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DOOM Guy. Life in First Person, la recensione dell’autobiografia di John Romero, uno dei padri di DOOM

John Romero, l'iconico sviluppatore statunitense, cofondatore di id Software, racconta gli alti e bassi della sua lunga carriera in DOOM Guy. Life in First Person.

RECENSIONE di Giulia Martino   —   09/08/2023
DOOM Guy. Life in First Person, la recensione dell’autobiografia di John Romero, uno dei padri di DOOM

Poco più di un anno fa, l'ex Presidente di Nintendo of America Reggie Fils-Aimé si era aperto al pubblico con la sua autobiografia intitolata "Disrupting the Game: From the Bronx to the Top of Nintendo" (HarperCollins, 2022). Oltre che per il suo ruolo dirigenziale, Fils-Aimé è involontariamente rimasto celebre anche per alcuni meme - "My Body is Ready" è certamente in testa alla classifica - oltre che per la sua presenza centrale nella comunicazione delle console e dei videogiochi della grande N: il faccione cordiale di Fils-Aimé ben si prestava a presentazioni e gag in combutta con il compianto Presidente di Nintendo, Satoru Iwata, e il sempreverde Shigeru Miyamoto.

È per questo che i lettori sono rimasti non poco sorpresi nel leggere un resoconto trionfalista e fortemente autocelebrativo della sua carriera, partita dal basso per arrivare in alto, al prezzo di considerazioni senz'altro poco eleganti e umane (del suo divorzio traspare soltanto il fatto che ostacolava, in quel momento, il suo percorso professionale) e di uno spiacevole rumore di fondo: l'impressione che Fils-Aimé sia infallibile, all'interno di un racconto i cui episodi sono accuratamente selezionati per fare brillare le indubbie capacità di un uomo che non deve chiedere mai.

Ecco, in questo senso "DOOM Guy. Life in First Person" (Abrams Press, 2023), freschissimo di pubblicazione, è una boccata d'aria buona, effervescente, da parte di uno sviluppatore di lungo corso, John Romero, che giunto all'alba del suo quinto decennio nell'industria videoludica non ha paura di guardarsi indietro. E lo fa riconoscendo sbagli, colpe e clamorose omissioni, oltre a celebrare il talento suo e dei suoi collaboratori, rievocando alcuni dei momenti più importanti e memorabili della storia del medium. Se il crunch della "death schedule" in id Software viene a volte edulcorato grazie al punto di vista dell'allora giovane Romero - una persona senza dubbio ansiosa di imparare e avere successo, cofondatore dello studio e quindi direttamente interessato al risultato dei suoi progetti - il libro surclassa nettamente altri racconti di vite nel settore, e innanzitutto il volume di Fils-Aimé, grazie a uno stile scorrevole e senza fronzoli, oltre alla succitata onestà dell'autore nel riconoscere responsabilità che, nel caso di Ion Storm, hanno portato alla chiusura dello studio.

Resta un po' di rimpianto per il resoconto velocissimo degli ultimi quindici anni di attività di Romero, ma è chiaro fin dal titolo che l'autobiografia vuole esplorare prima di tutto gli anni cui i fan sono più interessati: quelli dell'ascesa di id Software, del suo divorzio professionale dall'eccezionale team che aveva contribuito a creare e della caduta rovinosa di Ion Storm. Ma andiamo più a fondo ed esploriamo la fulminante carriera di colui che si autodefinisce "DOOM Guy", perché Romero sarà anche noto soprattutto per il micidiale sparatutto sviluppato con John Carmack e soci, ma il suo percorso è molto più stratificato e plurale di quel che possa sembrare a una prima occhiata.

