C'è, da sempre, una potenza iconica insita nella Florida e in Miami in particolare che tende ad associarsi bene a una certa visione del genere cinematografico, televisivo e infine videoludico ad ambientazione criminale. Basti pensare al recente Claws, in onda su Infinity. Si tratta più di una visione idealizzata delle ambientazioni sulla costa sud-orientale degli Stati Uniti piuttosto che di una rappresentazione realistica dei luoghi in questione, spesso includendo tutte insieme le aree di Miami, Miami Beach, l'area portuale e i dintorni sparsi per la Florida in un unico quadro fatto di palme, sole ed eccessi dai contorni sfumati, una sorta di luogo dell'anima criminale. D'altra parte l'area di Miami ha una forte caratterizzazione che deriva proprio dalla diversità e dagli incontri/scontri culturali che storicamente l'hanno costruita, componendosi in un melting pot incandescente di popolazioni ed etnie diverse, spesso accomunate da un retaggio importante e un passato drammatico alle spalle.
Dai cacciatori di tesori del primo insediamento alle leggi meno restrittive del solito in ambito di gioco d'azzardo e consumo di alcolici negli anni '20, Miami e dintorni hanno fatto ben poco per impedire l'affermazione di un'aura alquanto libertina nella zona. L'inserimento in massa di profughi cubani, immigrati venezuelani e degli immancabili italiani ha fornito materiale in abbondanza per la costruzione di una cultura creola con intense venature latine a donare la loro impronta inconfondibile sul sostrato sociale della città, che ha accolto tutto e fuso insieme in un calderone a tinte forti. È tuttavia negli anni ottanta che Miami assume la sua caratterizzazione storica: crocevia dei traffici di droga provenienti dal sud America, in quel periodo l'industria criminale immette miliardi di dollari nella zona metropolitana facendo nascere il mito della città del vizio.
Romanticismo criminale
Ricchezza, potere e mancanza di scrupoli sono gli elementi costitutivi del mito della Vice City anni '80, la proporzione inversa che separa l'affermazione sociale, in un mondo fatto di trafficanti e killer, dall'adesione a principi morali universalmente condivisibili. Tutto questo inserito nella cornice calda e invitante della costa atlantica, in quella fascia tropicale dove l'estate è perenne e tende a far pensare (come diceva Magnum P.I. per restare in tema eighties, sebbene si trattasse in quel caso delle Hawaii) di essere quasi immortali. Sonny Crockett e Tony Montana sono le due facce di questo edonismo criminale, tra poliziotti duri ma anche modaioli e spacconi da una parte e delinquenti romantici quanto efferati dall'altra, in una guerra che si combatte anche a colpi di carisma tra personaggi destinati a rimanere impressi nell'immaginario popolare. I videogiochi non potevano certo rimanere immuni a questo fascino, che hanno cercato di omaggiare arricchendo lo scenario di ulteriori suggestioni a partire dai semplici tie-in per arrivare alle produzioni originali, alcune delle quali anche di alto profilo.
Si parte dal Miami Vice su Commodore 64 e ZX Spectrum del 1986, col suo tentativo (fallito) di riproporre le mitiche avventure dei poliziotti antidroga James "Sonny" Crockett e Ricardo Tubbs alle prese coi narcotrafficanti, purtroppo solo una pallida ombra delle gesta viste nel mitologico telefilm. Per trovare delle interpretazioni più convincenti del mondo criminale dipinto nei film bisogna arrivare direttamente alla seconda metà del decennio scorso, con la pubblicazione di Scarface: The World Is Yours e Il Padrino II, il primo del 2006 e il secondo del 2009. I due titoli condividono una struttura simile in stile sandbox open world, anche perché l'ispirazione principale, al di là dei brand altisonanti a cui si riferiscono, è evidente: si tratta chiaramente di Grand Theft Auto: Vice City. Lasciando stare lo scomodo confronto con il titolo Rockstar, entrambi i giochi fanno un buon lavoro nel riproporre in forma videoludica le atmosfere della criminalità organizzata dell'area di Miami, ma brillano di luce riflessa prendendo in prestito personaggi e ambientazioni da ben più celebri film e una struttura che si era rivelata valida già in altri lidi.
