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Peter Molyneux, l'uomo che ha reso i videogiocatori delle divinità

Tracciamo la storia e il profilo di Peter Molyneux, l'uomo che ha reso i videogiocatori delle divinità e che negli ultimi anni non gode di ottima fama.

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   25/06/2023
Peter Molyneux, l'uomo che ha reso i videogiocatori delle divinità

Peter Douglas Molyneux, da ora solo Peter Molyneux, nacque a Guildford, nel Regno Unito, il 5 maggio del 1959. Fu lui stesso a spiegare in un documentario del canale YouTube G4 icons il ruolo avuto dalla madre nello sviluppo della sua passione per il game design. La donna possedeva un negozio di giocattoli, ma in casa non giravano molti soldi. Così Peter era costretto a giocare solo con giocattoli di seconda mano, senza istruzioni, di cui doveva inventare il funzionamento con sua sorella: "Mia madre gestiva questo negozio di giocattoli, che potrà sembrare una cosa fantastica per un bambino perché fa credere che ha avuto accesso a tutti i giocattoli conosciuti all'uomo. In realtà, ciò che significò davvero è che a noi arrivavano tutte le cose rotte e che la gente non voleva comprare. Ricevemmo molti giochi senza istruzioni, dei set di Monopoli senza soldi. Quindi toccava a noi creare le regole. Credo che questa cosa mi abbia influenzato moltissimo."

Già a dodici anni il giovane Molyneux manifestò un buon senso degli affari, gestendo un'attività di giardinaggio in cui coinvolse la sorella e alcuni amici, trovando loro dei lavoretti e prendendosi una consistente fetta delle paghe. Il nostro soffriva inoltre di dislessia, un disturbo del neurosviluppo che comporta delle difficoltà nella capacità di leggere, che risulta scorretta, lenta e imprecisa, oltre che di difficile comprensione, che gli fu però diagnosticato solo all'università. Laureatosi all'Università di Southampton come Doctor of Science, scoprì la sua passione per i videogiochi solo quando già diciassettenne, come ha raccontato egli stesso in un'intervista concessa per il documentario "From Bedroom to Billions", poi raccolta nel volume "Britsoft: An Oral History" curato da Alex Wiltshire: "Ricordo distintamente la prima volta che vidi un videogioco. Fu dalla vetrina di un negozio di Guildford High Street. Era una console Pong di Binatone. Rimasi a bocca aperta davanti alla vetrina, guardando questa racchetta bianca fare su e giù nella modalità demo. All'epoca avevo diciassette anni e non avevo un soldo, ma pensai subito che non mi importava cosa dovessi fare, l'avrei posseduta. Quindi tornai subito a casa, rubai dei soldi dalle tasche di mia nonna, tornai al negozio e acquistai la mia macchina Pong di Binatone." L'hardware non durò molto, la versione di Pong di Binatone era pura spazzatura, ma per Molyneux fu "un momento seminale della mia vita. Prima di allora ero solo il guscio di un essere umano, ma dopo quel momento diventai ciò che sono oggi."

Gli inizi

Il Pong di Binatone, il primo videogioco di Molyneux
Il Pong di Binatone, il primo videogioco di Molyneux

Il primo computer di Molyneux fu un Acorn Atom, con cui iniziò a studiare programmazione, copiando i listati dalle riviste di videogiochi di allora, pratica all'epoca molto comune tra gli appassionati (spesso erano uno degli unici modi per avere titoli freschi, per quanto spesso elementarissimi). Presa fiducia, iniziò a sperimentare con i suoi primi videogiochi, molto semplici: "Ricordo di essere riuscito a far andare un pixel fuori dallo schermo dell'Acorn Atom. Sai, fu qualcosa di molto simile alla soddisfazione sessuale. Fu incredibile, quel punto che diventava qualcos'altro, anche in quel gioco semplicissimo." Molyneux visse in pieno l'ascesa dei computer economici che si affermarono sulla scena inglese, come lo ZX80, il Commodore 64 o il più costoso BBC Micro; importantissimi nella diffusione della cultura informatica per il Regno Unito, grazie alla loro accessibilità. Con il tempo, Molyneux divenne un programmatore abbastanza esperto e fu assunto in un'azienda locale grazie alle sue capacità, dove prese a sfruttare i computer del suo ufficio per scrivere dei piccoli giochi: "All'inizio non pensavo assolutamente che avrei potuto fare di soldi con ciò che facevo. Di fatto era un'attività distruttiva per la mia vita! Capisci, non avevo una ragazza, non avevo dei veri amici. Passavo tutto il mio tempo libero seduto davanti al computer fumando sigarette, bevendo lattine di Coca-Cola e mangiando pizza."

