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Com'è cambiata la musica nei videogiochi, da Pong a Hans Zimmer e Michael Giacchino

Esploriamo l'evoluzione della musica nei videogiochi, dalle origini su circuito stampato alle grandi orchestrazioni dei nostri tempi.

SPECIALE di Mattia Pescitelli   —   30/05/2024
Un Luigi rockettaro spicca tra una miriade di vecchie glorie dei videogiochi

Pensate a una scena di un videogioco che vi ha particolarmente colpito, emozionato, magari persino scosso. Ecco, ora immaginate (o, meglio, andate a riguardare) quella stessa scena, ma senza sonoro. Tutta un'altra musica, non è così? Perché sì, molte volte lo diamo per scontato (e per molto tempo anche gli sviluppatori lo hanno fatto), ma il sonoro è uno degli elementi cardine dell'esperienza audiovisiva che chiamiamo "videogiochi". Quando si passa da una generazione di piattaforme videoludiche all'altra si fa subito appello al balzo grafico, alla spettacolarità delle immagini su schermo, alla complessità degli effetti ambientali, ma il sonoro rimane, il più delle volte, relegato a un'appendice sulla scheda tecnica. Eppure, anche l'esperienza audio è mutata negli anni, grazie per la gran parte all'avanzamento tecnologico che ha permesso agli sviluppatori di imprimere ai loro titoli delle qualità sonore sempre più articolate. Per questo, ci pare che sia arrivato il momento di dare a questo elemento fondante dell'esperienza videoludica il giusto spazio e la gloria che, negli anni, gli è sempre stata strappata dalla sua controparte grafica, con particolare attenzione posta sui commenti musicali, vero collante dei nostri ricordi visivi.

Seguiteci, se volete, in questa breve storia dell'evoluzione della musica nei videogiochi.

Un'origine muta

Proprio come il cinema, anche i videogiochi sono nati muti. Gli esperimenti a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta (tra cui quello considerato dai più come il primo videogioco, Spacewar!), come anche la prima console casalinga, il Magnavox Odyssey, non presentavano alcuna componente sonora. Bisogna aspettare il 1972 con Pong per trovare il primo, ipnotico, suono legato al gameplay di un videogioco.

Madre e figlio giocano a Pong in un'immagine promozionale d'epoca
Madre e figlio giocano a Pong in un'immagine promozionale d'epoca

Un feedback semplice, immediato, in grado di far capire, senza troppi fronzoli, che la pallina è stata respinta con successo. Questo è il punto di partenza. Tutto è nato da quel breve, iconico suono. Pur non essendo una strada in discesa, è stata definitivamente abbattuta la diga che separava il visivo dall'audiovisivo. Non si torna indietro.

Primi esperimenti

È il 1975 quando un distinto signore che risponde al nome di Tomohiro Nishikado realizza una colonna sonora per i titoli di apertura di Gun Fight. Per la prima volta, una composizione musicale entra a far parte di un videogioco attraverso l'utilizzo di un microprocessore in grado di convertire il codice in onde sonore analogiche. L'audio mono fa il suo ingresso nei videogiochi.

Ma la prima pietra miliare delle colonne sonore videoludiche va attribuita a Space Invaders, la cui musica è stata composta sempre da Nishikado nel 1977. Quel basilare ripetersi di quattro note, in costante accelerazione man mano che i nemici si avvicinano al giocatore, ha colpito così a fondo l'immaginario collettivo da diventare caso di studio per comprendere quanto un accompagnamento musicale influisca sulle prestazioni e le condizioni mentali e corporee di un individuo.

Un ulteriore punto di svolta arriva nel 1978 con l'uscita sul mercato dell'Odyssey2, la prima console che presentava le ROM programmabili direttamente nelle cartucce e non più tra i componenti interni della console. Questo consentiva agli sviluppatori di aggiungere suoni originali e non limitati alla libreria prestabilita dai realizzatori dell'hardware casalingo.

