Pochi giochi al mondo sono più difficili da sviluppare degli action. E no, ovviamente quando parliamo di titoli d'azione non stiamo utilizzando l'accezione più ampia del termine, che ad oggi sembra riguardare qualunque videogioco presenti anche un solo accenno di battaglia. Parliamo degli action "puri", quei prodotti che attorno al combattimento sono del tutto concepiti e strutturati, vantano spesso dei sistemi fortemente influenzati dalle meccaniche dei picchiaduro, e sono a volte dotati di una profondità quasi maniacale. Eppure, anche in questo sottoinsieme ricco di mazzate acrobatiche e passione al limite dell'autismo per la matematica e le manovre avanzate, esiste da tempo immemorabile un sottogenere considerato da molti il "fratello scemotto" degli altri. Stiamo parlando, probabilmente senza sorprendere nessuno, dei musou.
Nati da Shin Sangoku Musou 2 (il primo era, curiosamente, un classico picchiaduro), ovvero il nome giapponese del secondo Dynasty Warriors, i titoli di questa serie sono popolarissimi e sia la loro notorietà che l'enorme numero di emuli sono facili da spiegare nonostante l'impatto a dir poco limitato sulla critica: l'idea iniziale infatti è geniale, ovvero mettere il giocatore nei panni di condottieri sovrumani impegnati in battaglie epiche contro centinaia di nemici e capaci, con le loro abilità, di ribaltare le sorti di interi conflitti; un'idea pazzesca sulla carta, con del potenziale pressoché illimitato. Anche con queste premesse, però, i musou vengono spesso visti con disprezzo o bellamente ignorati, e purtroppo anche per via di motivazioni più che giustificate... quando si parla di potenziale dei musou, infatti, si parla per lo più di potenziale sprecato: negli anni il genere ha tentato di evolversi solo timidamente, mantenendosi spesso ancorato a una struttura esageratamente semplicistica e priva di alcuna finezza, apprezzabile da chiunque voglia spegnere il cervello durante l'azione, ma poco godibile per qualunque altro tipo di giocatore. E tutto questo è un peccato mortale, perché di sprazzi brillanti ce ne sono stati, così come non mancano nel genere giochi di valore come i Warriors Orochi, Persona Strikers o svariati altri.
Gli enormi margini di miglioramento dei musou dovrebbero permettere agli sviluppatori di sfruttare i loro epici scontri per offrire molto di più di un gameplay banalizzato in quasi ogni aspetto, ed è perciò da eoni che gli appassionati attendono un team con il coraggio e le capacità necessarie per uscire da quel fossato dove i titoli di questa tipologia si sono ormai impantanati. Beh, il gioco capace di cambiare le cose sembra finalmente arrivato, ma era forse difficile pensare che sarebbe stato un pargolo della serie da cui tutto è nato (e che forse più di tutte era degenerata). Parliamo infatti di Dynasty Warriors Origins, un'opera con cui Omega Force ha seriamente ribaltato il genere su se stesso, correndo enormi rischi. Noi abbiamo completato la sua lunga campagna e, dopo averlo spolpato per benino, possiamo dirvi senza remore che potrebbe trattarsi di una gloriosa rinascita della saga e del genere tutto, anche se di strada da fare ce n'è ancora un bel po'.
Narrativa: l'ombra degli eroi
Vorremmo partire subito da un punto che ci ha colpito molto più positivamente di quanto potessimo aspettarci, ovvero la narrativa. In Dynasty Warriors Origins, infatti, non vi limiterete a vivere le vicende dei tre regni per la milionesima volta nei panni dei condottieri che ne hanno deciso le sorti, bensì interpreterete un vagabondo privo di memoria soprannominato Ziluan. Il nostro, ripresa da poco conoscenza dopo un non meglio precisato evento traumatico, incontra il poderoso guerriero Guan Yu e si ritrova coinvolto nella rivolta dei turbanti gialli. Da lì scoprirà di essere parte di un'antico gruppo di "guerrieri ombra" destinato a supportare l'eroe che guiderà il futuro dell'impero cinese.