Molyneux illustra un suo gioco
Molyneux illustra un suo gioco

Nel suo tempo libero, Molyneux amava anche andare nei negozi di informatica, uno dei quali aveva aperto vicino casa sua a Guildford, dove passava moltissimo tempo provando nuovi videogiochi e parlando con altri appassionati come lui. I negozi ebbero un ruolo chiave nella formazione della scena inglese, visto che sin da subito assunsero il ruolo di luoghi di aggregazione per gli appassionati. Fu proprio frequentando i negozi di informatica che molti sviluppatori iniziarono a vendere i loro giochi creati nelle loro camerette e sempre da questi luoghi nacquero alcuni grossi editori come Gremlin Graphics. Non stupisce quindi che anche Vulcan Computing, la prima compagnia di Molyneux, fondata insieme al suo amico e socio in affari Les Edgar, ora nel settore delle automobili, derivò da quel contesto. Molyneux iniziò creando giochi educativi, ma non solo, che provava a vendere alle scuole e dentro la Royal Horticultural Halls di Londra: "Non c'era alcun senso degli affari, davvero, perché non stavamo rischiando nulla. Tutto ciò di cui avevo bisogno erano 17 pence, ossia il prezzo di una lattina di fagioli con cui nutrirmi. Non avevo altre responsabilità o pensieri. Capisci, all'epoca la vita era davvero semplice."

Britsoft An Oral History contiene moltissime interviste preziose di sviluppatori storici, tra i quali Molyneux
Britsoft An Oral History contiene moltissime interviste preziose di sviluppatori storici, tra i quali Molyneux

Il primo gioco firmato di Molyneux fu The Entrepreneur, un gestionale testuale in cui credeva davvero molto, al punto da acquistare una pagina pubblicitaria su di una rivista e da avvisare telefonicamente gli addetti dell'ufficio postale della sua zona che presto avrebbero avuto un carico di lavoro extra. In realtà vendette solo due copie, probabilmente a sua madre (non lo seppe mai con certezza), come ebbe a raccontare in più occasioni. Nonostante l'insuccesso, che non gli pesò molto in termini economici, fu sviluppando quel gioco che concretizzò per la prima volta parte della sua visione del videogioco, inteso come strumento per manipolare mondi. A pesargli, costringendolo a chiudere Vulcan Computing, fu un altro fatto: la stampa di mille copie di un software musicale a un distributore che si era detto intenzionato a venderle. Molyneux confezionò a mano le copie, dovendo anche buttarne molte, ma riuscendo a consegnarle in tempo al committente... che però non gliele pagò mai, portandolo al fallimento.

Quel brutto momento rischiò di allontanarlo per sempre dal mondo dei videogiochi. Molyneux fondò infatti una nuova compagnia, chiamata Taurus, che si occupava di vendere fagioli in scatola in Medioriente. Gli affari non erano stellari, ma andavano bene, tanto che il buon Peter poté permettersi di acquistare i sistemi da gioco più moderni e di continuare a sviluppare per conto suo. Nel frattempo aveva anche preso a frequentare altri sviluppatori come Archer Maclean (il recentemente scomparso autore della serie International Karate), Jez San (uno dei fondatori di Argonaut Software) e David Braben (padre di Elite e fondatore di Frontier Developments), per citarne alcuni. Comunque sia, nonostante la passione, all'epoca del commercio di fagioli Molyneux non aveva preso a lavorare per nessun editore e non stava più pubblicando nulla. Era diventato un hobbista, per così dire. Senonché avvenne un fatto che da solo racconta il personaggio meglio di qualunque altro.