Saper perdonare, sapersi perdonare

DOOM domina l'autobiografia di John Romero fin dal suo titolo: aspettatevi un resoconto dettagliato delle peripezie che hanno portato id Software prima alla gloria e poi all'allontanamento dei suoi fondatori, tra cui anche Romero stesso
DOOM domina l'autobiografia di John Romero fin dal suo titolo: aspettatevi un resoconto dettagliato delle peripezie che hanno portato id Software prima alla gloria e poi all'allontanamento dei suoi fondatori, tra cui anche Romero stesso

Colpisce molto la prima parte del libro, dedicata all'infanzia del piccolo Romero e alla descrizione dei membri della sua famiglia. Non tutti sanno che il suo nome di battesimo è Alfonso John Romero: Alfonso era anche il nome del suo papà, figura centrale nella vita del figlio e ripetutamente evocato nel corso dell'autobiografia. Il comportamento di Alfonso, messicano-statunitense di prima generazione, è causa dell'unico momento moto duro presente nel volume: le sue violenze domestiche, delle quali l'alcolismo è triste complice, vengono descritte da Romero in maniera struggente, piena di rimpianto per un uomo morto prematuramente a causa di una vita di dipendenza da alcool e droghe.

Nonostante tutto, la figura paterna è ricordata con grande affetto: "Tutti lo amavano. Io lo amavo. Alcolismo e dipendenza hanno definito la sua morte, ma non hanno definito la sua vita. Mio padre è stato tante cose per così tante persone" (p. 435) [N.d.A.: per comodità nella lettura, gli estratti del libro proposti nel presente articolo sono di mia traduzione. Al momento in cui si scrive, "DOOM Guy. Life in First Person" è disponibile esclusivamente in lingua inglese, e non esiste, pertanto, una versione ufficiale in lingua italiana]. Tra i pochi oggetti di proprietà del padre al momento della sua scomparsa, John Romero trovò un piccolo raccoglitore con dentro un articolo sui successi del figlio, all'epoca già celebre e acclamato in tutto il mondo.

La storia di id Software è raccontata con attenzione, rispetto e sensibilità nei confronti di tutte le parti coinvolte, all'epoca ragazzi poco più che ventenni impegnati in imprese molto più grandi di loro
La storia di id Software è raccontata con attenzione, rispetto e sensibilità nei confronti di tutte le parti coinvolte, all'epoca ragazzi poco più che ventenni impegnati in imprese molto più grandi di loro

Forse il messaggio principale di "DOOM Guy" e della storia di Romero nel complesso è questo: se persino un padre responsabile di abusi domestici può essere salvato da una condanna sommaria ed essere ricordato con affetto, allora tutti possiamo beneficiare da un'analisi non giudicante dei propri e degli altrui comportamenti. Anche nel ricordare la fredda "report card" inviata da John Carmack ai colleghi per lamentare le (a suo avviso) scarse performance del team nel corso dello sviluppo di Quake (id Software, 1996), Romero dimostra comprensione per il disagio di Carmack e rimpiange di non essere riuscito a rispondere in maniera adeguata: in quell'occasione, gli altri membri del team decisero di non dare corso alle lamentele del programmatore e proseguire dritti sulla propria strada. "Mi sento triste al pensiero di come [John Carmack] deve essersi sentito inviando il report e non ricevendo alcuna risposta" (p. 316), scrive.

C'è certamente amarezza nel raccontare la triste parabola discendente di Ion Storm, da lui fondata nel 1995 insieme al suo ex socio (e grande amico) Tom Hall. Al netto del "disastro" (così la definisce a p. 365) che fu Ion Storm, Romero apre la parte del volume dedicata alla sua azienda riconoscendo di aver imparato molto dal suo percorso, e affermando di sperare che le lezioni da lui imparate con durezza possano essere di utilità ai lettori. Romero riconosce pienamente la sua responsabilità nell'approvazione della controversa pubblicità di Daikatana (Ion Storm, 2000), basata sulla scritta "John Romero's About to Make You His Bitch. Suck It Down", intrisa di un linguaggio da deathmatch del tutto inadatto al marketing.

