Questo articolo contiene riferimenti a parti della trama e delle ambientazioni di Resident Evil 7 biohazard. Per questo motivo, qualora non abbiate ancora portato a termine il gioco, vi consigliamo di tornare a leggere quando lo avrete fatto.
Non c'è dubbio che le fortune di Resident Evil 7 biohazard siano in buona parte merito della famiglia Baker. Tra le abilità di Capcom c'è stata infatti anche quella di mescolare il vecchio spirito della saga survival horror con diversi elementi prelevati dal cinema splatter, ponendo al centro di questa esperienza la figura del patriarca Jack. Una presenza costante alle spalle del giocatore, stretto in una morsa snervante da un nemico all'apparenza immortale, che si diverte a giocare nel ruolo del gatto insieme al malcapitato topo Ethan (e a chi controlla quest'ultimo). Mentre di Resident Evil 7 biohazard si è parlato tanto e bene, lo stesso non si può dire di Jack Baker, personaggio a nostro giudizio un po' sottovalutato. A questa cosa vogliamo oggi porre rimedio, dedicando con questo speciale a Jack Baker lo spazio che merita come cattivo: può essere uno dei migliori villain di sempre in Resident Evil, se non addirittura il migliore? Forse sì, vediamo per quali motivi.
Ecco perché Jack Baker potrebbe essere il miglior nemico di sempre in Resident Evil 7!
Jack e noi
Di nemici nella saga Resident Evil ne abbiamo visti tanti, ma il primo a cui viene da pensare quando si tira in ballo la saga survival horror è naturalmente Albert Wesker, a lungo oggetto dell'odio dei giocatori.
L'impomatatissimo biondo in cappotto di pelle è lontano anni luce dal contadino di Dulvey, che a un Wesker sempre in tiro risponde col suo essere un perfetto uomo comune. Una persona come tante, con un paio d'occhiali che servono per vedere e non per apparire figo, padre di una famiglia alla quale dimostra di tenere molto, anche se ovviamente in un modo tutto suo. Jack Baker attira il giocatore perché gli permette d'identificarsi nella sua figura, forse non allo stesso modo per tutti, ma di sicuro più di quanto abbia mai potuto fare un Wesker che sembra uscito direttamente da un film di Hollywood. Jack sa come deve accoglierci e prepararci al meglio per intraprendere il viaggio nella sua follia, messa in chiaro sin dalla doppia scena della cena e del garage. Per tutta la prima parte di Resident Evil 7 biohazard, la doppia natura di Jack continua a destabilizzare chi gioca: se da un lato il Jack attuale ci tormenta toccando le corde dell'angoscia, dall'altro finiamo per sviluppare una sorta di empatia per quello che era il Jack precedente all'apparizione di Eveline. Non è un caso che gli sviluppatori abbiano cosparso la casa di indizi come il casco da football, per indicarci che anche Jack era una persona come tante, amava il football e svolgeva attività perfettamente normali. A completamento di questo processo, troviamo la visione che ha Ethan quando viene imprigionato da Eveline sulla nave, in cui un Jack in versione normale chiede al protagonista di liberare la sua famiglia. Fino alla seconda parte, in cui il gioco necessariamente chiarisce cosa sia successo ai Baker, per chi ha il pad in mano l'interrogativo più frequente riguarda cosa abbia potuto trasformare una persona normale nel mostro paranormale che si vede in Resident Evil 7, provando a tratti empatia nei suoi confronti.
Jack e Resident Evil
Tra le critiche raccolte da Resident Evil 7 biohazard compare in prima fila quella secondo la quale il gioco non sarebbe meritevole di portare il nome della serie targata Capcom. Jack Baker viene quindi chiamato in causa di conseguenza, visto il suo apparire principalmente come uno psicopatico che non ha nulla a che vedere coi complotti farmaceutico-militari ai quali ci ha abituato Resident Evil. Né con le tante creature affrontate tra i vari capitoli della saga, almeno fino al momento della lotta finale con la sua versione pluriocchiuta. Un'analisi solo superficiale sulla figura del capofamiglia di Dulvey lo vorrebbe dunque lontano dai mostri che ci hanno terrificato per lungo tempo, ma basta fermarsi un attimo a riflettere per fare in modo che i legami di Jack con le origini della serie Resident Evil appaiano evidenti.
Con la sua presunta immortalità, Jack può permettersi il lusso di dare il tormento a Ethan, apparendo e scomparendo mentre quest'ultimo se ne va in giro per la casa. Un atteggiamento del tutto simile a quello del Nemesis, uno dei mostri più terrificanti dell'intera serie, che in Resident Evil 3 braccava la protagonista Jill Valentine. Jack è l'essenza di Resident Evil in Resident Evil 7 biohazard, e contribuisce a tornare all'era precedente al quarto capitolo della serie molto più di quanto possa sembrare. È infatti grazie a lui che torna al centro dell'esperienza di gioco quella sensazione di pericolo costante che apparteneva ai primi Resident Evil, andata progressivamente a scomparire negli ultimi capitoli fino a farlo del tutto in Resident Evil 6. Proprio di questa sensazione la serie aveva senz'altro bisogno, per riuscire a tornare alle proprie radici come richiesto dai giocatori. Dopo essere uscito da uno stato di confusione mentale in seguito gli incontri-scontri iniziali con Mia, in Resident Evil 7 biohazard il giocatore si ritrova preso di mira da Jack. In questa situazione ha luogo una serie di scontri ripetuti, durante i quali Ethan viene preso a schiaffi, torturato e mutilato dal capofamiglia, che come un Terminator si becca in pieno le pallottole sparate dal protagonista, dimostrando un sadico piacere nel farlo così come nel finire a terra carbonizzato nel garage. Con le sue apparizioni, Jack contribuisce in modo determinante a definire quell'atmosfera a metà tra Chainsaw Massacre e Saw che rende così memorabili le prime ore di Resident Evil 7 biohazard, e non è un caso che con la sua uscita di scena l'atmosfera finisca per calare. Anche se di sicuro più letali e spaventosi nell'aspetto rispetto a Jack, i Micomorfi che ci perseguitano tra la nave e la miniera non sono in grado di reggere il paragone con papà Baker. La minaccia fisica e l'indubbia bruttezza delle creature non riescono a competere con la dimensione psicologica della tensione instaurata da Jack nel giocatore, così come il cambio di ambientazione non riesce a mantenere lo stesso livello di raccapriccio vissuto all'interno della casa di Dulvey. Quando affrontiamo Jack ci ricordiamo che non stiamo combattendo contro uno dei soliti mostri visti nei videogiochi, lontani da noi e dalla nostra dimensione, ma un padre di famiglia trasformato al di là delle sue volontà. Inevitabilmente si finisce per rapportare il personaggio finto alla realtà, dove i mostri molto spesso non si vestono come tali, ma nascondono i loro demoni dentro persone all'apparenza perfettamente normali.