Bullfrog

La conversione per Amiga di Druid II fu il primo gioco firmato da Bullfrog
La conversione per Amiga di Druid II fu il primo gioco firmato da Bullfrog

Un giorno Taurus ricevette una telefonata dalla Commodore, la compagnia del Commodore 64 e dell'Amiga, allora non ancora sul mercato. Come raccontato Molyneux, "Dissero: "Abbiamo sentito della vostra compagnia, Torus (notate il nome Ndr) e vorremmo avere i vostri prodotti sulla nostra macchina. Spediremo un'auto a prendervi e vi faremo portare nei nostri uffici. Andremo fuori a cena e vi mostreremo la nuova macchina che stiamo per lanciare, chiamata Amiga."" Molyneux accettò l'invito con gioia, pur chiedendosi cosa volesse farsene Commodore dei suoi fagioli. Né lui, né i suoi interlocutori si erano resi conto del malinteso, ossia che la chiamata era arrivata alla compagnia sbagliata. Peter ne prese coscienza durante la serata, ma a quel punto fece buon viso a cattivo gioco, fingendo di essere interessato e non parlando mai di prodotti veri e propri, così da non farsi scoprire. Ignara di tutto, Commodore gli promise e gli inviò sei Amiga. Ora doveva solo capire cosa farsene, visto che non erano compatibili con i fagioli. Cominciò con un database chiamato Acquisition, che fece capire a Commodore l'errore commesso. Comunque sia il software piacque al punto da far proseguire il rapporto d'affari. La fortuna era dalla sua parte. L'esperienza con un sistema così nuovo, già percepito dal mercato come un potenziale best seller, fruttò a Molyneux un contratto per convertire un gioco dal Commodore 64: Druid II (1987). Entrò così in contatto con il suo primo editore, Firebird, che gli diede 4.000 sterline per il lavoro, una cifra enorme per i suoi standard di allora. La conversione, pubblicata come Bullfrog Productions, la sua nuova compagnia che dovette il nome a una statuetta di ceramica che gli era piaciuta tantissimo, migliorò la sua conoscenza di Amiga e gli diede la spinta di realizzare un suo gioco completo, chiamato Fusion (1988), strano miscuglio tra uno sparatutto e un puzzle game di cui Molyneux non conserva ricordi particolari, tanto da non saper dire nemmeno perché lo fece.

Di Fusion Molyneux non ha particolari ricordi
Di Fusion Molyneux non ha particolari ricordi

Fu nelle fasi finali della lavorazione di Fusion, affidate a Glenn Corpes e Kevin Donkin, due suoi colleghi, che Molyneux iniziò a lavorare al suo primo capolavoro, quel Populous che ha fatto scuola inventando e canonizzando il genere dei god game. Il gioco fu sviluppato in un ufficio piccolo, maleodorante e senza bagno, in cui Peter e gli altri mangiavano cibo spazzatura tutti i giorni e facevano i bisogni in un lavandino: "Non rischiavamo niente e non credevo nemmeno che fosse un'idea originale (Popolous Ndr). Era più qualcosa del tipo (ancora oggi tendo a sviluppare giochi in questo modo), non sarebbe splendido avere un gioco con un piccolo mondo e delle piccole persone che lo popolano?" Da qui derivarono dei grossi problemi di sviluppo, perché in realtà l'idea era così originale, che non c'erano modelli a cui fare riferimento per gestire dei sistemi chiave come il movimento degli omini, che finivano per affogare nell'acqua. Ciò che non riusciva a gestire con la programmazione però, fu risolto con l'ingegno: da questo problema nacque l'idea di lasciare al giocatore l'onere di salvare i suoi fedeli alzando il terreno: "È per questo che il gioco venne in quel modo, perché facevo schifo come programmatore." L'originalità di Populous, uno strategico gestionale con visuale isometrica in cui il giocatore era chiamato a interpretare un dio che doveva far crescere di numero i suoi fedeli così da poter battere le divinità avversarie, in livelli di difficoltà crescente, causò anche un altro grosso problema, in questo caso con gli editori che, non riuscendo a definirlo o a comprenderlo, lo rifiutavano. Così senza soldi, Molyneux dovette svilupparlo da solo insieme a Glenn Corpes, con i due che sono arrivai a fare addirittura da tester per migliorarne gli equilibri, non potendo permettersi di assumere nessuno per svolgere il lavoro.

