Pensando agli anni '90 e all'avvento dei CD-Rom, il primo nome che viene in mente è sicuramente Myst di Cyan Worlds, probabilmente il titolo che più di tutti contribuì alla diffusione dei nuovi supporti, che ormai sono storia di loro. Asciugandolo all'osso, era un'avventura punta e clicca, ma sfruttava in modo così intenso le nuove tecnologie, forte anche di una direzione artistica ispiratissima, da essere riuscito ad attirare l'attenzione di milioni di persone. Myst ti catapultava letteralmente in un mondo unico, fatto di strani meccanismi e atmosfere evocative. Sembrava di trovarsi in una scatola magica grande come un'isola.
Nonostante l'indubbia importanza dell'esperienza originale, per molti la massima espressione di quel modo di concepire i videogiochi fu però Riven, il seguito ufficiale di Myst. Era ambientato nello stesso mondo, ma ne ampliava l'immaginario e le implicazioni, trasformando una storia di rapimento in una lotta filosofica contro un meccanismo enorme che si dipanava su più isole. Le maggiori risorse impiegate, la fantastica atmosfera e l'intelligenza dei puzzle rendevano Riven un'esperienza unica, a suo modo "sacra", tanto che quando Cyan Worlds ne ha annunciato il remake l'anno scorso, molti hanno temuto per il peggio. Fortunatamente l'operazione è stata condotta in modo così intelligente e raffinato, da aver prodotto un altro capolavoro, che può affiancarsi senza timori reverenziali all'originale.
La stessa visione
Attualmente Cyan Worlds è la più vecchia software house indipendente degli Stati Uniti (fu fondata nel 1987 occupandosi inizialmente di avventure per bambini). Nonostante gli alterni successi, Rand Miller, l'unico dei due fratelli che l'hanno fondata a essere rimasto nella compagnia (Robyn si è dato al cinema), non ha mai voluto vendere.
Gli ultimi anni, quelli degli splendidi quanto poco citati Obduction e Firmament, hanno visto un progressivo recupero che, pur non facendola mai tornare ai fasti degli anni di Myst, le hanno permesso di lavorare con una certa serenità al remake di Riven, un progetto sentitissimo da Rand Miller, messo in cantiere solo nel momento in cui le moderne tecnologie hanno reso possibile trasportarlo in 3D senza fargli perdere le atmosfere originali, atmosfere che si respirano non appena si avvia il gioco e si assiste all'introduzione, in cui ci viene consegnato un libro importantissimo che ci sarà rubato subito dopo da uno strano personaggio.
Dopo qualche ora passata a risolvere puzzle, molti dei quali simili a quelli dell'originale, ma cambiati il giusto per renderli meno prevedibili, ci siamo ritrovati a sovrapporre i due giochi mentalmente, tanto da essere stati costretti a riavviare il Riven del 1997 per capire meglio cosa avevamo di fronte.
In questo modo abbiamo compreso quanto il lavoro fatto sul remake sia stato profondo, ossia quanta cura sia stata posta nel ricreare l'esperienza di gioco in modo da non fargli perdere il fascino che la caratterizzava, mantenendo inalterata la visione originale. Proprio quella che a un certo punto ci è sembrata un'ovvietà è diventata improvvisamente il pregio maggiore dell'intera esperienza, ossia la consapevolezza di non aver fatto alcuna fatica a riconoscere Riven in Riven. Ci siamo ritrovati di nuovo in un mondo surreale e fuori dal tempo, fatto di edifici enormi pieni di strani meccanismi da decodificare, in cui tutto ci è apparso nuovo ma al contempo familiare.
Realizzato con Unreal Engine, abbiamo giocato Riven sia su Steam Deck, sia su un sistema dotato di una GeForce RTX 3070, trovandolo in ogni caso splendido. Non che sia particolarmente ricco dal punto di vista poligonale, ma l'eccellente composizione degli scenari, nonché la paletta dei colori che regala ad alcuni luoghi un aspetto metafisico, hanno reso un piacere (ri)visitarlo.
Criptico
Riven riesce a trasmettere lo stesso senso di straniamento di allora. All'inizio non ci viene detto praticamente nulla. Non ci viene spiegato nemmeno come interagire con lo scenario. In realtà l'interfaccia è davvero semplice, basata com'è su di un cursore contestuale che si adatta all'oggetto con cui stiamo interagendo, ma l'effetto iniziale, ampiamente ricercato, è quello di essere sperduti in un luogo ameno di cui non sappiamo niente.