E sì, se vi sembra una premessa banale e già vista è perché... lo è. Wo Long ha un punto di partenza pressoché identico, Nioh caratteristiche narrative molto simili, e questo genere di storia la si è già vista utilizzare come scusante in svariati altri titoli, perché è il modo più facile per inserire un nuovo protagonista in eventi già ben definiti e delineati. Eppure Origins riesce a portare avanti questa trama meglio sia dei giochi appena nominati che della maggior parte degli altri titoli dello stesso genere, perché si abbandona solo marginalmente agli eccessi, e cerca invece di essere un po' più dettagliato e introspettivo. Il gioco infatti non solo contiene un sistema di affinità e relazioni che porterà il vostro personaggio a passare parecchio tempo con alcune delle figure storiche più importanti di quell'era, ma ha persino una campagna che si divide in tre, perché a un certo punto è necessario fare delle scelte importanti che portano i capitoli conclusivi a variare sensibilmente. In base a quanto fatto, si entra molto più nel dettaglio di certi personaggi ed eventi storici, presentando il tutto peraltro con quasi sempre il giusto mix di epicità e dettaglio (anche se con qualche caduta di stile qua e là). Nel complesso? Se avete un'interesse per la storia cinese e vi piacciono le avventure ricche di pathos, questa potrebbe essere una delle migliori in circolazione per quanto riguarda la fase iniziale dei tre regni in Cina. Certo, nulla che possa meritare chissà quale premio o reazione, ma è bello constatare come persino in questo aspetto spesso trascurato le cose siano state fatte a dovere.
Gameplay: se non inseguirai Lu Bu, lui sarà costretto a inseguirvi
L'elemento più importante in un gioco come questo (e, sinceramente, il fulcro della sua trasformazione) è tuttavia ovviamente il gameplay, che in un musou come abbiamo già spiegato tende troppo spesso alla semplificazione, perché il senso di potenza assurdo che si desidera ottenere raramente va di pari passo con un livello di sfida ben calibrato o con una discreta complessità meccanica.
I musou sono, per loro natura, giochi dove i sistemi fondanti sono da sempre il più immediati e accessibili possibile, le combo sono basilari e gli avversari per lo più carne da macello; aspetti sensati in tale formula, ma che danno il meglio di sé solo negli esponenti del genere che hanno il coraggio di costruire attorno a questa base qualcosa di più concreto. Dynasty Warriors Origins fa dunque proprio questo: non abbandona la semplicità - il protagonista ha a disposizione un massimo di quattro manovre attive selezionabili e combinazioni eseguibili da chiunque - eppure Omega Force ha aggiunto al minestrone ingredienti gustosi, come un valido sistema difensivo con parate perfette che influenzano lo stordimento dei nemici, schivate efficienti, manovre aeree, un comodo sistema di targeting, e ben nove armi utilizzabili, tutte dotate di meccaniche uniche piuttosto interessanti.
Il targeting è peraltro una necessità perché in questo gioco riguarda solo gli avversari "élite" - marcatamente più agguerriti e aggressivi del solito - quindi sfidare un condottiero porta sempre a una sorta di scontro con un miniboss, dove il tempismo e l'uso di abilità efficaci è indispensabile per influenzare gli equilibri della missione (e di questo è il caso di parlare nel dettaglio dopo). Tutto è, insomma, più elaborato, divertente e impegnativo, tanto che nel gioco vi sono persino una manciata di boss che ricordano quelli di altri action moderni. Lo scontro con Lu Bu, già visto nella demo e affrontato diversamente nel gioco completo, è un esempio piuttosto lampante, ma non mancano le battaglie esaltanti anche al di fuori di momenti di quel tipo.
Uno degli aspetti più importanti legati alla difficoltà, peraltro, è il morale degli eserciti. L'avanzamento di una battaglia e il completamento di certi obiettivi porta infatti la barra del morale a scendere o salire sensibilmente. Questo fattore è importantissimo, dato che regola in modo significativo la potenza degli avversari e l'aggressività delle truppe che li accompagnano. Già un aspetto qui reso in modo molto più sensato rispetto a molti altri musou, ad esempio, è il fatto che i soldati che circondano un condottiero possano risultare incredibilmente irritanti, al punto da interrompere le vostre manovre e danneggiarvi sul serio se non li si rende inermi con le dovute preparazioni.
Struttura: Il flusso del conflitto
I sistemi sopra descritti sono solidi, ma non rappresentano certo chissà quale evoluzione degli action, e mantengono comunque limitazioni di fondo che possono portare facilmente alla ripetitività sulla lunga. Dynasty Warriors Origins, tuttavia, fa leva sull'aspetto dei musou più interessante in assoluto per evitare di cadere nelle solite trappole del genere: i campi di battaglia. Alla base della filosofia del musou, in fondo, c'è sempre stata la volontà di inserire il giocatore in conflitti su larga scala, ma nei peggiori titoli di questa tipologia ciò è sempre stato solo un contorno, marginalmente capace di influenzare le azioni del protagonista. Molti titoli hanno cercato di dare agli scontri un certo ritmo e una struttura ad obiettivi interessante, eppure solo di rado è capitato di sentirsi davvero parte di una grande battaglia in costante mutamento e dai delicati equilibri. L'ultima opera di Omega Force invece punta tutto su questo aspetto, e si tratta di una scelta vincente perché ha permesso agli sviluppatori di rendere realmente varie le missioni della campagna.
