Assassin's Creed Valhalla è il prossimo capitolo ufficiale della storica saga targata Ubisoft che dall'Antica Grecia ci fa compiere un balzo in avanti fino al IX secolo d.C. - durante il periodo delle invasioni vichinghe in Inghilterra. Dovendo prendere le parti di Eivor, alla guida del proprio popolo in cerca di un nuovo territorio dove riuscire a stabilirsi, abbiamo approfondito la figura dei vichinghi ed esplorato la mitologia norrena (che pare avere un possibile ruolo prominente nel gioco soprattutto dopo il tema attorno a cui ruoterà il primo DLC). Questa volta ci concentreremo sull'altro lato della barricata, sul "nemico" (che alla fine è tutta una questione di punti di vista) rappresentato dagli inglesi, nello specifico dal personaggio di Alfredo il Grande. Andiamo però con calma: cosa attende Eivor e il suo popolo giunti sulle coste inglesi?
Una terra divisa
Al tempo in cui si ambientano le vicende di Assassin's Creed Valhalla, l'Inghilterra era una società multietnica: era dominata dagli anglosassoni ma si potevano trovare anche i britanni, i discendenti dell'Antica Roma, e molti altri. Era una terra ricca, senza dubbio, ma divisa, soprattutto quando entrava in gioco la rivalità tra i regni anglosassoni. Uno scenario che poteva fare gola a molti e del quale i vichinghi hanno approfittato. Gli storici politici sembrano tuttavia concordare sul fatto che il IX secolo sia stato un periodo cruciale per un futuro regno inglese unitario, proprio come conseguenza delle invasioni da parte degli Uomini del Nord. Nell'800 esistevano quattro grossi regni anglosassoni - Northumbria, Mercia, Anglia Orientale, Wessex - ma verso la fine del secolo furono spazzati via finché non ne restò uno solo, il Wessex. Come avrete intuito, ciò non fu dovuto a una qualche supremazia nei confronti dei regni rivali (la sovranità conquistata da Egberto nell'829 fu di brevissima durata, un solo anno) bensì a causa della distruzione portata dagli invasori e la parziale sostituzione dei regni con nuovi stati vichinghi.
La resistenza del Wessex
È difficile capire fino in fondo le ragioni per cui tutti i regni a eccezione del Wessex abbiano ceduto alla conquista danese, perché a riguardo ci è stato tramandato poco o nulla. La maggior parte dei re sono nomi, sopravvissuti fino a noi grazie alle loro raffigurazioni sulle monete, e un po' della nostra ignoranza viene colmata dalle cronache della raccapricciante esecuzione dell'ultimo sovrano dell'Anglia Orientale, Edmund: sconfitto e catturato da Ivarr, figlio di Ragnar, subì la tortura conosciuta come "rista blóðörn", aquila di sangue, che consisteva nel distaccare il costato dalla spina dorsale, così che i polmoni fuoriuscissero fino a simulare le ali dell'aquila. La stessa sorte toccata al sovrano di Northumbria, Ella, ed entrambe raccontate nella Saga di Ragnarr. Non c'è tuttavia certezza che questi fatti siano accaduti: Roberta Frank ad esempio, autrice di "Viking atrocity and Skaldic verse: The Rite of the Blood-Eagle", la ritiene un'erronea interpretazione della poesia scaldica, che citerebbe l'aquila giusto come metafora. Ivarr sarebbe il rapace che cala sulla schiena di Ella, la sua preda, dilaniandola. Gli autori del XII e XIII secolo avrebbero distorto il significato originale per enfatizzare la brutalità del loro passato pagano. Tornando alla situazione economica e politica dei quattro regni, qualcosa di più ci è arrivato in merito alle ricchezze di Northumbria e Mercia ma, ancora una volta, non abbiamo idea delle relazioni famigliari, né delle politiche e i governi dei singoli re. In quest'ottica è impossibile capire il perché abbiano fallito e fare un confronto con la sopravvivenza del Wessex.
Non si chiamano Secoli Bui, del resto, per nulla: le cronache emerse con il tempo risultano contraddittorie o molto spesso volte a valorizzare le vittorie e dissimulare le sconfitte. Non è neppure chiara la potenza militare vichinga in tal senso, con scritti che raccontano impossibili battaglie tra circa 40mila invasori e soli duecento soldati (Abbone il Curvo, Assedio di Parigi nell'885-86). Maggior credito può darsi alla "Cronaca anglosassone", che è molto più reticente nell'offrire numeri precisi e spesso si limita ad accennare a grandi eserciti. Anche nel merito delle perdite nemiche, si tende a restare sul vago con giusto alcune eccezioni come la battaglia di Ashdown, una di ben nove combattute nell'871 in cui si dice che furono uccisi molte migliaia di danesi, presumibilmente nel tentativo di accentuare il principale trionfo del Wessex in un anno conclusosi male con la sconfitta a Wilton, che spinse re Alfredo a ritirarsi per diversi anni e pagare una tangente (Danegeld) affinché i danesi spostassero le loro mire altrove. In questo periodo di incertezze storiche, ci sono ben pochi dubbi sul fatto che Alfredo il Grande abbia impedito la resa totale dell'Inghilterra - oltre ad aver promosso istruzione e alfabetizzazione.