Il campo da gioco molto stilizzato di Major League Baseball, primo videogioco con voce sintetizzata
Il campo da gioco molto stilizzato di Major League Baseball, primo videogioco con voce sintetizzata

Se fino a quel momento si è assistito a ciò che è stato un po' l'accompagnamento musicale durante le proiezioni dei film muti, è nel 1979 che la voce entra finalmente a far parte dei videogiochi.

Il cantante di Jazz dei videogiochi è Major League Baseball per Intellivision, in cui la voce di un arbitro (pur non essendo un audio registrato in studio, bensì il risultato di una sintetizzazione vocale fatta al computer) esclama gli avvenimenti principali del gioco ("strike", "out" e via dicendo). Dopo questo risultato, un nuovo decennio è alle porte e il suono dei videogiochi si troverà a vivere un'impennata esponenziale.

Gli anni delle innovazioni

Gli anni Ottanta sono gli anni in cui i suoni iniziano a farsi sempre più ingombranti nei videogiochi. Esplosioni, spari, bolle, versi fantascientifici e rumori astratti diventano la costante dei videogiochi sviluppati per le console casalinghe, oltre che la colonna sonora delle sale giochi di tutto il mondo. Nel mentre, anche le composizioni musicali appositamente create per i titoli più blasonati iniziano a riscuotere riconoscimenti e rilevanza.

La prima colonna sonora a essere stata distribuita indipendentemente dal gioco è stata quella di Tempest, il primo videogioco vettoriale a colori, uscito su Atari nel 1981.

L'astrattismo vettoriale di Tempest per Atari
L'astrattismo vettoriale di Tempest per Atari

L'incremento della qualità degli accompagnamenti musicali, oltre al costante avanzamento tecnologico, ora in grado di fornire più memoria per gestire un maggior numero di dati, portò gli sviluppatori a rivedere la loro scala di valori, che fino ad allora (e ancora per diverso tempo, almeno fino all'introduzione massiccia dei dischi masterizzati come supporto per i videogiochi) ha sempre visto le meccaniche di gioco in testa, poi la grafica e, infine, il comparto sonoro.

Il protagonista di Dragon's Lair cerca di non farsi notare dal drago
Il protagonista di Dragon's Lair cerca di non farsi notare dal drago

Inoltre, il primo passaggio da audio mono a stereo arrivò nel 1983 con Dragon's Lair, una mosca bianca nella storia videoludica; uno dei primi esempi di ibridazione tra cinema e videogiochi.

L'ascesa di Nintendo

È il tempo di Nintendo e della sua ascesa. Dagli 8-bit del NES ai 16-bit del Super Nintendo, l'azienda nipponica è stata una tra le pioniere in campo sonoro, principalmente per il picco qualitativo raggiunto dalle sue produzioni. Nessuno si scorda delle colonne sonore di Super Mario Bros. o di The Legend of Zelda, pilastri in un'epoca dove il sonoro era rilegato alle fasi secondarie dello sviluppo.

Proprio Super Mario divenne un punto di riferimento per una progettazione del suono capace di fornire ai giocatori riferimenti che non fossero unicamente visivi. L'audio si faceva compagno dell'azioni attraverso indizi sonori che risultavano quasi invisibili, se non ci si fermava a ricercarli.

Altro grande classico nato in quegli anni è Final Fantasy. Uscito nel 1987 su NES, il gioco, accompagnato dalla colonna sonora di Nobuo Uematsu, segna l'inizio di una maggiore ricercatezza musicale, che sfocerà negli anni successivi (e nei successivi capitoli della saga) nella ricerca di una sonorità sempre più orchestrale e sontuosa, in linea con quanto si può trovare al cinema.

Sega scende in campo

Nel 1989, mentre Nintendo commercializzava la sua rivoluzione portatile, il Game Boy, l'azienda giapponese Sega, per contrastare l'uscita di un'altra console su suolo statunitense, la TurboGrafx-16 (con processore grafico da 16-bit, all'avanguardia per l'epoca), portò sul mercato il successore del leggendario Sega Master System: il Sega Mega Drive.

