L'uscita di Wonder Boy: The Dragon's Trap, remake del titolo quasi omonimo che risale al 1989, ha riportato sulla bocca di tutti la serie targata Westone dopo che la società nipponica è fallita nel 2014, a distanza di vent'anni e qualcosa dall'uscita dell'ultimo Wonder Boy "ufficiale", il quarto. A caratterizzare il franchise per anni è stata infatti una storia complicata di licenze, adattamenti e conversioni che abbiamo riassunto in un vecchio Monografie tutto da leggere. Mentre DotEmu e LizardCube ricostruivano Wonder Boy III, però, lo sviluppatore francese Game Atelier, che aveva iniziato un progettino Kickstarter autonomo, attirava l'attenzione del fondatore di Westone e ideatore della serie, Ryuichi Nishizawa. Il gioco di Game Atelier è così diventato Monster Boy and the Cursed Kingdom, un titolo che richiama la serie originale, proiettandola in uno spazio dove la nostalgia e l'innovazione si mescolano a formare uno dei migliori videogiochi usciti nel 2018.
La forma del gameplay
La portata contenuta di questo progetto potrebbe ingannare e suggerire che si tratti di una specie di indie venduto a un prezzo troppo alto, quando invece è importante capire che Monster Boy and the Cursed Kingdom è un gioco fatto e finito che non fa sfoggio di poligoni e virtuosismi tridimensionali, preferendo una soluzione bidimensionale coloratissima, cartoonesca e, soprattutto, enormemente rispettosa delle sue origini. Ogni schermata è un piccolo gioiello fatto di dettagli curati, animazioni eccellenti, sprite dettagliati e riferimenti che trasudano la passione smodata degli sviluppatori e che i più vecchierelli, quelli che c'erano ai tempi degli altri Wonder Boy, si divertiranno a riconoscere e apprezzare. Ciascun dialogo e ogni comprimario partecipano a concretizzare questo buffo mondo in cui lo zio Nabu, apparentemente impazzito, o forse soltanto ubriaco, ha scagliato maledizioni a destra e a manca, trasformando gli abitanti in animali antropomorfi.
Uno di loro è Jin, il nipote, il "ragazzo meraviglia" che, divenuto un maiale coi mutandoni e la benda sull'occhio (don't ask) dovrà trovare un rimedio a questo casino prima che lo zio ci rimetta la pelle, visto che il re e i suoi sudditi sono giustamente piuttosto incazzati. Jin, nella forma di un maialino, non può impugnare spada e scudo, ma solo pestare interruttori con le grosse chiappe, fiutare tracce nascoste e usare tutta una serie di gadget e magie che comprendono boomerang, bombe, fulmini, palle di fuoco e piccoli tornado. Queste abilità si apprendono via via che si affrontano le prime fasi di gioco e si mettono subito al servizio di una struttura che ricorda i "metroidvania", un genere che in un certo senso ha contribuito a delineare proprio quel Wonder Boy III sul finire degli anni '80: gli incantesimi risolvono rompicapi ambientali che si fanno gradualmente più intricati e che talvolta obbligano il giocatore a tornare sui suoi passi. Il vero gioco, tuttavia, comincia solo quando Jin mette le mani sulla prima delle cinque sfere che potrebbero aiutarlo a spezzare la maledizione e che gli conferisce la capacità di assumere la forma di un serpentello:
è in quel momento che Monster Boy and the Cursed Kingdom comincia finalmente a esprimere tutte le sue potenzialità. Ogni nuova area nella gigantesca mappa di gioco mette alla prova tutte le abilità apprese fino a quel momento e obbliga il giocatore a cambiare forma al volo e pressoché continuamente per risolvere i rompicapi di turno e proseguire nell'esplorazione. Jin il serpentello può aderire alle pareti vischiose, sputare veleno e infilarsi nei cunicoli più stretti, mentre la forma di rospo consente finalmente di impugnare nuovamente le armi, ma anche di afferrare leve e sporgenze con la lingua elastica. La forma leonina garantisce una forza prodigiosa che permette di sfondare i muri a spallate, mentre la forma draconica consente di raggiungere piattaforme precedentemente inaccessibili grazie a un bel paio di ali che fanno comodo, nelle ultime fasi di gioco, anche per setacciare ogni angolo della mappa. Quello di Monster Boy and the Cursed Kingdom è infatti un mondo pieno di segreti fin dalle primissime battute, che siano scrigni e porte nascoste o percorsi alternativi che rimandano a poteri futuri e suggeriscono di tornare in un secondo momento, magari grazie ai comodi portali.