Populous ha inventato il genere dei god game
Populous ha inventato il genere dei god game

Per le fonti d'ispirazione di Populous è Molyneux stesso a raccontarle nella sua biografia ufficiale, L'oeuvre de Peter Molyneux: Les trois (vis)âges d'un créateur, scritta da Raphaël Lucas, purtroppo esistente solo in lingua francese e russa: "Ho sempre trovato affascinante questa scala di interazione: con una comunità, non con un individuo. Probabilmente, tutto ciò si basa su eventi di cui ho un ricordo vivido. Il primo è una storia di una raccolta horror che ho letto da adolescente. Non ricordo il nome dell'autore, ma trattava di un uomo che chiudeva persone minuscole in una gabbia e le osservava ogni giorno, torturandole fisicamente e psicologicamente. Alla fine loro si vendicano di lui. Il secondo evento è stato il gioco Little Computer People (1985, David Crane e Rich Gold). C'era una persona a cui si potevano impartire comandi con la tastiera. Se il giocatore non interagiva con lui, viveva semplicemente la sua vita di routine. Lo trovai affascinante. La terza fonte d'ispirazione è stata un episodio della serie TV "Beyond the Possible" chiamato "Sand Kings". In esso, lo scienziato scopre una razza di insetti intelligenti, li mette in un contenitore di vetro e inizia ad osservarli. Gli insetti, a loro volta, iniziano a considerarlo il loro dio, erigono statue in suo onore e alla fine scappano, uccidendolo. Ovviamente, il tema di influenzare un intero mondo è sempre esistito al di fuori dei giochi. È così emozionante rendersi conto di essere al di fuori di un tale universo e poterlo distruggere, migliorare, trasformare. Poi ho pensato: 'Cosa succederebbe se prendessi un bastone e iniziassi a stuzzicare un formicaio?' Cosa sarebbe successo se quello scienziato non fosse stato così crudele con gli insetti nell'episodio "Sand Kings"?"

Alla fine il gioco fu acquistato da Electronic Arts, che all'epoca era affamata di prodotti freschi da immettere sul mercato per consolidare la sua presenza in Europa e che di Bullfrog aveva già pubblicato Fusion e Flood, quest'ultimo un platform decisamente originale caratterizzato da un protagonista liquido che poteva arrampicarsi sulle pareti e sfruttare in vari modi il suo stato.

Flood era un platform interessante e a suo modo divertente, ma non uno dei lavori migliori di Bullfrog
Flood era un platform interessante e a suo modo divertente, ma non uno dei lavori migliori di Bullfrog

Purtroppo il contratto di pubblicazione era quasi estorsivo, visto che concedeva a Bullfrog pochissime royalty (il 10%), non fissava termini precisi per i pagamenti e dava all'editore il diritto di prelazione sui futuri giochi della compagnia, a prescindere dalla presenza o meno di offerte più vantaggiose. In pratica era un accordo capestro che metteva Molyneux e i suoi completamente nelle mani di EA, anche in assenza di un'acquisizione vera e propria (che arriverà successivamente). All'epoca era uno scenario abbastanza comune, che portò al fagocitamento e alla successiva distruzione di molti studi di sviluppo di grande talento da parte di editori fin troppo rapaci, considerando che l'industria era ancora nei suoi primissimi anni.

Comunque sia nessuno sapeva cosa aspettarsi da Populous. EA non disse a Bullfrog nemmeno a quanto ammontava la distribuzione iniziale. Molyneux e i suoi intuirono il successo solo quando furono raggiunti in ufficio da un giornalista videoludico all'epoca molto noto, Bob Wade della rivista Ace, che voleva parlare del gioco. Lo portarono in un pub e si ubriacarono tutti quanti. Quando gli chiesero cosa ne pensasse di Popolous, lui gli disse: "È il miglior gioco al quale abbia mai giocato", tra lo stupore generale. Nei giorni successivi iniziarono a uscire le prime recensioni di Populous all'interno delle riviste specializzate dell'epoca: aveva preso dei voti stellari, quindi Electronic Arts telefonò finalmente a Molyneux e gli disse che il gioco aveva riscosso un successo enorme e che lui era diventato un miliardario. "Non era del tutto vero, ma passai dall'urinare in un lavandino e dal dovere più soldi alle banche di quanto potessi immaginare a condurre una vita meravigliosa." Era nato il mito di Peter Molyneux e della sua Bullfrog, che negli anni successivi non avrebbe sbagliato un colpo... o quasi.

