L’antico Egitto come non l’avete mai visto
È risaputo che un’ambientazione azzeccata può fare la fortuna di un gioco: le avventure grafiche a sfondo storico abbondano, ma Ankh si presenta subito come un titolo che non si prende per niente sul serio e non prende sul serio neanche l’antico Egitto. Così, negli intrecci della sua trama delirante condita da citazioni cinematografiche, parodie videoludiche e sfacciati anacronismi, capiterà d’imbattersi in after-hour organizzati all’interno delle piramidi, negozi duty-free galleggianti sul Nilo, un dio Osiride trasformato in pedante burocrate del regno dei morti e tutta una serie d’improbabili e variopinti personaggi! Assil, figlio dell’architetto del faraone, si è beccato una bella maledizione nel più classico dei modi, profanando una piramide: al giocatore spetterà l’ingrato compito di liberarsene. Come se non fosse già in guai abbastanza seri, il nostro giovane e sprovveduto protagonista si ritrova tra le mani l’Ankh, un misterioso oggetto magico che scambia per un simpatico apribottiglie di design e in realtà gli attira addosso attenzioni tutt’altro che desiderate. Inutile dirlo, incontrerà anche l’amore, nella figura di una sguaiata e scontrosa bellezza esotica che gli darà non poco filo da torcere...
Il primo impatto
La Beta che abbiamo provato era troppo breve anche solo per abbozzare un giudizio approssimativo sulla meccanica di gioco e troppo avulsa dal contesto per concederci un assaggio adeguato dell’atmosfera generale. Ciononostante, il primo impatto è stato incoraggiante: il nostro alter ego digitale ha personalità da vendere e un’invidiabile nonchalance nell’affrontare anche le situazioni più demenziali; i dialoghi sono freschi e spassosi, il che è fondamentale per un’avventura incentrata su puzzle legati alle conversazioni e all’inventario. Questi ultimi sono in perfetto stile Monkey Island, soprattutto nella combinazione di oggetti particolari: per quanto possano sembrare assurdi, raramente tradiscono la logica e sanno sempre regalare un sorriso. Gli sviluppatori promettono una soluzione lineare, per quanto flessibile, e una sequenza di enigmi vari a difficoltà crescente - niente mini-game, astrusi puzzle meccanici, scatoloni da spostare o viaggi sfibranti – e noi vogliamo crederci!
la grafica 3D in stile cartoon è vivace, decisamente gradevole e ben animata
Il primo impatto
Mentre i produttori di avventure grafiche di mezzo mondo impazziscono per reinventare o svecchiare il punta e clicca, Deck 13 ci ripropone con orgoglio la più classica delle interfacce di derivazione LucasArts: una barra di stato alla base dello schermo indica gli oggetti e i punti caldi evidenziati al passaggio del cursore, segnalando anche le possibili interazioni. Col tasto sinistro del mouse ci si muove e si esaminano gli elementi su schermo; col tasto destro, si agisce e si combinano gli oggetti dell’inventario. Quest’ultimo è direttamente visualizzato nella parte superiore dello schermo e permette di osservare, combinare e selezionare qualunque cosa abbiamo raccolto. I dialoghi sono a scelta multipla: in genere, prevedono una selezione di argomenti mirati alla soluzione di uno o più enigmi e una generosa aggiunta di battute opzionali, che hanno il solo scopo di arricchire le conversazioni di freddure e uscite esilaranti (anche questa non sarà una novità assoluta per gli avventurieri più stagionati).
Il primo impatto
La grafica 3D in stile cartoon è vivace, decisamente gradevole e ben animata, per quanto non dettagliatissima e ancora da limare qua e là. Il character design è simpatico, soprattutto le animazioni facciali dei personaggi. Le inquadrature sembrano indovinate, ma non abbiamo potuto sperimentare abbastanza da poterci assicurare che gli spostamenti della telecamera non nuocciano al gameplay, né siamo certi che offrano effettivamente i vantaggi che ci si aspetterebbe dalla grafica tridimensionale. Gli effetti sonori sono discreti e il parlato inglese suona più che convincente. Non abbiamo avuto occasione di saggiare la qualità dell’accompagnamento musicale del gioco, ma sappiamo che gli sviluppatori si sono affidati agli studi Dynamedion, che hanno già curato la colonna sonora di altre produzioni videoludiche tedesche, tra cui The Moment of Silence.
