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GameStop vuole vendere le divisioni canadesi e francesi: il CEO cita tasse, woke e DEI tra i motivi

GameStop continua a perdere pezzi e ora vuole vendere le divisioni canadesi e francesi. Secondo il CEO la colpa è da attribuire alle tasse, al wokeness e al DEI.

NOTIZIA di Nicola Armondi   —   19/02/2025
Ryan Cohen con un cane su una scrivania

La catena di vendita al dettaglio di videogiochi (e oramai anche oggetti da collezione) GameStop ha annunciato di voler vendere le divisioni francesi e canadesi.

Si tratta di una nuova mossa per tentare di limitare le perdite di una compagnia che da tanti anni sta chiudendo i propri negozi in tutto il mondo. Sin dal 2020, secondo i report, GameStop ha chiuso 700 punti vendita a livello mondiale.

Il commento del CEO di GameStop

La notizia sul sito ufficiale di GameStop è alquanto breve e rimanda semplicemente al contatto da usare per chi fosse interessato a parlare della compravendita. L'attuale CEO di GameStop - Ryan Cohen - ha però commentato tramite il proprio profilo Twitter la situazione, come potete vedere qui sotto.

Al momento X/Twitter ha dei problemi
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Precisamente ha detto: "Scrivete a M&A@gamestop.com se siete interessati a comprare GameStop Canada o Micromania France. Alte tasse, liberalismo, socialismo, progressismo, wokeness e DEI inclusi senza costi aggiuntivi se lo compri oggi!".

Si tratta ovviamente di una accusa, fondamentalmente un elenco dei "difetti" - secondo il CEO - delle specifiche divisioni in vendita o forse del mercato moderno in generale. Ovviamente varie di queste parole sono usate in modo assolutamente insensato, soprattutto i moderni spauracchi della destra americana, wokeness e DEI (Diversità, Equità, Inclusione).

Negli anni il mercato videoludico console è sempre più passato verso il digitale; oramai parliamo in media di un 70%, anche se il valore cambia ovviamente a seconda della piattaforma e della parte del mondo presa in considerazione. GameStop non ha quindi saputo reggere la veloce perdita di guadagni, probabilmente legata anche a un enorme calo del mercato dell'usato che rappresenta per la compagnia una grossa fetta dei ricavi (visto che sull'usato non paga alcuna percentuale a editori / sviluppatori). Negli anni ha cercato di ampliarsi con prodotti collezionabili pop (come i Funko Pop!).