Soffocato da Electronic Arts

Powermonger poteva essere un altro capolavoro
Powermonger poteva essere un altro capolavoro

Ma torniamo al nostro contratto capestro. Populous era diventato un incredibile successo. Electronic Arts doveva a Bullfrog moltissimi soldi, ma non aveva alcun obbligo di pagare nell'immediato e fece passare mesi e mesi prima di farlo. Inoltre l'accordo prevedeva che lo studio di sviluppo producesse altri giochi per l'editore americano, quindi Molyneux dovette assumere nuovi sviluppatori per potenziare l'organico, avviò immediatamente lo sviluppo di Powermonger, un altro strategico isometrico di grandissimo spessore, purtroppo piagato da diversi problemi, derivati da un lancio troppo prematuro. Il motivo? Non c'erano fondi per rifinirlo, visto che gli unici disponibili erano quelli dell'anticipo dato da EA per il gioco, mentre le royalty di Populous erano ancora in là dall'essere pagate. Inoltre l'editore americano premeva per averlo per il Natale del 1990 e propose degli incentivi allo studio per riuscire a farcela per tempo, che portarono ad accettare certi compromessi, anche qualitativi. Così Bullfrog fu costretta a saltare tutta la fase di test interni, che aveva fatto la fortuna di Populous. Fu davvero un peccato, perché Powermonger aveva le potenzialità per essere un altro gioco epocale, ma finì per essere soltanto un buono strategico.

Populous II rifiniva ogni aspetto del primo capitolo e aggiungeva diverse novità
Populous II rifiniva ogni aspetto del primo capitolo e aggiungeva diverse novità

Andò molto meglio con Populous II: Trials of the Olympian Gods. Pubblicato inizialmente soltanto su Amiga nel 1991, fu realizzato con molti timori da parte di Molyneux e gli altri membri dello studio. Il motivo? All'epoca i seguiti non erano visti di buon occhio (come cambiano i tempi Ndr). Molyneux addirittura ricorda di aver provato una leggera sensazione di vergogna mentre lo sviluppava: "perché sulle riviste era considerato un crimine lavorare a un seguito. Era visto come poco originale e non in grado di innovare. Quindi creare il seguito di Populous mi faceva sentire sporco." Nemmeno a dirlo, a fare pressioni per averlo era Electronic Arts, che voleva capitalizzare sull'immenso successo del primo capitolo. All'inizio Populous II fu sviluppato con l'idea di aggiungere moltissime caratteristiche alla formula originale, ma presto si scelse una via più canonica e sicura e, al di là delle comunque molte novità, si decise di rifinire quanto di buono c'era nel primo ed era piaciuto ai giocatori. Ne uscì fuori un titolo ancora migliore, molto curato e, in generale, con meno problemi, per quanto in linea con il suo predecessore, che nel frattempo era stato convertito in diversi formati e stava facendo buoni numeri in tutto il mondo.

A quel punto Bullfrog era diventata uno dei nomi più famosi e apprezzati della scena inglese, conosciuta in tutto il mondo, e poteva permettersi di lavorare a diversi progetti contemporaneamente. Iniziò così a sviluppare varie idee, non tutte progettate da Molyneux, che in alcuni casi si limitò a svolgere il ruolo di produttore.

Theme Park definì un altro genere
Theme Park definì un altro genere

Fu un'epoca molto ricca per lo studio, che propose a stretto giro dei giochi fortemente innovativi e amatissimi come Syndicate (1993), Magic Carpet (1994) e Theme Park (1994), quest'ultimo opera di Molyneux stesso e considerato il papà dei gestionali moderni. La capacità di lanciare prodotti di altissimo livello e il successo perdurante dei suoi giochi, convinsero Electronic Arts a fare il passo successivo, prima acquistando quote di Bullfrog e nominando Molyneux vicepresidente e consulente dell'intera multinazionale, quindi acquisendola completamente nel 1995 con un'offerta molto conveniente. Del resto il contratto del primo Populous aveva stabilito un rapporto tra EA e Bullfrog che già rendeva quest'ultima una specie di studio proprietario, pur avendo mantenuto sulla carta la sua indipendenza, quindi non aveva senso non vendere.

Molyneux si sentiva però a disagio nel suo nuovo ruolo di vicepresidente, che lo portava a compiere molti viaggi d'affari negli Stati Uniti e a dedicare meno tempo a ciò che amava: sviluppare videogiochi. Inoltre Bullfrog era cresciuta moltissimo, raggiungendo i cento dipendenti e con i soldi di Electronic Arts si era trasferita in uffici molto più spaziosi e ricchi dei precedenti, ma anche più impersonali.