Alfredo il Grande
Nato nell'849 e morto nell'899, Alfredo (poi passato alla storia come Alfredo il Grande) aveva ben poche possibilità di salire al trono: davanti a lui c'erano quattro fratelli maggiori, inoltre pare che egli stesso abbia dichiarato di non desiderare il potere della corona. Una vita da studioso sembrava essere più adatta, il che spiega gli sforzi per promuovere cultura e alfabetizzazione nel regno. Dalla madre ereditò l'interesse per la poesia inglese e fin da giovane coltivò il desiderio di conoscere il latino, forse stimolato dalle visite a Roma nell'853 e nell'855. Ciononostante, non ottenne quell'educazione alla quale tanto ambiva se non molto più tardi. Per certo fu educato nelle arti militari, comune per un giovane del suo rango: la prima volta in cui è documentata la sua presenza sul campo di battaglia risale all'868, quando lui e il fratello, il re Etelredo I, soccorsero Burgred di Mercia contro un'armata danese che era sbarcata nell'Anglia Orientale nell'865 e aveva poi preso possesso della Northumbria nell'867. I danesi si rifiutarono di lottare e fu dichiarata pace. Nello stesso anno Alfredo sposò Ealhswith, che discendeva dai re merciani.
Verso la fine dell'871, i danesi invasero il Wessex ed Etelredo li affrontò in diverse battaglie assieme ad Alfredo, che gli succedette quando morì. Dopo una battaglia senza successo a Wilton si siglò una nuova tregua sulla base del Danegeld e Alfredo fu costretto alla ritirata per cinque anni: forse la resistenza del Wessex fu parte del motivo per cui i danesi non attaccarono in tutto quel tempo ma il denaro giocò sicuramente un ruolo di spessore. Nell'876 i danesi avanzarono di nuovo verso il Wessex, si ritirarono nell'877 senza aver concluso granché ma arrivarono quasi a ribaltare le sorti del conflitto con un attacco a sorpresa nell'878: si stabilirono a Chippenham e tutti i sassoni occidentali si sottomisero, a eccezione di re Alfredo. Questi infastidì i danesi da un forte nelle paludi del Somerset e fu solamente sette settimane dopo Pasqua, radunato un esercito abbastanza potente, che li sfidò e li sconfisse nella battaglia di Edington. Gli invasori si arresero e il re, Guthrum, venne battezzato: l'anno dopo si stabilirono nell'Anglia Orientale.
Il Wessex non fu mai più in un simile pericolo. Alfredo ebbe una tregua dal campo di battaglia fino all'885, quando respinse un'invasione del Kent da parte di un esercito danese, sostenuto proprio dai danesi dell'Anglia Orientale. Nell'886 prese l'iniziativa e conquistò Londra, un successo che portò tutti gli inglesi non sotto il dominio danese ad accettarlo come re. Il possesso di Londra rese inoltre possibile la riconquista dei territori danesi durante il regno di suo figlio, e lo stesso Alfredo si stava probabilmente preparando a farlo, ma un grave attacco da parte di una grande forza danese dal continente europeo lo bloccò dall'892 all'896. L'incapacità dei danesi di fare ulteriori progressi contro Alfredo fu in gran parte il risultato delle misure difensive intraprese durante la guerra. Furono rafforzati i vecchi forti, ne furono costruiti di nuovi in siti strategici e furono prese disposizioni affinché fossero mantenuti sempre attivi. Alfredo riorganizzò il suo esercito e usò navi contro gli invasori già nell'875. In seguito fece costruire imbarcazioni più grandi sulla base di un suo progetto per l'utilizzo contro le incursioni costiere che continuarono anche dopo l'896. La diplomazia fu un altro importante elemento durante il regno di Alfredo: egli mantenne relazioni amichevoli con Mercia e Galles, tanto che i sovrani gallesi cercarono il suo sostegno e fornirono truppe al suo esercito nell'893.
Alfredo si dimostrò capace al governo quanto lo fu in guerra. Lo si ricorda come un amministratore saggio, che prese provvedimenti per garantire la protezione dei più deboli dall'oppressione da parte di giudici ignoranti o corrotti. Promulgò un importante codice di leggi, sempre con particolare attenzione alla protezione dei deboli e dei subordinati. Pur evitando inutili cambiamenti nelle usanze, limitò la pratica della faida e impose pesanti sanzioni per la violazione di un giuramento o un impegno. L'eccezionalità di Alfredo, tuttavia, viene elogiata soprattutto per il suo atteggiamento verso l'apprendimento. Condivideva l'opinione contemporanea secondo cui le incursioni vichinghe erano una punizione divina per i peccati del popolo e le attribuiva al declino dell'apprendimento, poiché solamente attraverso l'apprendimento gli uomini potevano acquisire saggezza e vivere secondo la volontà di Dio. Quindi, dopo l'attacco tra l'878 e l'885, invitò gli studiosi alla sua corte dalla Mercia, dal Galles e dal continente europeo. Imparò lui stesso il latino e iniziò a tradurre i libri latini in inglese nell'887. Fece sì che tutti i giovani liberi professionisti con mezzi adeguati imparassero a leggere l'inglese e, grazie alle sue stesse traduzioni e quelle dei suoi assistenti, rese disponibili versioni inglesi di "quei libri la cui conoscenza era necessaria per tutti gli uomini ", libri che li avrebbero condotti alla saggezza e alla virtù.
Alfredo, unico re degli anglosassoni, ispirò una biografia integrale, scritta nell'893 dallo studioso gallese Asser: in quest'opera sono contenute molte informazioni preziose e rivela che Alfredo ha lavorato duramente sotto il peso di malattie dolorose e ricorrenti. Nella retorica di Asser si intravede un uomo di natura benevola, pieno di compassione, capace di ispirare affetto e assolutamente consapevole delle responsabilità che la corona portava con sé. Un'immagine confermata dalle leggi e dagli scritti stessi di Alfredo.