Classica partita di football in Joe Montana II, primo titolo sportivo ad avere un commento della partita costante
Classica partita di football in Joe Montana II, primo titolo sportivo ad avere un commento della partita costante

Siamo alla svolta del decennio e i 16-bit non sono più il futuro, ma stanno velocemente diventando il presente. I potenti processori di questa e altre console sono stati i veri punti di svolta delle colonne sonore per videogiochi. Una maggiore memoria dedicata indicava una maggiore ricchezza del suono, con strutture sempre più articolate.

Il 1991 è stato un anno importante per l'evoluzione del sonoro nei videogiochi. Da un lato abbiamo l'arrivo sul mercato di Joe Montana II: Sports Talk Football, che introduceva un commento di quanto accadeva in campo in tempo reale (non più solo gli "eliminato", ma un completo resoconto della partita in corso). Dall'altro, usciva un titolo che rivoluzionò, a modo suo, la musica per i videogiochi: Streets of Rage.

I protagonisti circondati dall'intera squadra di cattivi in Streets of Rage 2
I protagonisti circondati dall'intera squadra di cattivi in Streets of Rage 2

Tra il primo e il secondo capitolo passò solo un anno, ma il compositore Yuzo Koshiro riuscì a padroneggiare in maniera così superba la tecnologia messa in gioco dal Mega Drive che ne scaturì una colonna sonora in grado di influenzare la (e lasciarsi influenzare dalla) scena internazionale della musica underground.

L'arrivo della dinamicità

Fino ad ora, tutto gli accompagnamenti musicali che abbiamo citato (tranne qualche piccolissima eccezione sperimentale, come Lazy Jones per Commodore 64 e MSX) presentano una dimensione statica, con un inizio e una fine ben definiti, che possono, al massimo, riprodursi in loop infiniti, ma sempre uguali.

Questo modo di implementare la musica nei videogiochi, però, non andava a genio a Michael Land, compositore delle colonne sonore della serie di Monkey Island.

Guybrush sta per addentrarsi in un luogo misterioso nella scena della palude di Moneky Island 2
Guybrush sta per addentrarsi in un luogo misterioso nella scena della palude di Moneky Island 2

Durante la lavorazione del primo capitolo, Land aveva in mente molte cose, ma la maggior parte non riuscì a realizzarle a causa di alcune limitazioni tecniche. Così, assieme al collega Peter McConnell, decise di imbarcarsi in un'impresa che si rivelò più complicata del previsto: creare un sistema in grado di gestire dinamicamente la musica all'interno di un videogioco. Tale sforzo congiunto portò alla nascita di iMUSE (interactive Music Streaming Engine), un motore di gioco in grado di sincronizzare la musica con quanto accade su schermo in modo fluido e senza tagli percettibili. Oggi sembra una cosa scontata, ma è proprio da qui che la musica cambia, letteralmente.

Land sfruttò iMUSE per la realizzazione di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, che presentava le prime vere transizioni musicali adattive dei videogiochi. La tecnologia, poi, venne utilizzata anche per tutti gli altri titoli LucasArts, tra tutti Star Wars: X-Wing, dove parte il tema ribelle o la marcia imperiale a seconda del tipo di astronave che passa sullo schermo, il tutto in modo impercettibile e completamente amalgamato.

Potere ai giocatori

L'arrivo della dinamicità musicale permise all'industria di espandersi ancora di più, fino a inglobare appieno il mondo discografico. Così nacquero progetti come Dance Dance Revolution, PaRappa The Rapper, DrumMania e, ovviamente, Guitar Hero; giochi in cui l'accompagnamento musicale era in grado di mutare a seconda della bravura del giocatore, che diventava quasi fautore dell'ottima resa di un brano (o della sua totale rovina).

