Gli Owlcat Games sono una software house con una missione: creare GDR classici costruiti attorno al set di regole di Pathfinder. E, sia chiaro, avere una sorta di "sacro incarico" è il più delle volte una mossa brillante nel difficile mondo dello sviluppo, perché porta i team a concentrare tutte le proprie forze su progetti precisi senza voli pindarici di sorta. Peccato che, anche con tutta la buona volontà del mondo, il traguardo di questo talentuoso gruppo di programmatori non sia propriamente dei più facili da raggiungere. Il sistema di Pathfinder è infatti una rielaborazione (poderosa) delle già complesse regole del Dungeons & Dragons carta e penna che, pur offrendo un quantitativo enorme di materiale su cui basarsi, non risulta mai propriamente semplice da adattare in forma digitale.
Eppure gli Owlcat si sono dimostrati dei veri cultori di quell'universo e il loro primo titolo, Pathfinder: Kingmaker, è risultato abbastanza valido da portare sia una sua ottima riedizione che a un seguito finanziato alla grande su Kickstarter di nome Pathfinder: Wrath of the Righteous. C'è solo un piccolo inciampo: Kingmaker, anche nella sua Enhanced Edition, è tutt'oggi un gioco con parecchie magagne tecniche e di bilanciamento, che gode della sua fama prevalentemente per la sua enormità e la capacità di coccolare gli amanti delle build elaborate e dei sistemi "rompibili".
Tutto buono e giusto considerando le sue radici, ma con Wrath of the Righteous gli Owlcat saranno riusciti a fare un balzo di qualità capace di far superare alle loro creature questa natura di nicchia, o l'avranno abbracciata completamente? E soprattutto, siamo davanti a un titolo finalmente solido e stabile dal punto di vista tecnico, o a un videogioco più ballerino dei suoi predecessori? Oggi cerchiamo di spiegarvelo, in una lunga recensione di Pathfinder: Wrath of the Righteous.
Narrativa: più mitico che epico
Esattamente come Kingmaker, Wrath of the Righteous è costruito sullo scheletro di un enorme Adventure Path di Pathfinder, in pratica grossi scenari aggiornati mensilmente da Paizo (l'azienda dietro a Pathfinder, appunto), che i master possono utilizzare per offrire epiche avventure ai giocatori dell'edizione cartacea. La scelta di Wrath of the Righteous è tuttavia estremamente più ambiziosa rispetto al comunque già notevole Kingmaker. Parliamo di un'avventura ambientata in una fase mostruosamente importante del background narrativo del mondo di Golarion, che narra le scorribande di un gruppo di avventurieri impegnato a combattere una poderosa crociata contro le forze demoniache dopo l'apertura della cosiddetta Worldwound (una catastrofica "ferita" nel mondo da cui i demoni hanno iniziato la loro invasione dopo la morte del dio Aroden).
La trama, ovviamente, è stata in larga parte rimaneggiata con qualche interessante colpo di scena incentrato sulla natura del protagonista, che compare a casaccio nella città di Kenabres poco prima di un'invasione del potentissimo lord dei demoni Deskari, e scopre di lì a poco di poter assorbire l'essenza di oggetti appartenuti a creature di enorme potere. Nel complesso l'abbiamo però trovata meno ispirata rispetto a quella di Kingmaker. D'altronde Wrath of the Righteous è una campagna pensata più per offrire un'esperienza titanica ricca di eventi che una storia sopraffina, e non siamo quindi stupiti del fatto che sia leggermente meno riuscita nella narrazione principale, ma più apprezzabile nelle singole quest e nella caratterizzazione dei vari personaggi incontrati.
Qua tutto accade in funzione del gameplay e dello sviluppo del proprio alter ego e dei suoi alleati. Le scelte fatte hanno a volte un effetto significativo su chi ci si porta appresso e sulla vostra crescita, e in generale ci sembra una soluzione perfettamente adatta all'opera che gli Owlcat volevano creare. Sì insomma, approcciate il gioco senza aspettarvi un assoluto capolavoro di narrativa fantasy e rimarrete piacevolmente soddisfatti.
Progressione: il bilanciamento è per i deboli
Partiamo dai fondamentali, perché come detto in precedenza questo gioco è costruito sul set di regole originale di Pathfinder, pertanto parliamo di una variazione dell'edizione 3.5 di Dungeons & Dragons, con alcune modifiche ai sistemi e un numero a dir poco smodato di classi e variabili tra cui scegliere. E quando parliamo di "numero smodato" non stiamo esagerando: Wrath of the Righteous vi offre 25 classi base, ognuna con sei archetipi (spesso notevolmente diversificati tra loro), più un discreto numero di classi di prestigio ottenibili una volta raggiunti certi prerequisiti, con peraltro la possibilità di diventare un personaggio multiclasse ad ogni passaggio di livello. Ci sono ovviamente dei personaggi già settati dal team da selezionare se non si vuole impazzire, ma un amante delle statistiche e delle build rischia di passare ore nella creazione e nello sviluppo del suo personaggio, senza contare che anche i numerosi compagni che si trovano qua e là sono specializzabili a piacere.
