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Black Myth: Wukong ci dice che la politica nei videogiochi va bene, ma solo se è favorevole all'autoritarismo

Le richieste fatte agli influencer da parte di Game Science per la copertura di Black Myth: Wukong ci dicono che a volte la politica nei videogiochi va benissimo.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   19/08/2024
Sun Wukong, il protagonista di Black Myth Wukong
Black Myth: Wukong
Black Myth: Wukong
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Nelle ultime ore è emerso un documento che sta facendo molto discutere, ma non quanto dovrebbe. Si tratta delle linee guida fornite dalla software house Game Science agli influencer per la copertura di Black Myth: Wukong, in cui possiamo leggere:

  • NON insultare altri influencer o giocatori.
  • NON usare linguaggio/umorismo offensivo.
  • NON includere politica, violenza, nudità, propaganda femminista, feticizzazione e altri contenuti che istigano a discorsi negativi.
  • NON usare parole chiave come "quarantena", "isolamento" o "Covid-19".
  • NON discutere contenuti relativi alle politiche, opinioni, notizie, ecc. dell'industria dei videogiochi cinese.

Si tratta di un documento davvero eccezionale, perché non solo dà conto del tentativo di uno studio di sviluppo / editore di influenzare pesantemente la copertura del suo gioco, escludendo certi temi e argomenti, ma anche del sistema di valori del target di mercato dello stesso.

Quando la politica va bene

Inoltre fa anche capire la forza del governo cinese su alcune scelte "artistiche" degli studi locali, considerando che le "politiche, opinioni, notizie" dell'industria dei videogiochi cinese vengono citati come dei tabù e considerando quanto Black Myth: Wukong è attento a compiacere i dettami del governo di Xi Jinping sulla rappresentazione dei generi all'interno dei prodotti locali.

Va detto che la maggior parte degli influencer hanno dimostrato di avere la schiena dritta e sono stati molto attenti a rispettare questi dettami (anche se fortunatamente a qualcuno si è storta e ha fatto uscire il documento). Del resto avevano altro a cui pensare, ossia all'unica recensione del pianeta in cui è stato fatto riferimento alla mancanza di personaggi femminili nel gioco (quella di Screen Rant, per la precisione). Contro quella sì che si sentiva l'urgenza di stracciarsi le vesti e fare video su video scandalizzati contro la politica nei videogiochi e la morte della cultura occidentale, attizzando folle di facinorosi contro una poveraccia che ha dovuto far rimuovere il suo nome dall'articolo, per non subire chissà quali conseguenze dalle masse inferocite.

Insomma, abbiamo imparato che la politica nei videogiochi va bene, basta che sia compiacente verso i governi autoritari (per omissione, in questo caso). Del resto si sa, i governi autoritari lo sanno come vanno fatti i videogiochi per i veri videogiocatori. Goethe le definirebbe addirittura affinità elettive.