Tolti certi scontri marcatamente più lineari e mossi prevalentemente da motivazioni narrative, anche in Origins vi troverete di norma a far parte di un'armata allo scopo di sconfiggere il condottiero avversario e ottenere la vittoria; le mappe di questo gioco sono, però, generalmente più complesse e ricche del solito, con posizioni sopraelevate, numerose basi da conquistare (un classico), e una miriade di truppe e generali sia da una parte che dall'altra. Se durante uno scontro vagate a casaccio, puntando a obiettivi poco sensati o abbandonando le vostre truppe, di rado avrete modo di recuperare: l'esercito avversario inizierà a farsi soverchiante per via del sistema legato al morale, non avrete grandi rinforzi, e con ogni probabilità il vostro comandante verrà circondato e ucciso, portandovi alla sconfitta indipendentemente dalla vostra prestazione personale. Qui è quindi necessario sempre leggere "il flusso" dello scontro, ascoltare attentamente le richieste di aiuto e i consigli a schermo che vengono dai vostri alleati, e muoversi con furbizia per evitare una pesante umiliazione.
Sia chiaro, non è necessario essere Zhuge Liang per capire cosa diavolo succede durante le missioni: il flusso di certi scontri è spesso immediatamente evidente, così come chiari sono gli obiettivi. Non solo, il gioco contiene un comodissimo sistema di "rigenerazione degli alleati", che recuperano punti vita quando li si va ad aiutare in situazioni disperate. Queste soluzioni di design sono ben applicate e, una volta superato il caos iniziale e qualche scoglio di comprensione, diventa abbastanza naturale capire come muoversi e come sfruttare la terrificante prodezza di Ziluan per cambiare le sorti dei conflitti. E non finisce qui: Ziluan a un certo punto ottiene persino la possibilità di usare abilità aggiuntive legate a delle truppe, e quindi di evocare a tutti gli effetti gruppi di soldati, le cui manovre distruggono gli equilibri avversari, o avvantaggiano contro i boss e i miniboss prima descritti. Il bello è che, per ringalluzzire ulteriormente il tutto, in molte missioni Omega Force ha pure inserito delle "grandi manovre" avversarie da fermare completando obiettivi a tempo, o specifiche variazioni sul tema che richiedono le abilità speciali del protagonista per essere risolte. Lo ripetiamo: Dynasty Warriors Origins ha una bella varietà, al punto da risultare molto meno ripetitivo rispetto alla maggior parte degli altri musou nonostante abbia un singolo protagonista. Crediamo in tutta sincerità che sia il primo musou a sfruttare davvero così bene il fulcro concettuale di questo sottogenere, per rendere l'esperienza nettamente più spettacolare e interessante.
Difetti e progressione: un uomo quasi solo contro tutto
Siamo dunque davanti a un musou capace di sfruttare il potenziale nascosto del genere davvero al 100% e impeccabile in tutto? A dir la verità, no.
Omega Force ha fatto passi avanti davvero coraggiosi con Origins e posto delle basi importantissime per il futuro della sua saga, ma questo non significa che il gioco sia privo di debolezze. Un esempio? Anche se il flusso degli scontri è importantissimo e costringe ad affrontare le missioni con strategia, nella maggior parte dei casi la flessibilità offerta ai giocatori è piuttosto limitata: è possibile ribaltare situazioni interessanti giocando molto bene ed eliminando nemici con rapidità, e questo porta il campo di battaglia a complicarsi con più lentezza e il morale delle proprie truppe a salire; al contempo però vi sono eventi fissi in certe missioni che regolano il morale più di ogni vostra azione e sono pressoché inevitabili, ed è generalmente difficile vincere le battaglie applicando tattiche diverse dai pochi bivi messi in campo dagli sviluppatori. Di solito, insomma, le missioni hanno un paio di strade percorribili o persino una soltanto in ogni data fase, e cercare di far di testa propria porta per lo più a fare danni. Non è un difetto gravissimo, anche perché comprendiamo le limitazioni derivanti dal voler applicare con forza una struttura più strettamente legata agli equilibri degli eserciti, ma un pizzico di flessibilità in più avrebbe a nostro parere reso il tutto ancor più esaltante.
