Con la recensione del primo capitolo di Tell Me Why abbiamo mosso i passi iniziali nelle vite di Alyson e Tyler Ronan, i due gemelli rimasti separati per dieci anni a causa della tragica morte della madre e infine riunitisi per dare un taglio al passato che ancora li tormenta. Dontnod non è estranea ai temi delicati e questa volta ha deciso di concentrarsi sull'introduzione di un personaggio transgender (Tyler) per dare a modo suo un contributo alle battaglie volte al riconoscimento ma soprattutto all'accettazione delle persone LGBTQ+. Sotto questo profilo, il team di sviluppo francese torna a dimostrare quella sensibilità e delicatezza presentati, seppur in chiave diversa, con l'originale Life is Strange e che invece erano andati perdendo con il suo sequel - compiendo non pochi passi falsi nella caratterizzazione dei personaggi e, di conseguenza, nella messa in scena della storia. Con Tell Me Why invece si riscopre il gusto di sfogliare i personaggi e imparare a sostenerli, comprenderli ma anche a criticarli proprio in virtù di quelle sfumature che li rendono più vicini a noi: dunque, umani. Scoprite nella recensione completa se Dontnod ha saputo tornare ai suoi fasti oppure no.
Ritorno a Delos Lake
Parlando del primo episodio abbiamo avuto modo di sottolineare la profonda caratterizzazione tra i pregi, affiancato da un comparto grafico che finalmente abbandona gli spigoli grezzi dei precedenti Life is Strange per tornare ad abbracciare quello stile realistico già adocchiato in Vampyr e qui migliorato ulteriormente. Siamo di fronte a personaggi espressivi, in grado di veicolare uno stato d'animo con un semplice aggrottare delle sopracciglia o una contrazione delle labbra, quando non con uno sguardo che spesso parla più della voce. E proprio la Voce, con la v maiuscola, è un aspetto fondante dei giovani Ronan, che come ogni protagonista dei videogiochi Dontnod hanno dalla loro un potere speciale (forse il vampirismo è da vedersi più come una maledizione ma sempre sovrannaturale è): è stato infatti deciso di dare forma a quel legame che due persone, in quanto gemelle, si dice condividano e tra le peculiarità di Alyson e Tyler troviamo la possibilità di comunicare telepaticamente. Un potere che gioca un ruolo attivo durante tutti e tre i capitoli, permettendo un dialogo silenzioso tra i due in grado di sbloccare eventuali nuove risposte durante una conversazione con altri personaggi. Nulla che vada davvero ad alterare gli equilibri di Tell Me Why, ma trattandosi di un'avventura narrativa dove il gameplay tende a non espandersi più di tanto, è un'aggiunta molto in linea con la personalità dei due fratelli. Oltre alla Voce, ed è questo l'aspetto più importante, sono anche in grado di rievocare ricordi non appena provano un'emozione molto forte: sarà proprio questo a permettere di scavare in quel passato che devono e vogliono affrontare ma di cui hanno memorie confuse, a tratti contrastanti. In questi casi ci verrà chiesto di scegliere a chi dei due dare credito, una decisione che pesa soprattutto sul rapporto fra Alyson e Tyler senza andare ad alterare in maniera significativa la storia. A vivacizzare un gameplay ormai consolidato troviamo piccoli enigmi la cui soluzione è sempre contenuta all'interno del Libro dei Goblin che portiamo con noi, a patto di saper leggere tra le righe: un espediente simpatico per mettere più alla prova le nostre meningi rispetto alla solita esplorazione.