In pratica, l'opera degli Owlcat è un sogno bagnato dei cosiddetti "minmaxer" (coloro che portano al limite i sistemi di progressione di un titolo massimizzando l'efficacia dei personaggi), un gioco che spinge da subito l'acceleratore sulle possibilità di sviluppo dei protagonisti per offrire ogni genere di folle combinazione; eppure, incredibilmente, gli eccessi in questo campo non finiscono qui. Wrath of the Righteous è difatti una campagna pensata per offrire al giocatore anche i cosiddetti "Mythic Path": dei livelli paralleli ai venti livelli normali, capaci di sbloccare abilità che gridano vendetta davanti al dio del bilanciamento. Tali rami di sviluppo sono sbloccabili solo con il completamento di alcune quest (alcuni vengono offerti molto facilmente, per altri l'ottenimento è molto più convoluto), hanno sinergie enormi con determinate classi, ed è persino possibile sbloccarne di avanzati a campagna inoltrata (sostituiscono quelli selezionati precedentemente, nel caso), con tanto di eventi e compagni direttamente legati ad alcuni di loro. Una follia praticamente impossibile da bilanciare, che infatti gli Owlcat hanno lasciato un po' a sé stessa.
Seguendo, infatti, la curiosamente solida filosofia del "se tutto è enormemente sbilanciato il gioco si bilancia da solo", gli sviluppatori hanno messo in campo combinazioni di poteri e abilità assurde, e la possibilità di resettare lo sviluppo dei propri personaggi senza costi, proprio per andare incontro ai voleri della fanbase più hardcore. Non c'è quindi nel gioco un capitolo in cui non potrete riadattare la vostra progressione e la vostra strategia (basta parlare con uno specifico personaggio non giocante per il "respec"), e vi assicuriamo che la cosa risulta una manna per chiunque oserà affrontare le difficoltà più elevate che il titolo offre.
Gameplay: molto più duro più del balduro.
I mostri del gioco dopotutto sono inseriti nelle varie zone in base al livello che dovreste avere in quel momento, e sono spesso posizionati nei vari quadri con raro sadismo, che può portare a dover eliminare enormi gruppi di nemici capaci di infliggere status, subito dopo aver affrontato ore di battaglie in grado di consumare tutte le vostre risorse (riposare le ricarica, ma se esagerate vi beccherete un malus legato alla corruzione che vi renderà praticamente inermi). Alla difficoltà normal le cose risultano ancora gestibili, seppur sensibilmente più brutali rispetto al 90% dei GDR in commercio, ma a quelle più alte le cose prendono pieghe folli, che richiedono una gestione perfetta delle classi e una conoscenza eccezionale delle migliori abilità disponibili, poiché l'unico modo per superare certi ostacoli diventa letteralmente rompere il sistema.
Poteva esser tutto più equilibrato? Assolutamente sì, e ammettiamo che certe scelte ci hanno fatto storcere il naso. Nel complesso, però, tutto funziona paradossalmente in modo più che degno, adattandosi quasi ad ogni tipo di giocatore di GDR. Vogliamo giusto darvi un consiglio amichevole: non abbiate paura di abbassare la difficoltà se le cose si fanno troppo ostiche (e avete puntato troppo in alto con il livello di sfida iniziale), è una scelta che può salvare la vostra sanità mentale.
Per quanto riguarda il sistema di gioco, invece, siamo davanti a un misto di meccaniche già visto in Kingmaker, e per l'esattezza nella sua ultima edizione (il base aveva questa opzione solo grazie al modding): è possibile usufruire di un impronta a là Baldur's Gate con pausa tattica e combattimenti in tempo reale - e azioni comodamente indicate da dei timer su ogni personaggio - oppure scegliere una comodissima modalità a turni, più vicina al regolamento reale di Pathfinder e molto più comoda per fare scelte strategicamente solide senza errori di sorta. Sinceramente, noi consigliamo sempre la modalità a turni per godere al massimo delle battaglie, tuttavia tenete a mente che Wrath of the Righteous contiene alcuni scontri prolungati, e in quei casi tale scelta rischia di allungare pesantemente un titolo dove la longevità è già spaventosa (il centinaio di ore per il completamento è tutt'altro che difficile da raggiungere).
Struttura: una crociata lunga un secolo
Già, perché siamo davanti a un'opera in più atti, tutti estremamente longevi, dove le cose iniziano con una struttura piuttosto comune (completa quest, risolvi puzzle, ammazza nemici), per poi aprirsi a un misto di esplorazione della mappa del mondo, strategia ed elementi gestionali.
