Arriva il nuovissimo PlayStation VR2 e con esso la recensione di Horizon Call of the Mountain, spin-off in realtà virtuale delle avventure di Aloy dove però non è Aloy, questa volta, la protagonista. Il nostro alter-ego sarà invece Ryas, ex soldato che tra riscossa, redenzione e vendetta dovrà farsi in quattro per essere accettato dai suoi nuovi amici.
L'altra dimensione
Finalmente dentro il nuovo visore Made in Sony! Le mani sono ben strette dentro questi fantascientifici guanti bianchi, le cuffie infilate a dovere nelle orecchie. Non resta che premere il pulsante del teletrasporto: dopo due profondi respiri, veniamo letteralmente catapultati nel mondo di Horizon. Non davanti al mondo di Horizon, come siamo stati ben contenti di fare in passato, ma questa volta e per la prima volta letteralmente al suo interno. Se c'è una cosa che la realtà virtuale ha dimostrato di saper fare molto bene, è darti la sensazione di essere presente in un altrove immaginario. Ti infili il caschetto o il visore, chiamatelo come volete, ed è come viaggiare nell'iperspazio: non solo sei lì, ma ti senti lì e hai paura del vuoto, ti emozioni incrociando lo sguardo di un altro personaggio, provi delle vibrazioni diverse da quelle dei videogiochi "piatti". Certo, questa sensazione di presenza a volte può anche spaventare, come per esempio quando ti ritrovi faccia a faccia con una delle bestie biomeccaniche di Horizon Call of the Mountain.
Non ti si addice
Horizon Call of the Mountain ti lancia senza troppi convenevoli in azione, ed è una scelta intelligente perché quando hai un visore in testa vuoi giocare, essere attivo, e non startene a guardare e ad ascoltare passivamente filmati e dialoghi. Ma questa è un'ambientazione che ha una grande voglia di raccontare sé stessa, e ci ficca in un contesto politico che devi conoscere davvero bene, avendo giocato e rigiocato Zero Dawn e Forbidden West, per potergli dare il giusto peso. Se non siete dei grandissimi appassionati, ogni dettaglio superfluo si trasformerà in un blablabla di cui avremmo fatto volentieri a meno. Fortunatamente Call fo the Mountain non è un gioco prolisso, sceglie però una formula narrativa che non ha tempo, né tempi, per funzionare davvero bene in VR.
Scalate memorabili
Anche questo nuovo protagonista chiamato Ryas in fondo non esiste, perché il vero Ryas saremo noi in primissima persona. In quanto eroi del gioco dovremo essenzialmente fare due cose: arrampicarci e combattere. Molto più la prima a dire il vero, visto che gran parte del tempo lo passeremo a scalare montagne saltando tra impalcature di legno, corde, nuda e durissima roccia e pendii più malleabili, quest'ultimi da affrontate a colpi di piccozze. Per noi utenti tutto ciò si traduce in emozionanti vertigini, e un faticoso esercizio di spalle che dopo qualche ora inizierà ad essere sempre meno divertente. Per chi bazzica nella realtà virtuale da un po', non c'è nemmeno un grande fattore novità: le meccaniche in fondo sono quelle di The Climb e relativo seguito, gioco Crytek uscito originariamente nel 2016. In entrambi i titoli, allunghi il braccio sulla parete scalabile e, una volta afferrata, la tiri verso te simulando appunto il movimento di un'arrampicata. The Climb però era un gioco piccolino, in due ore lo avevi finito...
Fortunatamente in Horizon Call of The Mountain c'è molta più varietà, si combatte anche, e il contesto fantasy gli permette di offrirci diversi strumenti interessanti che però, in fondo in fondo, mai cambiano davvero il sistema di gioco. Ogni strumento, come il disco solare usato come frisbee, è il riflesso di un nuovo, semplice, puzzle ambientale. L'unica differenza la faranno le piccozze che serviranno a diversi scopi, ma principalmente ad affrontare le pareti più malleabili. Le piccozze sono anche molto divertenti da utilizzare perché non ti fanno mai sentire al sicuro, e poi dà proprio soddisfazione infilzarle nella roccia: senti e percepisci nei controller questo "ciach" che trasmette proprio la giusta idea. Strano che non abbiano trovato un'altra soluzione per aprire l'inventario degli strumenti: chiederci di premere la leva analogica con il pollice, mentre proviamo a raggiungere R2 con l'indice, non si è rivelata una buona idea.
Arco e frecce
Con l'arco invece si va sul sicuro e si estrae, esattamente come le frecce, portando una delle mani sopra la spalla. L'arco è un'arma presente in tanti giochi per la realtà virtuale perché funziona sempre alla grande: per mirare bisogna utilizzare l'occhio dominante come nella realtà, e fa un certo effetto, inoltre l'uso prevede movimenti complessi ma che i sensori non hanno mai problemi a replicare nel gioco. Non deve sorprendere che, con a disposizione un visore e dei controller di ultima generazione, l'arco di Horizon Call of The Mountain sia pressoché perfetto. Non aspettatevi un simulatore, il gioco Sony è sempre votato all'azione e non dimenticatevi che voi siete degli eroi, ma nonostante la presenza di qualche aiuto alla mira fare centro non è mai del tutto scontato.