Ci troviamo su di un'isola e abbiamo intorno delle strutture monolitiche silenti e misteriose. Ci hanno rubato il libro, ma dov'è andato il ladro? Soprattutto: chi è? Facciamo qualche passo e ci troviamo di fronte a una specie di santuario. Premiamo un grosso pulsante e l'edificio ruota su sé stesso, aprendo l'accesso a un tunnel sotterraneo. Perché? Non lo sappiamo.
Decodificare ciò che ci circonda e capire perché questo mondo sta morendo è parte integrante dell'esperienza che, essendo in qualche modo circoscritta, non ci manda mai alla deriva, ma ci coinvolge svelando i suoi elementi gradualmente, a volte suggerendoci cosa fare in modo implicito, altre ingannandoci per farci ammirare la sua costruzione perfetta. Abituati ai giochi moderni, qualcuno potrebbe considerare la mancanza di una guida iniziale come un problema. In realtà proprio l'essere gettati nell'avventura rappresenta buona parte del suo fascino: abbiamo da subito la percezione degli ingranaggi che regolano il mondo, ma dobbiamo trovare il modo di farli muovere.
Esploratori
Riven ci trasforma quindi in esploratori che guardano da ogni finestra ed esaminano con attenzione maniacale ogni struttura che si trovano innanzi, anche quelle apparentemente non interattive, con lo scopo di trarre qualche indicazione per andare avanti, oppure solo per riuscire a ricostruire parte della storia che stanno vivendo.
Viene da pensare che un eccesso di verbosità nella scrittura, ossia troppe spiegazioni spiattellate al giocatore, lo avrebbero letteralmente distrutto, lì dove comunque non si ha mai l'impressione di essere bloccati da mancanze del design di gioco. In questo Riven non è cambiato: è un'esperienza allo stesso tempo riflessiva e contemplativa, in qualche modo sublime nel suo voler sfuggire alla comprensione immediata. Ha un suo ritmo, va detto molto lento, funzionale nel lasciare al giocatore il tempo di riflettere, oppure semplicemente di mettersi ad ammirare l'orizzonte, osservando da lontano un'altra strana isola di cui ancora non si sa niente, comunque consapevoli che fa parte del tutto e avrà sicuramente un suo scopo nel puzzle che stiamo componendo. In questo senso torna particolarmente utile il taccuino, che consente di tenere traccia di tutto, facendoci disegnare anche delle immagini, come se fossimo degli scienziati che prendono appunti sul luogo meraviglioso e inaspettato in cui si trovano, cercando di razionalizzarlo.
Certo, Riven richiede anche un grosso impegno. I suoi puzzle non sono per nulla facili da risolvere. Cyan ha distribuito in giro più suggerimenti di quanti ce ne fossero nell'originale, ma arrivare alla fine rimane comunque un'impresa, tra macchinari da attivare, ponti da collegare e quant'altro. In questo senso è un'avventura punta e clicca davvero intransigente. Del resto se i puzzle fossero stati di facile risoluzione, il ritmo sarebbe andato a farsi benedire e il giocatore avrebbe potuto sfrecciare da una parte all'altra senza curarsi di ciò che lo circonda. Così, invece, rimane sempre sul chi vive ed è più portato a considerare i dettagli, osservando accuratamente ogni cosa, riuscendo infine ad avere un quadro più completo della situazione... che in fondo è l'obiettivo che si pone l'intero gioco.
Conclusioni
Riven è semplicemente uno dei migliori remake degli ultimi anni, per come riesce a trasportare in tre dimensioni un titolo originariamente basato su tecnologie completamente diverse. Si tratta di un lavoro egregio, che non perde un'oncia del fascino dell'opera da cui nasce ma che, anzi, la modernizza in modo intelligenze e compiuto, senza mai farla rimpiangere. Se vogliamo è una vera lezione sul mondo in cui si dovrebbero rileggere i classici del passato.
PRO
- Un remake 3D perfetto
- Puzzle ben congegnati
- Atmosfere incredibili
CONTRO
- Alcuni puzzle sono effettivamente molto ostici