Ankh ha tutti i numeri per ingolosire sia i nostalgici dei titoli LucasArts sia gli avventurieri occasionali
Il primo impatto
L’uscita di Ankh sul mercato nostrano è prevista per la fine di febbraio e avrete ormai capito che, per quanto non ci sia da aspettarsi niente di rivoluzionario, Ankh ha tutti i numeri per ingolosire sia i nostalgici dei titoli LucasArts sia gli avventurieri occasionali: potrebbe rappresentare un ritorno alle origini per i primi e un’ottima introduzione al genere per i secondi. Presto sapremo se la sua visione fresca e irriverente dell’antico Egitto riuscirà ad accattivarsi anche il favore del pubblico italiano.
La nuova frontiera dell’avventura è nel vecchio continente
Non può certo passare inosservato il fatto che, dopo il tramonto dei giganti LucasArts e Sierra, il primato delle migliori avventure grafiche degli ultimi anni spetti di diritto agli sviluppatori europei: a eccezione di qualche caso isolato, i titoli che meglio rappresentano il genere nascono e attecchiscono soprattutto nel vecchio continente. Basti pensare a The Longest Journey (Norvegia), che è ormai considerato un classico, o ai più recenti Runaway, The Westerner (Spagna), The Black Mirror, Nibiru (Repubblica Ceca), The Moment of Silence (Germania). Hanno fatto da apripista Inghilterra e Francia, che si sono sempre dimostrate molto attive in quest’ambito: impossibile trascurare la saga di Broken Sword o il nuovo Fahrenheit, né tanto meno gli acclamati successi di Microïds, che ha ridefinito il genere con Syberia. Persino l’Italia si è fatta valere anche all’estero, grazie ad Artematica!
Humour a tre dimensioni
Qualche anno fa, con l’inatteso successo di Runaway, abbiamo riscoperto il potenziale delle avventure classiche in terza persona e il gusto di goderci un titolo senza pretese il cui unico scopo era quello di farci divertire e non di abbagliarci con una grafica mozzafiato, rivoluzionarie tecniche narrative e il miraggio di meccaniche non lineari. Abbiamo dovuto aspettare l’avvento di The Westerner per tornare a ridere davanti allo schermo dei nostri PC e vedere un titolo punta e clicca che abbandonasse definitivamente la tradizionale veste bidimensionale o ibrida, in favore delle tre dimensioni e dell’animazione in tempo reale. Se escludiamo queste due gradite incursioni spagnole nel genere, rispettivamente ad opera di Pendulo Studios e Revistronic, dobbiamo risalire all’epoca dei classici LucasArts per trovare un’avventura comica degna di questo nome.
Lo scopo che si è prefissato lo sviluppatore tedesco Deck 13 è appunto quello di colmare una grossa lacuna del mercato videoludico contemporaneo: ispirati dall’enorme successo di cui godeva il filone comico-demenziale ai tempi di Monkey Island e di cui gode tutt’ora nel cinema e nell’animazione, i creatori di Ankh si sono impegnati a restituire il sorriso alle avventure grafiche e dare nuovo lustro alla classica interfaccia punta e clicca rivestendola da capo a piedi, ora che la grafica 3D è arrivata a livelli tali da consentire la creazione di ambienti di gioco sufficientemente ricchi. Gli ingredienti che hanno reso storici i titoli degli anni ’80 e ’90 che ricordiamo tutti con nostalgia erano una meccanica semplice e immediata, l’assoluta mancanza di serietà nella caratterizzazione dei personaggi e nelle ambientazioni, un umorismo dissacrante e puzzle tanto bizzarri quanto ingegnosi. Ankh soddisfa tutti questi requisiti e, a giudicare dalla calda accoglienza riservatagli prima in patria e poi in Francia, dov’è uscito a metà gennaio, i ragazzi di Deck 13 hanno effettivamente dimostrato di saper mantenere vivo lo spirito dell’avventura comica tradizionale, pur conferendole un taglio più moderno.