Sempre nel primo capitolo abbiamo sottolineato una struttura dei dialoghi che inizia a farsi stucchevole per via del suo essere "a compartimenti stagni", lasciando l'idea di assistere più a una conversazione fra automi che fra esseri umani: per fortuna con il procedere della narrazione la situazione, pur non sparendo del tutto, diventa meno pressante dando spazio a conversazioni fluide e piacevoli da affrontare. A lasciarci maggiormente scettici è stato soprattutto il ritmo del capitolo introduttivo, molto lento e focalizzato sul personaggio di Tyler per consentirci di entrare meglio nei suoi panni, se non capendo quantomeno vivendo il suo tormento interiore, il timore di aprirsi agli altri e mostrarsi per chi è davvero. Se da un lato la scelta valorizza la caratterizzazione, dall'altro tira il freno sulla narrazione, che si trascina fino a una conclusione prevedibile e priva di mordente che solo nell'introduzione di un personaggio molto surreale stuzzica l'interesse.
Una narrazione di alti e bassi
Arriviamo così al secondo e terzo capitolo, che rappresentano rispettivamente il punto più alto e più basso raggiunto da Tell Me Why: in Segreti di Famiglia assistiamo a un'impennata della storia, che si prende comunque il proprio tempo per lavorare sull'introspezione dei personaggi ma lascia molto più margine alla narrazione vera e propria, quella che alla fine conta davvero perché, non smetteremo mai di citare Frank Miller, "senza una storia tutte le tue belle inquadrature e i tuoi fantastici disegni non servono a niente". I personaggi possono essere sfaccettati e profondi a livelli mai visti prima, se però non riesci a inserirli in un contesto coinvolgente e coerente è lavoro sprecato; proprio per questo motivo, il secondo episodio gestisce bene quel ritmo e quell'immersione dei quali il precedente difettava, portando la trama non solo avanti ma anche verso lidi potenzialmente interessanti. Come sempre, è difficile intavolare un discorso articolato su un gioco che fa della narrazione il suo cardine senza rischiare di spifferare qualcosa di troppo. In ogni caso, questo secondo atto chiude alcune piccole parentesi tra i gemelli e i pochi personaggi presenti, riuscendo nel frattempo a dosare le informazioni sulla trama quanto basta per incuriosire fino a toccare il picco, lì dove le crepe non ancora sanate si allargano fino ad arrivare a un punto di rottura. C'è dunque un trampolino di lancio pronto per far decollare un'ultima volta la storia, lasciandola poi planare delicata verso la sua quasi certamente toccante conclusione.
Proprio qui, invece, è dove Dontnod compie il passo falso più grande, dimostrando che quando si tratta di lavorare sulle singole parti (come ad esempio la caratterizzazione dei personaggi) riesce a destreggiarsi bene; nel momento in cui però questi frammenti devono ricomporsi nel quadro completo ecco che la presa inizia a farsi meno salda, gli intrecci si sfilacciano e la trama, tentando di forzare in continuazione quell'effetto "wow" nel giocatore, inciampa su se stessa mettendo carne al fuoco che poi viene lasciata a bruciare e annerirsi o, ancora più semplicemente, non si sentiva necessaria. Eredità è quel capitolo il cui compito sarebbe di mettere un punto e invece finisce con il lasciare una sbavatura, mostrando il fianco alla stessa prevedibilità del primo capitolo con l'aggravante di spingere verso una scelta finale da parte del giocatore molto incoerente con il resto della narrazione: se nei primi due Life is Strange veniva caricata sulle nostre spalle una grande responsabilità - nel primo più diretta, nel secondo dovuta invece alla somma delle scelte compiute durante il viaggio - qui si punta verso una deresponsabilizzazione dei gemelli e delle loro azioni, lasciando a noi il compito di decidere se quanto accaduto in passato sia vero o meno.
