Speriamo che la prossima settimana Phil Spencer annunci la morte della politica delle esclusive, almeno per Xbox. Sarebbe un passo in avanti enorme, dal punto di vista concettuale e non solo, per l'industria tutta.
Quello delle esclusive è un concetto eminentemente commerciale che non ha alcun valore a livello ludico. È una leva all'acquisto, non una caratteristica: mi interessa il gioco X, allora dovrò avere una piattaforma che riesca a farlo girare. Se la piattaforma in questione è solo la Scatostascion 6 o la BuBox 540½ è indifferente per il gioco in sé, a meno che non si tratti di un'opera mirata all'hardware, ossia fruibile al meglio solo con certe periferiche (esempio: Half-Life: Alyx ha senso solo con un visore VR).
Una guerra senza vincitori
I produttori hardware si sono dati battaglia per anni sul punto. Già all'epoca delle primissime console, come l'Atari 2600, c'era chi aveva capito che per spingere le vendite delle console c'era bisogno di titoli che interessassero il pubblico. Se il gioco acclamato dalle masse è sulla mia macchina e non su quelle rivali, la gente la comprerà, quindi pago per averlo in esclusiva. Nintendo con il NES attuò tattiche a dir poco aggressive per evitare che alcuni titoli raggiungessero le console concorrenti e così è stato per tutte le generazioni successive, compresa quella che stiamo vivendo, nonostante con gli anni gli editori terzi si siano sempre più allontanati da questo sistema, perché poco conveniente per i loro affari.
Come tutte le politiche economiche, anche quella delle esclusive totali è possibile solo in presenza di un mercato che la supporti e, semplicemente, il mercato attuale non la supporta più: i costi di produzione crescono di anno in anno, mentre la base utenti è stagnante. Inoltre la domanda viene incalzata da un'offerta talmente diffusa, che è diventato difficile focalizzarla. Quando un gioco per recuperare i costi di produzione deve ormai vendere quasi dieci milioni di copie, significa che non puoi più permetterti di mirare a un pubblico ristretto.
Xbox ha provato un nuovo modello, puntando tutto sui servizi in abbonamento con il Game Pass. Sostenibile o non sostenibile? Domanda ingenua. Un prodotto è sostenibile se rispetta i target fissati in fase di pianificazione. Mettiamo: erano stati stimati 40 milioni di abbonati in 5 anni? Sono stati raggiunti? Allora è sostenibile. Non sono stati raggiunti? Allora potrebbe non esserlo, o essere meno conveniente di quello che sembrava (sto semplificando all'osso, ma il concetto dovrebbe essere chiaro).
Xbox va bene o male con la pianificazione attuale? Difficile fare i conti senza stime. Sappiamo che Starfield ha raggiunto un certo numero di giocatori, per fare un esempio, ma non sappiamo quanti ne fossero stati stimati prima del lancio, se i costi di produzione siano stati recuperati, se i margini siano stati considerati accettabili, quanto costa il supporto per aggiornamenti e future espansioni e quant'altro. Insomma, in generale ci mancano troppi dati per dare giudizi lapidari sul successo o meno del gioco o sulla sostenibilità di progetti simile.
Quello che sappiamo però è che a un certo punto qualcosa non deve essere andato come pianificato (non per Starfield in particolare) e qualcuno avrà chiesto a Spencer e i suoi di fare di più. Come già detto, Xbox è già un editore multipiattaforma. Lo è nei fatti e solo chi è ossessionato da un modello morente come quello delle esclusive a tutti i costi non se n'è accorto. Quindi ha già una grande quantità di prodotti mirati verso l'altra metà del cielo del mercato console, in particolare dopo l'acquisizione di Activision Blizzard King. Inoltre sono anni che considera l'hardware come un prodotto secondario, da vendere più per presenza del marchio che per guadagnarci, puntando soprattutto all'affermazione dell'ecosistema nel suo complesso. Il passo successivo quale altro poteva essere se non uscire completamente dalla console war? Continuare una politica di chiusura totale facendo finta che sia ancora vivo un mercato che non esiste quasi più? Del resto, un gioco diventa più brutto se lo può giocare anche un vicino di casa con una console diversa dalla propria? Avowed, per fare un esempio, diventa meno interessante perché c'è la possibilità che arrivi su PS5?
Del resto la strada è questa, non solo per Microsoft. Sony non ci è ancora arrivata completamente, ma piano piano sta già potenziando la sua offerta su PC e si parla dell'arrivo di un applicazione cloud per fruire alcuni giochi PlayStation senza dover per forza acquistare una console. Presto pubblicherà un gioco sul Game Pass al lancio, per dire.
Il sistema delle esclusive funziona ancora praticamente solo per Nintendo perché non è corsa dietro al potenziamento tecnologico con Nintendo Switch, puntando tutto sulle sue proprietà intellettuali, indubbiamente fortissime, e sulla sostenibilità dello sviluppo. Sarebbe comunque sciocco non ricordare che dopo il tonfo di Wii U Nintendo aveva pensato eccome ad allargarsi ad altre piattaforme, tanto che aveva tentato la via del mobile, tornando sui suoi passi quando Nintendo Switch ha iniziato a vendere come il pane. Possiamo quindi supporre che, in caso di insuccesso o successo moderato della prossima console, sulla quale i costi di sviluppo saranno comunque più alti che su Nintendo Switch, qualche apertura possa arrivare anche dalla casa di Mario.