Dungeon Keeper fu l'ultimo gioco di Molyneux con Bullfrog... con cui inventò un altro genere
Dungeon Keeper fu l'ultimo gioco di Molyneux con Bullfrog... con cui inventò un altro genere

Questo mix di fattori convinse Molyneux a dare le dimissioni dal ruolo di vicepresidente di EA e di capo di Bullfrog. La decisione fu così repentina che EA non lo volle più in ufficio per paura che portasse via alcuni dei suoi vecchi dipendenti. Molyneux accettò di non poter più mettere piede nella compagnia che aveva fondato e finì di sviluppare da casa il suo ultimo gioco per Bullfrog, Dungeon Keeper (1997), un altro progetto fortemente innovativo che raggiunse un successo enorme. Sostanzialmente il giocatore era chiamato a svolgere il ruolo del gestore di un dungeon, che doveva costruire e dotare di strutture e mezzi i difesa per impedire agli eroi di conquistarlo. Molyneux aveva inventato un altro genere, aveva creato un'altra hit, era uno dei nomi più in vista dell'intera industria, ma ora doveva capire cosa fare della sua vita, mentre EA finiva di strangolare Bullfrog, facendola diventare l'ennesima software house sforna prodotti seriali, che non sapeva più innovare. Per inciso, la chiusura definitiva arrivò nel 2001, dopo alcuni anni molto difficili dovuti alla pessima gestione della casa madre, e non stupì davvero nessuno.

Arriva Lionhead Studios

Black & White non mantenne tutte le promesse, ma era comunque eccellente
Black & White non mantenne tutte le promesse, ma era comunque eccellente

Uscito da Bullfrog Peter Molyneux, insieme a Mark Webley, Tim Rance e Steve Jackson, fondò il suo nuovo studio di svillupo, Liohead Studios, che prese il nome dal criceto di Webley e rischiò di cambiarlo subito in Redeye Games perché l'animaletto morì poco dopo la formazione della compagnia. Fortunatamente non se ne fece niente perché Molyneux vedeva come troppo abusata la parola Redeye. Era ancora il 1997 e già dal suo primo progetto, Lionhead fece capire di aver raccolto l'eredità creativa di Bullfrog: si chiamava Black & White ed era un simulatore divino in cui gli enormi avatar delle divinità apparivano davvero in gioco scontrandosi tra di loro, sotto gli occhi dei fedeli. Black & White, che costò 6 milioni di dollari di sviluppo, pagati tutti da Molyneux stesso, era la summa massima della sua visione creativa, che al suo interno sperimentò ancora con il genere dei god game, inserendo elementi di simulazione di vita e strategia. Ironicamente fu pubblicato da Electronic Arts nel 2001, l'anno della chiusura di Bullfrog, ma con un contratto più conveniente per la software house e meno vincolante di quello di Populous. Molyneux aveva imparato la lezione e ora sapeva valutare i vantaggi di andare con un editore come EA, in particolare la sua capacità di distribuire i giochi in tutto il mondo attraverso delle reti commerciali ben rodate.

Con The Movies si potevano fare dei veri e propri film
Con The Movies si potevano fare dei veri e propri film

L'idea alla base di Lionhead era quella di realizzare giochi di qualità senza crescere troppo o troppo velocemente, attirando al contempo grandi talenti. In realtà non riuscì mai nell'intento, perché crebbe a un ritmo vertiginoso. Tra i primi dipendenti di Lionhead spiccano personaggi come Demis Hassabis, che aveva già lavorato con Molyneux a Syndicate e che fonderà la startup dedita allo sviluppo di intelligenze artificiali DeepMind nel 2010, Mark Healey, artista videoludico di lunga data che per Bullfrog aveva lavorato a Magic Carpet e Dungeon Keeper e finirà per fondare Media Molecule, e Alex Evans, altro enorme talento che figura tra i fondatori di Media Molecule, software house ancora attiva e attualmente first party di PlayStation, che di fatto è nata da Lionhead (i quattro fondatori provengono tutti da lì).