Peccato che gli indizi disseminati soprattutto lungo il corso del terzo episodio puntino in una direzione ben definita: far scegliere ad Alyson e Tyler, per mano nostra, di voltare le spalle alla verità, non prenderne atto nonostante tutto, potrebbe voler sottolineare la debolezza umana ma alla fine va a creare un cortocircuito per il quale non c'è logica dietro questa scelta. I protagonisti scelgono di affrontare la verità, quale essa sia, la stessa che nel corso di un intero gioco abbiamo inseguito, solo perché ci venga data alla fine la possibilità di gettare tutto al vento e seppellirla assieme a quel passato che tanto li ha tormentati. La sensazione è che cerchi in qualche modo di giustificarli e in una narrazione non esiste nulla di peggio del giustificare qualcuno, a prescindere dall'azione compiuta. Come già detto, l'insieme di informazioni, talvolta inutili, abbinate alla prevedibilità dei colpi di scena (figlia di un cast di personaggi ridotto e, sebbene caratterizzato, troppo netto per lasciar spazio a dubbi su chi faccia cosa) porta a un non finale: una conclusione che non ha il coraggio di chiarirsi, dando un'identità precisa alla storia, preferendo lasciare a noi il compito.
Diverse occasioni sprecate
Dontnod cerca di sfruttare i ricordi disallineati di Alyson e Tyler per spingerci a dubitare dei fatti, quando in realtà proprio questi fatti stessi raccontano un unico scenario plausibile. Non si tratta di mettere in discussione gli avvenimenti, quanto di decidere se affrontarli a testa alta o meno: scelta che cozza con la caratterizzazione dei gemelli, ciascuno con le sue fragilità ma allo stesso tempo forti abbastanza da vincere loro stessi, la sicura convinzione in cui hanno vissuto per dieci anni, e scavare fino in fondo. Si tenta di sfruttare un "antagonista" senza alcun mordente ed è anche questo il problema maggiore, non avergli dato quello spessore necessario a essere davvero un ostacolo: il confronto con i gemelli è tra le parti peggiori della sceneggiatura. Laddove gli autori hanno provato di saper riprendere le redini della caratterizzazione, se non di tutti almeno della maggior parte dei personaggi, nel momento in cui si è dovuto mettere assieme il puzzle hanno prestato ancora una volta il fianco con una storia che sembra esser stata pensata a pezzi, anziché come un elemento unico da poi suddividere.
Permangono delle perplessità sulla scelta di introdurre un protagonista transessuale non tanto per una questione di politically correct, dubbio iniziale per fortuna dissipato, quanto perché al di là del fatto di averlo trattato con molta delicatezza e rispetto, non ha un vero motivo di esistere in quanto tale: Tyler si guarda continuamente allo specchio, in senso figurato, riflette molto su sé stesso e i suoi dilemmi interiori ma non si confronta con il mondo esterno perché, di base, non c'è un mondo esterno con il quale confrontarsi. Tutti sono comprensivi e gentili verso di lui (qui pesa molto la scelta furba di averlo ambientato in un paesino di poche anime e aver inserito un numero esiguo di personaggi), la massima mancanza di rispetto che abbiamo riscontrato è stata la confusione da parte di uno dei comprimari fra transgender e travestito - qualcosa che in un dimenticato angolo dell'Alaska risulta come minimo comprensibile.
Tell Me Why parte con un focus molto preciso su Tyler, al punto da legarlo a doppio filo con gli eventi passati dando a intendere che la madre abbia tentato di ucciderlo proprio in virtù del suo iniziale percorso di transizione: quando viene messo in luce che Mary-Ann stava cercando di comprendere il figlio, tutto si risolve in un nulla di fatto e la questione non viene più menzionata né approfondita. Forse è dovuto al numero ridotto di capitoli, ma che un elemento essenziale come il presunto rigetto della madre verso il figlio venga dimenticato così, insistendo peraltro su una sua presunta colpevolezza, lascia l'amaro in bocca per le potenzialità narrative ed emotive che avrebbe potuto avere. In sostanza, il possibile peso di Tyler in quanto transessuale finisce in un nulla di fatto, al punto che il personaggio si inserisce fluido nel contesto e il solo momento in cui ci ricordiamo che è una persona ancora piena di dubbi e fragile, è quando senza un vero filo logico con la narrazione decide di prendersi del tempo per riflettere su di sé.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: AMD Ryzen 7 3750H