Accadeva anche in Kingmaker, lo ben sappiamo, ma stavolta le cose sono un po' diverse, e prive di fastidiosi timer. Se nella prima opera degli Owlcat infatti dovevate completare dei compiti da regnante entro alcuni giorni, qua verrete messi a capo delle forze dei crociati quasi subito, e ve la vedrete costantemente con l'avanzata dei demoni in fasi gestionali distinte (senza i giorni contati, per fortuna), che cominciano con il semplice reclutamento di piccoli eserciti e si evolvono poi in un più elaborato sistema di costruzione edifici nei centri abitati e gestione di vari avvenimenti (per lo più tramite scelte politiche dirette).
Nel complesso, una soluzione meno pressante rispetto al predecessore, ma solo marginalmente migliore. Le battaglie tra eserciti ricordano infatti una versione semplificata di Heroes of Might and Magic, dove tutto si riduce alla potenza delle truppe in campo, e certe unità bastano e avanzano a fare a brandelli la maggior parte delle armate nemiche se in numero sufficiente. Come prevedibile, nonostante all'inizio gestire la crociata in questo modo sia piuttosto spassoso, ci vuole poco perché la noia si faccia sotto, e gli scontri tra truppe inizino a spezzare il ritmo in modo abbastanza fastidioso. Per carità, è presente una funzione "crociata automatica" per eliminare il tutto, ma nel terzo atto porta a perdere vari elementi interessanti della narrativa, e quindi la sconsigliamo. Se non altro, rappresenta un passo avanti rispetto al passato e non rovina più di tanto l'esperienza.
Comparto tecnico: uccidiamo i demoni, mica i bachi
La crescita di Owlcat dal punto di vista tecnico è evidente da subito in questo nuovo Pathfinder. Il gioco sfrutta sempre Unity, ma i modelli dei personaggi sono sensibilmente più dettagliati, e le ambientazioni più varie e ispirate. Le migliorie tecniche hanno portato anche a un leggero avvicinamento della telecamera, a cui in realtà ci si abitua abbastanza in fretta (anche in virtù delle mappe globali molto chiare e della possibilità di ruotare la visuale a piacere).
Anche dal punto di vista del sonoro il gioco è migliorato sensibilmente. Le musiche sono spesso ottime e selezionate per adattarsi all'atmosfera epica della campagna, e il doppiaggio è di qualità più che degna (anche se non è completo, vista la mole impressionante di dialoghi).
Il problema qui, ancora una volta sono i bug: infinitamente meno preoccupanti rispetto alla prima edizione di Kingmaker (che al lancio era un disastro), ma comunque potenzialmente irritanti, senza contare un paio di eventi abbastanza gravi che hanno parzialmente rovinato la nostra prima run. Prima dell'arrivo di una grossa patch correttiva (si parla di circa 11 giga), infatti, abbiamo purtroppo assistito alla sparizione di un NPC che ci ha impedito di completare alcune quest secondarie necessarie per sbloccare uno dei Mythic Path più spassosi (quello degli Azata, per l'esattezza). In una campagna ripetuta con gli stessi eventi e la stessa classe dopo la patch il problema non è ricomparso, ma non sono spariti tutta una serie di bug minori più o meno fastidiosi. Si passa da azioni che di rado non connettono durante la modalità a turni, ad alcuni nemici che non possono venir colpiti al momento dello spawn, passando per elementi dell'interfaccia che diventano illeggibili e nemici minori e compagni che improvvisamente scompaiono (e no, non perché usano l'invisibilità purtroppo).
Lo sottolineiamo prima di far preoccupare eccessivamente chi vuole acquistare il gioco: la maggior parte di questi bug sono minori, facilmente risolvibili e aggirabili, e dopo la patch fortunatamente nulla ha più bloccato la nostra progressione o rovinato le questline principali, ma gli Owlcat sono comunque un team piccolo che con Wrath of the Righteous ha cercato di creare un GDR titanico, e magagne più gravi sono assolutamente possibili in partita. Salvate spesso e su slot multipli, non si sa mai. Ah, un'ultima precisazione: il gioco ha varie lingue oltre all'inglese, ma non l'italiano, e vi è davvero un oceano di testo da leggere.
Conclusioni
Un GDR titanico, che offre infinite possibilità di sviluppo dei personaggi, e una campagna di rara epicità. Il fatto che siano rimasti alcuni dei difetti del suo predecessore - in primis fasi gestionali non eccelse che spezzano il ritmo, problemi di bilanciamento dei nemici, e qualche bug minore di troppo - gli impedisce di essere un capolavoro del genere, ma per un amante delle statistiche e delle build si tratta di una gemma imperdibile, e la sua complessità lo rende adatto a qualunque fan della vecchia scuola. Un altro bel passo avanti degli Owlcat.
PRO
- Enorme e ricchissimo di contenuti
- Respec liberi e sistema di progressione favoloso per chi ama statistiche e classi complesse
- Personaggi curati e ambientazione affascinante
CONTRO
- La fase gestionale e quella strategica non brillano particolarmente
- Un bel po' di bug
- Problemi di bilanciamento dei nemici, con picchi di difficoltà brutali anche per gli esperti