Lionhead era uno studio fortemente creativo, osservato da tutta l'industria per i nomi che ne facevano parte (all'epoca c'era molta più attenzione di oggi per chi sviluppava videogiochi, cui si andava riconoscendo un ruolo autoriale). Black & White fu accolto con grande favore dalla critica e dal pubblico, vinse diversi premi e dimostrò, come se ce ne fosse bisogno, che erano le persone a fare i giochi, non i marchi: lì dove Populous: The Beginning si era dimostrato un seguito debole e poco ispirato, Molyneux e i suoi avevano preso il genere dei god game e gli avevano fatto fare il passo successivo. Lionhead era anche molto attiva lato stampa, con Jackson che scriveva editoriali per diverse riviste e Molyneux stesso che concedeva interviste a raffica.

Black & White 2
Black & White 2

Nel 2002 la compagnia stabilì degli studi satellite, alcuni dei quali nati dal cadavere di Bullfrog, tra i quali Big Blue Box Studios, Intrepid Computer Entertainment e Black & White Studios, ognuno dedito a un suo progetto. In totale c'erano sei giochi in lavorazione: Fable, The Movies, Black & White 2, Creation, Black & White Next Generation, e BC. Solo i primi tre arriveranno effettivamente sul mercato, tutti firmati da Molyneux stesso. Il motivo dell'iperattività era la necessità di rimanere a galla sul mercato finanziario, dove l'inerzia era vista in modo particolarmente negativo. Fu così che da studio nato con l'obiettivo di rimanere di dimensioni ridotte, Lionhead si ritrovò ad avere in breve tempo più dipendenti di Bullfrog, riassorbendo via via i suoi studi satellite.

Fable, i rapporti con Microsoft e le “bugie” di Molyneux

Fable era un titolo riuscito, ma face nascere una brutta nomea per Molyneux
Fable era un titolo riuscito, ma face nascere una brutta nomea per Molyneux

È con Fable (2004) che iniziò a nascere un profondo rapporto con Microsoft, che aveva bisogno di giochi per la sua nuova console, Xbox. La casa di Redmond ottenne un contratto di esclusiva per il gioco di ruolo d'azione fantasy, che stabilirà una delle serie più note e durature della piattaforma. Sempre con Fable inizierà a nascere l'ingrata nomea di Molyneux di essere un "bugiardo patologico". In un'intervista dichiarò, tra le altre cose, che in Fable si sarebbero potuti piantare degli alberi per vederli poi crescere in modo dinamico, caratteristica che poi sarà tagliata dal gioco finale, come lo saranno molte altre da life sim di cui aveva parlato in altre occasione, con grande delusione da parte dei videogiocatori, che si ritrovarono sì per le mani un bellissimo gioco di ruolo d'azione pieno di idee interessanti, ma molto più canonico di quanto ci si potesse attendere e con non moltissimi contenuti. Valutandolo a posteriori, il problema di Molyneux non sono mai state le menzogne, che nella maggior parte dei casi non sono mai state tali, ma il voler comunicare le sue idee, anche quando non ancora sicuro di poterle implementare, come ammesso da egli stesso in un intervento al Dubrovnik Reboot Festival del 2015: "Al tempo iniziai a commettere un terribile errore, che ho fatto e ripetuto più volte, e che probabilmente continuerò a ripetere ancora e ancora, di andare a parlare alla stampa delle mie idee. Capirete che dal punto di vista dello sviluppo iterativo le idee sembrano sempre essere la cosa più interessante. Sembra che si incastreranno nella struttura del gioco, ma a volte bisogna buttarle via."

In fase di sviluppo, molte caratteristiche dei giochi vengono tagliate per diversi motivi
In fase di sviluppo, molte caratteristiche dei giochi vengono tagliate per diversi motivi

Quella espressa da Molyneux è una semplice verità dello sviluppo dei videogiochi: moltissime idee che in fase concettuale sembrano funzionare molto bene, vengono accantonate durante la lavorazione per i motivi più disparati (mancanza di risorse, impatto peggiore di quello che si pensava, inutilità o dannosità rispetto agli altri sistemi di gioco e così via). Succede in praticamente ogni videogioco che qualcosa venga buttato via durante il ciclo di sviluppo. Semplicemente gli altri studi non condividevano prima e non condividono ora con il mondo le idee della fase di progettazione, mentre lui, da entusiasta quel era e quale probabilmente è ancora, nonostante il silenzio stampa, amava discuterne e far sapere cosa stava provando a fare con i suoi prossimi giochi, forte anche della fama che si era costruito. Stampa e videogiocatori, spesso poco accorti sulle dinamiche di sviluppo, prendevano ogni sua parola come una promessa scritta sulla pietra e, quando poi non trovavano le caratteristiche di cui si era parlato nei giochi, ne rimanevano fortemente delusi. Pensate che alcuni arrivarono addirittura a chiedere il suo arresto per truffa riguardo alla storia degli alberi di Fable e ancora oggi le battute su quella promessa non mancano, quando si tocca l'argomento. In realtà è probabile che Molyneux non abbia mai voluto imbrogliare nessuno, ma che spesso si sia fidato troppo di sé stesso, delle sue idee e della capacità di comprensione del settore, che in realtà segue degli schemi mentali molto più rigidi, semplici, e in qualche modo ottusi, quando deve giudicare situazioni simili.

