Scrivere una recensione di Planescape: Torment a distanza di tanti anni non è semplice (la prima edizione risale al 1999). Più che analizzarne le caratteristiche in modo scientifico, conviene affidarsi al flusso dei ricordi e chiedersi come un gioco di ruolo dalla struttura non certo originale (seguiva l'uscita di Baldur's Gate, con cui condivideva il motore grafico e l'interfaccia di gioco) sia riuscito a superare la barriera del tempo.
Insomma, perché ancora oggi c'è chi è pronto a definirlo uno dei migliori giochi di ruolo mai realizzati, nonostante mancasse di innovazioni sostanziali? Cosa lo rende tanto speciale? Eppure, apparentemente, la trama è di quelle già sentite mille volte: un personaggio senza nome e pieno di cicatrici si risveglia in un luogo che non conosce e deve scoprire cosa gli è successo... Ma sarebbe un errore fermarsi alla superfice, perché le differenze ci sono. Spesso non è tanto l'originalità di una storia a decretarne la bellezza, quanto la sua rappresentazione (come Shakespeare insegna).
The Nameless One
Il protagonista senza nome, chiamato appunto The Nameless One, è lontano dallo stereotipo dell'eroe ed è costretto a vivere la dimensione tragica della sua condizione. Durante l'avventura non compie le solite scelte morali che in tanti giochi di ruolo sembrano dividere il mondo in due con l'accetta (vedi i Fable),
ma è costantemente stimolato a riflessioni sul senso di quello che sta facendo, compreso l'accogliere o meno alcuni compagni di viaggio che condividono la sua stessa ambiguità esistenziale e la medesima indefinibilità. Da questo punto di vista vengono in aiuto del giocatore l'equilibrio e la sapienza con cui sono stati distribuiti gli elementi di gioco. A differenza che in un Baldur's Gate (soprattutto il primo) o in un Icewind Dale qualsiasi, in Torment i combattimenti non rivestono un ruolo centrale. Ovviamente ci sono, ma le scoperte più importanti e i momenti chiave sono affidati ai dialoghi, tra i migliori della storia dei videogiochi, e alla risoluzione degli enigmi. Il gameplay che ne deriva è di una freschezza ancora oggi eccezionale, basato in buona parte sull'empatia che si crea tra il giocatore e i personaggi e sulla volontà di scoprire il mistero che circonda la trama.
Curiosità
Dal motore grafico della Bioware, Infinity Engine, nacquero tre titoli (quattro, in realtà, ma Lionheart non lo ricordano in molti perché non riuscì granché bene), due dei quali produssero dei seguiti che, seppur molto simili nell'interfaccia e nell'aspetto generale, nascondevano tre filosofie del gioco di ruolo completamente differenti:
Baldur's Gate - equilibrato, ovvero i dialoghi e i combattimenti tendevano a equivalersi. La trama non era particolarmente profonda ma era ben tratteggiata. Produsse un seguito, Baldur's Gate 2: Shadows of Amn. Anni fa si vociferò della realizzazione del terzo episodio, ma poi non se ne è saputo più nulla. Per molti l'erede spirituale della serie è Dragon Age: Origins.
Planescape: Torment - dialogato, ovvero i dialoghi e la trama hanno il sopravvento sui combattimenti messi in secondo piano. Non per niente è stato realizzato dagli stessi autori del primo Fallout (che ricordiamo sempre poteva essere finito senza sparare un singolo colpo). È l'unico dei tre a non aver prodotto seguiti.
Icewind Dale - cappa e spada, ovvero la trama e i dialoghi sono un mero pretesto per i combattimenti. Tra i tre è quello che ha lasciato meno il segno, nonostante abbia prodotto un seguito: Icewind Dale 2.
La città delle porte
Anche lo scenario aiuta a perdersi nei meandri del gioco. Nonostante sia basato sulle regole di Advanced Dungeon & Dragons (almeno quelle dell'epoca, visto che di acqua sotto i ponti e di edizioni ne sono passate e la parola Advanced è stata tagliata...), gli sviluppatori hanno preso l'ardita decisione di non affidarsi ai mondi più classici e hanno optato per uno scenario inedito (che oltretutto non è più stato usato nei videogiochi...
ma se ci sbagliamo potete lanciarci addosso la pece bollente), Planescape. Il vantaggio che ne è derivato è tutto formale, ovvero gli sviluppatori hanno avuto la libertà di creare ambientazioni differenti da quelle che solitamente si vedono nei titoli fantasy, a partire dalla bellissima e inquietante Sigil, la città delle porte, dimostrando al contempo una grande creatività e capacità di variare su un tema fin troppo abusato. Anche da questo punto di vista, giocare a Torment è un'esperienza unica, perché ci si ritrova davanti ad architetture e scenari che non ricordano quelli di altri giochi. Certo, a distanza di anni la grafica bidimensionale non stupisce più, pur avendo mantenuto la bellezza del disegno a mano che caratterizza quasi tutti i titoli che sfruttano lo stesso motore grafico. Va però detto che privarsi dell'esperienza di Planescape: Torment per questioni meramente tecnologiche, sarebbe sciocco e puerile, anche perché, in un'epoca in cui non si fa altro che parlare di narrazione e storie più o meno belle, è difficile trovare un titolo che possa rivaleggiare con questo a livello di bontà della trama.
Un barlume di speranza
Come detto nella recensione, ad oggi il maggior problema di Planescape: Torment è la sua quasi totale irreperibilità, causata dal solito insieme di problematiche che impediscono la distribuzione di alcuni grandi titoli del passato. Da un po' di settimane, però, una nuova versione del gioco è comparsa su Amazon Uk, che lo vende al modico prezzo di 9.73 sterline. Inutile dire che il consiglio è quello di comprarlo appena finito di leggere l'articolo.
Conclusioni
Chiunque ami i giochi di ruolo non dovrebbe lasciarsi sfuggire Planescape: Torment. Nonostante gli anni, è difficile trovare un titolo che sappia sopravanzarlo a livello di qualità (e quantità) dei testi e della profondità della trama. Purtroppo non è facile reperirlo e si spera che prima o poi venga ripubblicato su qualche servizio di digital delivery e diventi giocabile da tutte le generazioni.
PRO
- Trama splendida
- Dialoghi molto profondi
- Personaggi eccezionali
CONTRO
- Finisce
- Non è facile reperirlo