Sul bersaglio
In ciascun livello sono nascosti diversi bersagli da trovare e distruggere, ottimi per scoccare di tanto in tanto qualche freccia, ma dall'arco il meglio lo otterrete naturalmente in combattimento. Negli scontri, Horizon Call of the Mountain blocca la visuale sul nemico, o al centro dell'arena, permettendoci il solo spostamento laterale. È una soluzione intelligente, ed è un po' come avviene in un miliardo di giochi solitamente contro i boss più grandi. Attraverso i tasti e il movimento delle braccia, potremo effettuare piccoli passi o un'ampia schivata che ci metterà il più delle volte al sicuro dai colpi nemici. Lo scontro vero e proprio è decisamente galvanizzante: incoccare la freccia, e aspettare fino all'ultimo per colpire il punto giusto di una vedetta pronta a saltarci addosso, per giunta con questa grafica, è un'emozione concreta.
Non sempre però le cose vanno per il verso giusto: bestie con un grande raggio di movimento soffrono le dimensioni ridotte dell'arena, e possono rimanere imbambolate per qualche secondo prima di tornare a lottare. Succede con le bestie più piccole e agili, che possiamo incontrare in gruppo; va invece molto meglio contro le biomacchine più grandi, solitarie, sempre pronte ad offrirci grandi battaglie, sempre in concomitanza con i migliori momenti offerti da Horizon Call of the Mountain. Sono presenti anche delle fasi stealth dove dovremo cercare di arrampicarci senza farci vedere dalle bestie circostanti, e fasi d'avvicinamento silenzioso in mezzo all'erba alta che richiamano direttamente il gameplay dei giochi precedenti.
Il divertimento del cacciatore
Nel gioco è prevista anche un pizzico di esplorazione. L'avanzamento è per lo più lineare, ma di tanto in tanto vengono offerti bivi e relative deviazioni sul percorso. Anche qui è importante curiosare in ogni dove, soprattutto per trovare le parti di freccia che serviranno per crearne di speciali (tuono, fuoco...). Esplorando è possibile trovare anche tanti ammennicoli con i quali giocherellare e sfruttare le tante sfumature della VR: tamburelli, fiaccole da giocoliere, pennelli e vernici, per sbizzarrirci creando pitture rupestri. Apri il coperchio di un barile e ci trovi due maracas... a quel punto che non ce li passi dieci minuti a cantare mambo jambo in salone? È un po' tutto quello che non può più mancare in un gioco per la VR, specialmente se pensato per un pubblico che non ha ancora grande esperienza con la tecnologia ed è pronto a rimanere a bocca aperta davanti ad ogni trucco.
Movimento libero
Horizon Call of the Mountain non supporta il movimento con il teletrasporto, ma potremo spostarci tramite la normale leva analogica o simulando l'ondulazione delle braccia. Quest'ultima è una soluzione atipica ma già vista in passato, per esempio con la trasposizione in VR di L.A. Noire, ed oltre ad essere funzionale riduce davvero al minimo il rischio che il visore possa provocare qualche problema, tipo il temuto effetto mal di mare o chinetosi; il rovescio della medaglia sono dei movimenti non proprio agili durante l'esplorazione, ma che si possono mitigare girando (nella realtà e quindi nel gioco) su se stessi per cambiare la direzione della camminata. Ricordatevi però di buttare ciclicamente un occhio fuori dal visore, per vedere dove vi sarete spinti ed evitare così spiacevoli incidenti.
Tra grafica e martello
Horizon Call of the Mountain spicca soprattutto per la sua grafica. Se questa voleva essere una prova di forza di quel che può fare il PlayStation VR2, unito a PlayStation 5, allora l'obiettivo può dirsi perfettamente raggiunto. Per aumentare il dettaglio, gran parte dello scenario è uno sfondo lontano, e l'area calpestabile e quindi più dettagliata è sempre molto limitata. Strano invece il comparto audio: gli effetti sembrano molto buoni e stratificati, ma il suono è sommesso, poco roboante anche dove avrebbe potuto, e forse dovuto, esserlo. Ma sono dettagli, Call of The Mountain è un gioco bellissimo da vedere anche dal punto di vista artistico, molto colorato anche grazie a un HDR bello saturo. I problemi del gioco risiedono altrove, per esempio nella sua incosciente prevedibilità. Con la realtà virtuale puoi creare delle esperienze impossibili da replicare senza un visore, ne abbiamo già avuto la dimostrazione, Horizon Call of The Mountain è invece il tentativo di trasporre nel medium che dovrebbe essere più rivoluzionario il classico videogioco (letteralmente) bidimensionale moderno, che qui mostra il doppio dei suoi limiti e risultando nel nuovo contesto fin troppo lento. La scalata è divertente fino ad un certo punto, gli scontri con l'arco troppo pochi, e in mezzo c'è questa esplorazione un po' impacciata che non stupisce fino in fondo.
Conclusioni
Horizon Call of the Mountain è un gioco spettacolare da vedere, e decisamente poco sorprendente da giocare. Le meccaniche di scalata sono solide, ma questo stare con le braccia sempre alzate è stancante tanto fisicamente quanto ludicamente. Il combattimento ha i suoi grandi momenti, ma la formula sembra reggerne solo un numero limitato prima di mostrare i suoi chiari e insormontabili limiti. Per finirlo ci vogliono dalle sei alle otto ore, dipende da quanto tempo perderete in giro o guardando Aloy negli occhi. In definitiva, Guerrilla sta solo scalfendo quello che dovrebbe poter offrire questa tecnologia, e il 2015 è passato da un bel pezzo.
PRO
- Grafica sbalorditiva e alcuni combattimenti molto emozionanti
- Arco, piccozze, frisbee, maracas, pennelli!
- Che bello incontrare Aloy di persona
CONTRO
- Alcune scelte nei comandi opinabili
- Si scala troppo, e lo abbiamo già fatto in passato
- I combattimenti non funzionano sempre al meglio