Altri racconti delle vicende di id Software si sono concentrati su presunti dissapori personali all'interno del gruppo; stando a Romero, però, le problematiche sarebbero state esclusivamente dettate da una cattiva comunicazione tra i membri fondatori dello studio, oltre che dalle stressanti condizioni di lavoro
Altri racconti delle vicende di id Software si sono concentrati su presunti dissapori personali all'interno del gruppo; stando a Romero, però, le problematiche sarebbero state esclusivamente dettate da una cattiva comunicazione tra i membri fondatori dello studio, oltre che dalle stressanti condizioni di lavoro

"Da bambino, quando le cose si mettevano male, per necessità, stavo buono e aspettavo che quel momento passasse. Quando Carmack mandò il suo report, sono stato buono e ho aspettato che quel momento passasse. Quando diverse persone mi hanno detto di essere scontente dell'andazzo di Ion Storm, sono stato buono e ho aspettato che quel momento passasse. Tutto ciò che è accaduto a Ion Storm è una diretta conseguenza di questo mio difetto caratteriale. Se avessi agito, se avessi parlato con queste persone, se avessi evitato la crescita dei problemi quando questi stavano emergendo, così tante cose nella mia carriera e nella mia vita sarebbero andate diversamente e così tante persone avrebbero potuto evitare le difficoltà generate da questo mio difetto" (p. 424), scrive Romero. Quanto all'autore di quella tremenda pubblicità, si trattava di un uomo destinato a più grandi imprese: Mike Wilson, all'epoca CEO della compagnia, avrebbe co-fondato, nel 2009, nientepopodimeno che Devolver Digital. Ma, come si suol dire, questa è un'altra storia.

Riguardo alla clamorosa rottura degli equilibri di id Software e alla sua cacciata dallo studio che aveva contribuito a fondare, John Romero contesta fortemente molti dei racconti emersi sull'episodio nel corso degli anni. In diverse occasioni vengono citati estratti di "Masters of Doom: How Two Guys Created an Empire and Transformed Pop Culture" di David Kushner (Piatkus, 2003), mentre spesso il libro, forse il più noto nel panorama dei resoconti riguardanti lo sviluppo videoludico, è preso come punto di riferimento implicito per correggere - sempre con garbo - racconti giudicati errati, esagerati o fuori fuoco da colui che li ha vissuti in prima persona. Romero ricorda che il divorzio da id Software non ha portato a inimicizie di lungo corso ed è stato molto meno drammatico del modo in cui è stato frequentemente rappresentato, come pure confermato da John Carmack nella memorabile puntata del 4 agosto 2022 del podcast di Lex Fridman. Carmack, insieme a tutto il team originario di id Software, è ricordato negli affettuosi ringraziamenti finali del libro.

Non soltanto DOOM Guy

Purtroppo, il libro si concentra poco sugli anni recenti di Romero, concedendo uno spazio forse fin troppo ampio ai periodi legati a id Software prima e a Ion Storm poi
Purtroppo, il libro si concentra poco sugli anni recenti di Romero, concedendo uno spazio forse fin troppo ampio ai periodi legati a id Software prima e a Ion Storm poi

È un peccato che l'autobiografia di John Romero si focalizzi quasi esclusivamente sugli anni della sua carriera su cui già esiste la maggior quantità di documentazione. Alle vicende di id Software e Ion Storm sono stati dedicati libri, interviste, documentari: la prospettiva di uno dei protagonisti ha un valore unico, ma Romero è molto di più del "DOOM Guy" cui si riferisce anche il titolo del volume. E dire che il celebre sviluppatore è perfettamente consapevole di avere una community attenta, appassionata e osannante... In senso letterale: a ogni comparsa pubblica, Romero è circondato da fan in visibilio che si inchinano davanti a lui ripetendo più e più volte "We're not worthy".

Romero Games avrebbe meritato un maggiore focus. È del tutto trascurato il recente Empire of Sin (Romero Games, 2020), mentre alla cofondatrice Brenda Romero, moglie di John e, a sua volta, importantissima figura nel panorama mondiale dello sviluppo videoludico, sono dedicati pochi pensieri, salvo la dedica del libro. Si accenna al progetto attualmente in lavorazione nello studio, uno sparatutto in prima persona che rappresenterà "una nuova alba per Romero Games", come si legge nel sito recentemente rinnovato della compagnia. Ci sarebbe stato molto da dire: giusto a titolo di esempio, la policy aziendale porta tutti gli impiegati a tempo pieno dello studio a detenere una quota della società, creando una (seppur parziale, e ancora infrequente) identificazione tra proprietà societaria e "base" lavoratrice, modello incoraggiato da tutte le più recenti legislazioni commerciali del mondo occidentale.

