zombi ricompaiono di continuo, può portare a molteplici Game Over e ricaricamenti. E ancora: l'impossibilità di correre, il discutibile bilanciamento dei danni portati dalle armi e un costante dover tornare a fare le stesse cose nelle stesse aree, fa di Dead Rising Deluxe Remaster un gioco clamorosamente figlio di un'altra epoca.
Si fa ancora volere bene, anzi benissimo, perché è scritto in maniera sorprendentemente meno trucida di quanto non ricordassi (ed è anche doppiato molto bene in italiano). Le intuizioni dell'ambientazione e del parco-giochi zombesco ad armi libere sono meriti innegabili e che in parte ancora pagano dei dividendi. Ma questa riedizione deve a sua volta sopravvivere a un destino figlio di scelte confuse: non è stata adattata a sufficienza a questa generazione per essere strutturalmente al pari di tanti altri giochi simili e non ha contenuti extra degni di nota che la rendano un libro di testo soddisfacente su cui studiare la vicenda di Dead Rising. Che è un modo carino per dire che dentro non c'è nulla oltre al gioco: non ci sono bozzetti, documenti, interviste o commenti degli autori. Nulla.
Però che ci volete fare, adesso cerco di dimenticarmi dell'esistenza di Dead Rising 4 (che è tecnicamente e strutturalmente migliore di questo Deluxe Remaster), stacco da questo articolo e lancio di nuovo il gioco. Cerco un camerino in cui buttare addosso a Frank il vestito a fiori da signora cinquantenne, tiro fuori la mia mazza da golf, faccio partire l'ultimo disco degli Hives su Spotify e poi vado a far saltare teste a quegli zombi. Finché funziona è un eccellente esercizio anti-stress.
Conclusioni
Insoddisfacente per chi è abituato ai giochi a mondo aperto di questo decennio e povera come riproposizione (non) arricchita di un gioco di quasi vent'anni fa, Dead Rising Deluxe Remaster rischia di finire male. Per fortuna il fascino della sua idea di partenza e la caratterizzazione dell'ambiente di gioco, oltre che alcune intuizioni ancora valide, lo risollevano da un destino di potenziale mediocrità. Sarà difficile appassionarcisi come ha fatto qualcuno quasi vent'anni fa e i nuovi arrivati a Willamette non troveranno abbastanza materiale di studio pensato per loro, ma tutto sommato un giro ad Al Fresca Plaza e una chiacchierata con quello del supermercato funzionano ancora oggi... solo molto meno di ieri.
PRO
- Ambientazione e atmosfera azzeccate
- Tante possibilità per divertirsi con gli zombi
- Situazioni e personaggi ben scritti
CONTRO
- Limiti tecnici e di struttura
- Idee di gioco ripetitive
- Nessun extra sulla storia dello sviluppo