Il mito di Vice City
Era il 2002 quanto Grand Theft Auto: Vice City raggiunse il mercato per la prima volta, realizzando il sogno di molti videogiocatori che avevano iniziato a sperare in una degna riproposizione in forma videoludica di Miami Vice e Scarface sfruttando la poderosa base di GTA III. Il risultato è andato forse anche oltre le aspettative e Vice City è diventato uno dei titoli più famosi e rappresentativi della sua generazione, secondo molti anche il miglior capitolo nella celebre serie Rockstar. Certo siamo lontani dalle capacità espressive e narrative dei capolavori cinematografici a cui si fa riferimento, o dalla tagliente critica sociale dei miti degli anni 80 di un Bret Easton Ellis, ma il gioco mette in scena dei personaggi dotati di grande carisma e soprattutto riesce a riprodurre, forse anche grazie alla stilizzazione derivante dai limiti tecnologici dell'epoca, quella magia di luci e colori che caratterizza la Miami degli anni 80 nell'immaginario comune.
Tra sole a picco, tramonti sul mare, palme e insegne colorate al neon, le scorribande di Tommy Vercetti alla conquista dell'impero criminale cittadino, accompagnate da una colonna sonora che punta giustamente sul pop e rock con influssi glam, riescono perfettamente a farci respirare l'aria di Scarface, Carlito's Way e Miami Vice, tutte fonti d'ispirazione dichiarate dagli stessi sviluppatori. Da qui al "poliziottesco" moderno in salsa atlantica il passo è breve, anche se atmosfere e caratterizzazione risultano profondamente diverse: per rimanere nel medesimo ambito geografico citiamo Battlefield Hardline e il videogioco di CSI: Miami. Il primo ha rappresentato una notevole digressione della celebre serie EA in un'ambientazione alquanto diversa dal solito polpettone bellico, mettendo in scena le gesta dei detective Nick Mendoza e Khai Minh Dao in una guerra senza quartiere al narcotraffico. La struttura del tipico FPS racconta in questo caso una storia che si rivela anche interessante, con dialoghi e personaggi ben definiti (sebbene stereotipati, ma questo fa parte delle regole del genere). Molto meno meritevole di attenzione è invece l'adattamento videoludico di CSI: Miami, che si limita a sfruttare per filo e per segno gli elementi della serie televisiva per mettere in scena un'avventura investigativa alquanto flebile e decisamente priva di carattere.
Sperimentazioni sul tema
Non mancano reinterpretazioni che esulano un po' dal seminato della rappresentazione classica di Miami e del suo universo delinquenziale, pur mantenendo ovviamente una certa continuità in termini di atmosfera. Un gioco che sfrutta la potenza iconica della città e tutto quello che si porta dietro a partire dal nome stesso è il particolare Hotline Miami di Dennaton Games e relativo seguito, due giochi che hanno ottenuto grande successo e visibilità all'interno della produzione indie anche grazie all'ambientazione scelta. Si tratta anche qui della Miami degli anni 80 ma la sua rappresentazione, vista anche l'inquadratura adottata, la struttura del gioco e la spartana stilizzazione, risulta decisamente diversa da quella vista in altri titoli.
Il crimine resta al centro della questione, messo in scena peraltro con un'efferatezza che richiama influssi pulp, ma il tipico "glam" del periodo rimane sotto-traccia in una storia che si concentra sugli angoli più oscuri e marginali della società, dove la follia rabbiosa di boss e sicari senza nome si sfoga in un'esaltazione dell'ultraviolenza che è più fine a sé stessa e alla sopravvivenza diretta che non alla conquista di ricchezza e prestigio sociale. È comunque un'altra visione interessante, sebbene molto più oscura, di quell'idea di Miami come giungla di palme e cemento regolata alla base da rapporti di forze violenti e quasi primitivi, sotto la sua superficie luccicante. Più incentrata su quest'ultima è invece un altro vecchio titolo ambientato nella stessa città: il poco noto Fascination della software house francese Coktel Vision, uscito nel 1991 su Amiga e PC. Strutturato come un'avventura grafica nel tipico stile della compagnia, il gioco racconta una sorta di crime story riguardante un misterioso omicidio e una valigetta contenente una droga afrodisiaca sintetica su cui la protagonista si troverà a indagare. Il titolo indugia più sugli aspetti lussuosi (e lussuriosi) dell'ambientazione in questione, rientrando comunque nella sua visione tipica, soprattutto come atmosfera generale.