Un altro elemento non propriamente eccelso è poi la mancanza di varietà nei personaggi. In pratica nel gioco è possibile utilizzare i condottieri storici della serie, ma solo sotto forma di compagni: caricate a dovere la loro barra musou, e a un certo punto potrete prenderne il controllo, devastando il campo di battaglia grazie alle loro statistiche elevate e alle poderose mosse a disposizione. Detto ciò, le mosse degli eroi sono esattamente identiche a quelle ottenibili dal protagonista per il suo arsenale; in questo gioco manca del tutto quindi l'elemento di collezionismo o secca variazione dei sistemi che rappresenta la forza di molti dei migliori esponenti del genere musou (come i già citati Warriors Orochi). In pratica, nel loro voler rivoluzionare le meccaniche, gli sviluppatori sono dovuti "ripartire", perdendo quella pluralità di guerrieri e peculiarità che rappresenta in molti casi il fulcro dei musou. Un sacrificio in parte smorzato dal modo in cui la narrativa è gestita, ma troviamo comunque un peccato il fatto che il protagonista non sia particolarmente carismatico e il gioco non dia modo di personalizzarlo.
Difficile invece criticare la gestione della difficoltà, nonostante ci siano alcuni sbalzi qua e là. Il gioco è seriamente più arduo di quanto pensassimo a difficoltà normale, ma non lo abbiamo mai trovato impossibile (escluso un singolo boss, che rappresenta un picco non indifferente), mentre, se affrontato alla difficoltà minima, ricorda molto da vicino i musou classici. Quando la difficoltà viene alzata le cose si fanno però estremamente più problematiche e non è il caso di commettere errori. Non fosse sufficiente, una volta finita la campagna, sbloccherete una nuova difficoltà davvero brutale, che aggiunge sfide alle missioni principali, va chiaramente completata solo una volta potenziato a dovere il proprio alter ego, richiede un sistema di potenziamento delle armi aggiuntivo e aumenta sensibilmente l'aggressività dei nemici (arrivando persino a diminuire le finestre di risposta delle manovre difensive). In poche parole, se volete una sfida, il gioco già è nettamente più impegnativo rispetto al solito, ma può diventare seriamente cattivissimo. Se si considera che la campagna base dura tranquillamente una trentina di ore ed è sensibilmente rigiocabile per via della possibilità di riavviare i bivi narrativi desiderati nell'endgame, i contenuti per occupare un appassionato per molto tempo ci sono tutti.
L'ultimo difetto? Beh, il gioco a tratti può divenire seriamente caotico per via del numero smodato di nemici a schermo, e della tendenza di certe armate a caricare o ad attivare grosse manovre di gruppo. Ci si abitua al caos, ma può comunque infastidire, specialmente quando ci si trova circondati, o bersagliati da alcuni proiettili. Dynasty Warriors Origins è ad ogni modo impressionante per quanto riguarda il numero di unità che viene gestito contemporaneamente: si parla di centinaia di nemici sparsi ovunque, che non sembrano pesare in alcun modo sulle prestazioni. Noi, per dire, lo abbiamo giocato su una configurazione PC medio buona con una 3070ti, e non abbiamo mai avuto mezzo singhiozzo in termini di frame rate. Difficile dire se sarà altrettanto performante su ogni altra configurazione, ma ci è sembrata eccelsa come conversione rispetto a svariati altri giochi Koei Tecmo provati negli ultimi anni. Niente male anche il comparto tecnico generale, con modelli 3D dei personaggi principali ben dettagliati, e mappe accettabilissime se si considerano le loro dimensioni e ciò che contengono. Persino la colonna sonora, pur con la sua solita tendenza a infilare le chitarre elettriche un po' ovunque, fa spesso ottimamente il suo lavoro. Omega Force è un team migliorato enormemente negli ultimi anni, e questo gioco non è che un'ulteriore dimostrazione della sua evoluzione.
Conclusioni
Dynasty Warriors Origins forse sarà solo un piccolo passo per gli action, ma è un passo enorme per i musou. Omega Force ha finalmente creato un titolo in grado di sfruttare buona parte dell'enorme potenziale di questo peculiare sottogenere, un gioco in cui il flusso della battaglia influenza più che mai l'andamento del gameplay, è necessaria un po' di sana strategia, e la progressione della difficoltà risulta davvero soddisfacente (oltre ad essere incredibilmente scalabile). Certo, nel farlo il team è dovuto ripartire in molti aspetti da zero e ha perso per strada altri elementi importanti, primo fra tutti la varietà derivante dal roster dei personaggi. Anche con i suoi difetti, però, Origins resta un action di valore e importantissimo, perché potrebbe essere una base granitica per tutti i titoli futuri del genere. Era ora.
PRO
- Enorme numero di nemici a schermo
- Grossi miglioramenti al gameplay e strutturali
- Lodevole varietà delle missioni principali
- Estremamente ben ottimizzato su PC
- Gestione della narrativa più che decente
CONTRO
- Un singolo personaggio non ha il fascino di un grosso roster variegato
- Le variabili delle battaglie sono a volte limitate
- A tratti può risultare davvero caotico