Esperienze musicali dinamiche che arrivano all'estremo, come la possibilità di suonare una vera chitarra mentre si gioca a Rocksmith
Esperienze musicali dinamiche che arrivano all'estremo, come la possibilità di suonare una vera chitarra mentre si gioca a Rocksmith

Non solo, l'industria discografica iniziò a interessarsi ampiamente alle possibilità offerte, insinuandosi prima con tracce cedute su licenza, per poi arrivare a vere e proprie canzoni realizzate appositamente per determinati videogiochi da parte degli artisti più influenti del panorama musicale (ne sono un esempio il sodalizio con Bring Me The Horizon e Chvrches per Death Stranding o la più recente collaborazione di Aurora e la band norvegese Heilung per Hellblade II, o ancora Hozier per God of War Ragnarok o i OneRepublic per Assassin's Creed Mirage; la lista è lunga), fino ad arrivare al paradosso dei concerti ospitati virtualmente da videogiochi come Fortnite o Roblox.

Orchestrazioni infinite

Il risvolto della medaglia di questa svolta dinamica è il fatto che le composizioni orchestrali, realizzate con intento lineare, iniziano a trovarsi immerse in un processo creativo che le vuole mutevoli e camaleontiche, in grado di adattarsi a qualsiasi evenienza. Ecco, quindi, che iniziano due vite: quella sullo schermo e quella sullo "stereo". Da una parte, l'esperienza di gioco, fatta di agganci infiniti e invisibili. Dall'altra, il mercato discografico, dove quella stessa colonna sonora viene riproposta nell'idea originale (il più delle volte) di chi l'ha composta.

All'interno dell'X Wing durante un assalto alla flotta imperiale
All'interno dell'X Wing durante un assalto alla flotta imperiale

Oggi questo divario è sempre maggiore. Man mano che il mercato spinge verso la commercializzazione della colonna sonora originale sulle piattaforme di streaming musicale, verso la realizzazioni di edizioni fisiche di pregio impresse su vinile o musicassette (quasi una retrocessione alle origini, quando erano proprio questi i supporti di partenza per portare i commenti musicali all'interno dei videogiochi), verso i grandi concerti dal vivo eseguiti dalle più prestigiose orchestre mondiali, si fa sempre più fatica a trovare il corrispettivo di quanto ascoltato durante la partita.

Questo proprio perché quella che ci appare come una traccia unica, in realtà sono decine di tracce che si accavallano, si fondono, si amalgamano in un minestrone sonoro che ci appassiona, che ci accompagna egregiamente (il più delle volte) durante la nostra avventura, ma che poi, fin troppo spesso, trova vita solo nei nostri ricordi. Perché sì, quel leitmotiv che ci ha catturato lo possiamo ritrovare, ma magari non nell'estensione che ci siamo abituati ad ascoltare.

Esempi di disallineamento

Facciamo due esempi, opposti l'uno all'altro: A Plague Tale: Innocence e Red Dead Redemption 2. Nel primo esiste una traccia formidabile, intitolata The Killing; un vorticoso e ripido lamento d'archi che riassume l'essenza intera di Innocence. La versione commercializzata con la colonna sonora ufficiale dura un minuto e mezzo e si lascia ascoltare egregiamente, quasi un cerotto strappato durante il sofferto viaggio nella vita adulta dei due fratelli francesi. All'interno del gioco, invece, questa traccia parte durante uno dei primi scontri in campo aperto che il giocatore si trova ad affrontare. Ed ecco che quel minuto e mezzo diventa un loop infinito, che continua finché non si riesce a sconfiggere l'avversario. Capite da voi che il brano già non è dei più leggeri da ascoltare, con questi archi straziati dagli orchestrali. Se poi lo si mette anche in loop ecco che si va inevitabilmente ad appesantire l'esperienza finale.