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1660 Ti
- Memoria: 16 GB di RAM
- Sistema operativo: Windows 10
Requisiti minimi
- Processore: Intel core i3 4130 o AMD FX 4300
- Scheda video: Nvidia GTX 750Ti/Nvidia GTX 1050 o AMD Radeon R7 260X/AMD Radeon RX 560
- Memoria: 4 GB di RAM
- Hard disk: 25 GB di spazio richiesto
- Sistema operativo: Windows 7 64-bit o superiore
Requisiti consigliati
- Processore: Intel i5 4570 o AMD Ryzen 3 1300X
- Scheda video: Nvidia GeForce GTX 970/Nvidia GeForce GTX 1060 o AMD Radeon R9 290X/AMD Radeon RX 480
- Memoria: 8 GB di RAM
Dettagli tecnici
Dal punto di vista della realizzazione tecnica, Tell Me Why coglie invece nel segno soprattutto per quanto riguarda il comparto grafico e la recitazione: messi insieme sono due aspetti che coinvolgono molto nelle singole scene, fatta eccezione per quelle narrativamente deboli, e confermano una volta di più il ritorno di Dontnod sui giusti binari della caratterizzazione. Non sono altrettanto memorabili le tracce musicali, che pur seguendo il filone dei titoli precedenti e dunque accompagnandosi bene alle scene, non riescono a rimanere in testa come - ad esempio - la colonna sonora dell'originale Life is Strange. Abbiamo notato qualche piccolo bug e della compenetrazione poligonale qua e là, nulla di così proibitivo e sul quale si può comunque soprassedere, mentre non ci siamo lasciati sfuggire una localizzazione a tratti imprecisa, che traduce erroneamente dall'inglese all'italiano espressioni molto basilari (ricordate il famoso "to play" di The Last of Us?). Sotto questo profilo si sarebbe senza dubbio dovuta avere più cura. Nel complesso, la realizzazione tecnica è ciò che aiuta Tell Me Why a spiccare, assieme ad alcune scene che analizzate nella loro singolarità sono gestite in modo encomiabile dal punto di vista narrativo, emotivo nonché registico.
Conclusioni
Tell Me Why è un gioco che non riesce a sfruttare appieno le sue potenzialità, finendo con il proporre una storia coinvolgente più in alcune delle sue singole parti che nel complesso. Dontnod dimostra molto chiaramente di aver ripreso le redini della caratterizzazione, dopo le incertezze di Life is Strange 2, e ci presenta un cast di personaggi nella maggior parte dei casi profondo e diversificato, in grado di dar vita a scene ben realizzate sotto ogni aspetto. Quando tuttavia questi singoli pezzi vengono presi per essere riuniti nel quadro che dovrebbero rappresentare, il gioco inciampa più e più volte fino a una conclusione raffazzonata, illogica rispetto agli eventi che l'hanno preceduta. Lato gameplay non c'è nulla da dire, anzi l'occasionale presenza di enigmi unita ai poteri più estesi dei due gemelli aggiungono più vivacità a una struttura ormai consolidata, ma sul piano narrativo permangono ancora troppe incertezze - che un comparto grafico migliorato e un'ottima recitazione non bastano a risollevare. Forse la distribuzione episodica ha giocato un ruolo in tutto questo, con la necessità di cercare sempre il colpo di scena che spinga a passare all'episodio successivo al punto da sacrificare la coerenza e soprattutto la semplicità di una storia che per coinvolgere non deve per forza essere arzigogolata. Tell Me Why è senza dubbio un gioco godibile, promosso in alcune delle sue singole parti, ma ostacolato nel complesso da una narrazione troppo sfilacciata e confusionaria.
PRO
- Comparto grafico e recitazione ottimi
- I poteri e gli enigmi vivacizzano il gameplay
- Caratterizzazione dei personaggi ben riuscita
CONTRO
- Qualche errore evidente nella localizzazione
- Storia nel complesso troppo sfilacciata e confusa
- La distribuzione episodica ha pesato sulla narrazione
- Diverse occasioni ricche di potenziale lasciate a loro stesse