La figura di Brenda Romero, socia cofondatrice di Romero Games, sviluppatrice con un'esperienza più che quarantennale nell'industria e moglie di John Romero, riceve poco approfondimento all'interno del volume
La figura di Brenda Romero, socia cofondatrice di Romero Games, sviluppatrice con un'esperienza più che quarantennale nell'industria e moglie di John Romero, riceve poco approfondimento all'interno del volume

Non vi è dubbio che l'autobiografia di John Romero avrebbe potuto risultare arricchita da qualche riflessione in più sui meccanismi - non sempre virtuosi come nel caso sopra citato - del mondo dello sviluppo videoludico. Le parti dedicate alla "death schedule" di lavoro in id Software, dalle 10 di mattina alle 2 di notte, sono talvolta edulcorate dalla descrizione della passione bruciante di Romero, Carmack e soci; in ultima analisi, le politiche di crunch degli studi di sviluppo non ricevono una adeguata e ferma condanna per ciò che sono, ossia pratiche contrarie alle discipline giuslavoristiche di qualunque Paese civile. Romero sembra rimpiangere queste politiche solo quando l'ambiente di lavoro in id Software si fa insostenibile, quando si è vicini alla pubblicazione di Quake e Carmack decide spostare il lavoro nella "War Room" (un nome, un programma), con l'imposizione di un crunch massacrante di almeno dodici ore di lavoro per concludere Quake. Al contrario, il primo periodo di superlavoro nello studio è rievocato come un periodo veloce apprendimento e di cameratismo tra quelli che, indubbiamente, erano dei veri e propri geni dello sviluppo, destinati a cambiare la storia del medium; il rischio, però, è quello di indurre fenomeni di imitazione - che non porteranno quasi mai a risultati anche solo lontanamente assimilabili - e di venerazione di pratiche capaci di distruggere la vita personale di molti individui.

Si tratta, a tutti gli effetti, di un'occasione sprecata per prendere una posizione chiara nei confronti di prassi descritte, in tutta la loro crudeltà, da libri come "Rise of the Videogame Zinesters: How Freaks, Normals, Amateurs, Artists, Dreamers, Drop-outs, Queers, Housewives, and People Like You Are Taking Back an Art Form" di Anna Anthropy (Seven Stories Press, 2012), "Blood, Sweat, and Pixels: The Triumphant, Turbulent Stories Behind How Video Games Are Made" (HarperCollins, 2017) e "Press Reset: Ruin and Recovery in the Video Game Industry", entrambi di Jason Schreier (Grand Central Publishing, 2021), di cui vi consiglio caldamente la lettura.

La copertina internazionale di DOOM Guy. Life in First Person
La copertina internazionale di DOOM Guy. Life in First Person

Al netto di queste critiche, "DOOM Guy. Life in First Person" è un libro che qualunque appassionato del medium videoludico dovrebbe leggere. Curatissima del punto di vista dell'editing - i typo si contano sulle dita di una mano - scorrevole nella lettura e sinceramente accorata (quasi sempre) dove serve, l'autobiografia di John Romero mostra il percorso di crescita di un ragazzino diventato superstar a poco più di vent'anni, vincitore di un surreale Monopoli videoludico senza nemmeno passare dal via, diventato adulto guardandosi indietro con serenità e riconoscendo i propri errori. Romero descrive la scrittura di questo libro come un "processo trasformativo" (p. 424): può valere lo stesso anche per i lettori capaci di cogliere il suo messaggio di fondo. E cioè che amarsi vuol dire anche perdonare le mancanze altrui, e soprattutto le proprie, guardandosi dentro con onestà e indulgenza allo stesso tempo.