Arthur Morgan, il contorto protagonista di Red Dead Redemption 2
Arthur Morgan, il contorto protagonista di Red Dead Redemption 2

Nel caso di Red Dead Redemption 2, invece, ho aspettato sin dalla prima presentazione ufficiale la colonna sonora, perché il brano presente nel primo trailer mi aveva completamente stregato. Quello stesso brano, introvabile ovunque e, quindi, dato per scontato che si sarebbe trovato nel gioco finale, fa la sua apparizione nel menù iniziale al primo avvio. Sono, ovviamente, su di giri. Aspetto, quindi, con pazienza l'uscita della colonna sonora ufficiale. Ed ecco la delusione: della traccia non c'è neanche l'ombra, come non c'è l'ombra di molte altre suggestioni sonore che mi è capitato di ascoltare durante le mie placide scampagnate tra le praterie americane.

Questo perché la gran parte è un insieme di suoni, rumori e movimenti di accompagnamento che non sono riusciti a trovare un posto concreto e lineare nella colonna sonora ufficiale firmata da Woody Jackson, che Take-Two e Lakeshore Records hanno deciso di pubblicare diverso tempo dopo l'uscita del titolo. A essere privilegiate sono state le tracce più incisive, che scandivano determinati momenti particolarmente cinematografici o transitori all'interno della storia. E delle mie amate suggestioni americane, nessuna traccia.

Quello che è rimasto (e che sarà)

Da tutta questa epopea nasce ciò che oggi abbiamo tra le mani e possiamo sentire. Le sperimentazioni con i suoni da circuito stampato sono rimaste la prerogativa di un ristretto numero di appassionati e nostalgici, mentre il medium si spinge sempre più verso le coste cinematografiche, non tanto per annientare l'avversario, quanto per spodestarlo dal suo trono al centro dell'immaginario collettivo. I videogiochi sembrano volersi affrancare dallo stereotipo ancora incalzante del "passatempo per ragazzi" e insinuarsi all'interno di un processo produttivo che va a saccheggiare proprio dall'industria cinematografica e televisiva per proporre produzioni sempre più grandi, sempre più intricate, sempre più dispendiose.

Un duello fatale in Gun Fight, primo videogioco a implementare una traccia musicale appositamente composta
Un duello fatale in Gun Fight, primo videogioco a implementare una traccia musicale appositamente composta

Proprio Ubisoft ha recentemente affermato che si vuole concentrare solo sui suoi progetti cardine, come anche Square Enix. E se produzioni di alto calibro vanno a richiamare nomi come Hans Zimmer, Michael Giacchino, Bear McCreary o Gustavo Santaolalla per comporre le colonne sonore dei loro pezzi da novanta, "fossilizzandosi" su commenti musicali sontuosi, epici (pur non mancando eccezioni di stupefacente sperimentazione), è dal panorama indipendente che si percepisce quel grado di innovazione giocosa cara agli anni giovanili del medium.

Da un lato l'affermazione sul mercato e la possibilità di portare sul tavolo nuove frontiere tecnologiche. Dall'altro, il rischio di proporre qualcosa di diverso, di sfruttare in modi inaspettati l'innovazione tecnica, di dare uno sguardo al passato e uno al futuro. Ciò che accade oggi è una "scissione unificante", un ossimoro: la ricerca del mercato fuori dal proprio mercato (uscite discografiche, concerti dal vivo), inseguendo un tipo "classico" di composizione che, allo stesso tempo, viene alimentato dall'influenza delle possibilità sperimentali in campo videoludico. È un cane che si morde la coda, senza un inizio né una fine.

Il primo videogioco della storia, Spacewar!
Il primo videogioco della storia, Spacewar!

Tutto ciò che abbiamo visto ha, in qualche modo, influenzato l'industria musicale, cambiandola radicalmente, portando un medium, dai più considerato "basso", nelle prestigiose sale da concerto internazionali. Frammenti estrapolati dalle più famose colonne sonore sono diventati parte integrante di successi commerciali. L'affermazione che il linguaggio videoludico ricerca con tanta strenuità, in fin dei conti, l'ha già ottenuta tanto tempo fa, quando si è insinuato nel tessuto sociale a livelli talmente impercettibili da diventare, esso stesso, quasi un rumore di fondo; una colonna sonora dinamica che cambia a seconda della scena, si adatta e rimane invisibile, in attesa di brillare quando ce n'è più bisogno.