Il moltiplicarsi delle forme che Jin può assumere conduce alla progressiva stratificazione di un level design intelligente e fantasioso che nelle ultime battute arriva forse a incartarsi un po' su sé stesso per la voglia di stupire e mettere il giocatore alla prova a tutti i costi. Nonostante l'aspetto fiabesco e l'introduzione cantata - in inglese e in giapponese - che ricorda i cartoni animati della domenica mattina, Monster Boy and the Cursed Kingdom è un titolo che talvolta sa essere brutalmente difficile nella disposizione dei nemici e nelle sequenze platform più intricate. I boss, spesso giganteschi e divisi in molteplici fasi con tanto di rompicapi di mezzo, potrebbero essere gli ultimi dei vostri problemi. In tal senso, il sistema a checkpoint funziona bene: non esiste il Game Over e questi punti di autosalvataggio sono diluiti in modo intelligente all'interno delle mappe per non obbligare il giocatore a ripetere faticosamente i segmenti più complicati.
I negozietti sparpagliati qua e là consentono di ricaricare i cuori e fare rifornimento di gadget e incantesimi, ma ogni cosa ha un costo e questo, nelle ultime battute dell'avventura, potrebbe richiedere una certa dedizione al farming di monete d'oro. Game Atelier ha infatti sviluppato anche una sottile componente GDR, riempiendo il gioco di armi, armature e oggetti dai poteri più disparati che, in alcuni casi, servono persino a risolvere alcuni rompicapi. La spada di ghiaccio congela l'acqua trasformandola in piattaforme su cui camminare, gli stivali di piombo impediscono al vento o alla corrente di trascinarci via, gli scudi riflettono diversi tipi di proiettili, ci sono armature immuni a diversi elementi, stivali che fluttuano, stivali che consentono un doppio salto e così via. Praticamente ogni pezzo di equipaggiamento cambia l'aspetto dello sprite che lo indossa e per di più può essere potenziato dal fabbro, consumando le gemme apposite per sbloccare bonus e poteri secondari che magari garantiscono l'accesso a nuove zone in cui si nascondono altri tesori.
Quello di Monster Boy and the Cursed Kingdom è un sottile gioco a incastro, un enorme mosaico in cui i vari tasselli si congiungono con una perfezione incantevole, andando a disegnare un'avventura che dura circa dieci ore, qualcosa di più se ci si impegna a spulciare la mappa in cerca di ogni collezionabile possibile, che siano i potenziamenti delle magie, i cuori aggiuntivi o gli spartiti di Ollie il musicista. Il titolo Game Atelier non è lunghissimo, insomma, ma coinvolge dall'inizio alla fine, non lascia mai il giocatore con le mani in mano e anzi lo accompagna continuamente ad affrontare nuove sfide sulle note di una colonna sonora straordinariamente ricca che hanno composto talenti del calibro di Motoi Sakuraba, Michiru Yamane e Yuzo Koshiro, riarrangiando affettuosamente i motivetti iconici della serie.
Conclusioni
Monster Boy and the Cursed Kingdom è stato una piccola rivelazione: il titolo Game Atelier è un gioiellino che dà lezioni di level design ai tripla A più blasonati con una fedeltà e un rispetto per l'opera originale di Nishizawa che non deforma ma anzi arricchisce il franchise, proiettandolo nel presente senza dimenticare la tradizione. È un gioco pieno di luci, Monster Boy and the Cursed Kingdom, dove le ombre di qualche piccolo momento di frustrazione si perdono in un trionfo di colori, umorismo e fantasia.
PRO
- Level design stellare
- Bellissimo da vedere sia sulla TV che in modalità portatile
- Enorme varietà di situazioni
CONTRO
- Alcuni passaggi sono particolarmente frustranti
- Qualche piccolo bug