Fable II fu un ottimo seguito, probabilmente il capitolo migliore della serie
Fable II fu un ottimo seguito, probabilmente il capitolo migliore della serie

Comunque sia il 2005 è l'anno di Black & White 2, seguito diretto del primo capitolo non solo nel nome, ma anche nel gameplay, e di The Movies, gestionale in cui il giocatore poteva creare dei semplici film tramite un sistema davvero ben congegnato. L'anno successivo, il 2006, fu quello dell'acquisizione da parte di Microsoft, che partì con le frasi tipiche che si leggono quando ci sono affari simili. All'E3 del 2006 Molyneux spiegò che i soldi di Microsoft avrebbero dato maggiore solidità allo studio e gli avrebbero garantito di poter continuare a fare le cose a modo suo. Non andò esattamente così, ma i successi, in particolare con la serie Fable, gli fecero fare carriera fruttandogli il ruolo di direttore creativo della divisione Europea di quelli che allora si chiamavano Microsoft Game Studios. Quella Fable è la serie più lunga della sua carriera, di cui progetterà praticamente tutti i capitoli principali e in cui anticiperà moltissimi temi contemporanei in modo spesso raffinato e coinvolgente. La serie è formata da Fable (2004) e l'edizione riveduta e corretta Fable: The Lost Chapters (2005), Fable II (2008), Fable III (2010) e Fable: The Journey 2012).

Molyneux odiò Fable III
Molyneux odiò Fable III

Oltre ai Fable, durante il periodo con Microsoft Molyneux non lavorò a molto altro. Il titolo più noto, mai arrivato sul mercato, fu Project Milo, o Milo and Kate come lo ricordano alcuni. Era un progetto fortemente sperimentale in cui il giocatore avrebbe dovuto interagire con un bambino virtuale di dieci anni (Milo) e il suo cane (Kate) tramite Kinect, la periferica di rilevazione di voce e movimento lanciata con successo su Xbox 360. Project Milo non andò mai oltre la tech demo e, nonostante più volte Molyneux ne avesse parlato come di un gioco vero e proprio, tanto da svelare che avrebbe dovuto avere un negozio interno da cui comprare oggetti per i due personaggi, Microsoft di suo lo negò categoricamente. Ne nacque un forte contrasto tra lo sviluppatore e Microsoft, con il primo che fece di tutto per farlo accettare come un gioco, come da lui stesso raccontato in un intervento al TEDGlobal talk di Oxford del luglio 2010: "La sfida maggiore è convincere le persone (Microsoft) che quello che stiamo facendo funzionerà, raggiungerà un nuovo pubblico e sarà un'idea amata dalle persone."

Microsoft negava che Milo fosse un gioco
Microsoft negava che Milo fosse un gioco

Insomma, il gioco c'era, come poi dimostrato da Molyneux stesso tramite dei video che mostravano le diverse possibili interazioni con Milo, ma il progetto non arrivò mai sul mercato. Secondo delle voci Microsoft non solo non ci vedeva niente di ludicamente rilevante, ma temeva problemi legali nel far interagire in modo così realistico i giocatori con un bambino, seppur virtuale. Comunque sia, parte del lavoro fatto su Milo fu dirottato su Fable: The Journey, in particolare i sistemi di riconoscimento della voce e delle emozioni.

Probabilmente furono la cancellazione di Milo e l'essere stato messo a lavorare su di una sola serie per anni che convinsero Molyneux a chiudere definitivamente con Lionhead. Parte della colpa fu anche di Fable III, che in un'intervista concessa a Develop definì come un "incidente ferroviario", ossia di un'opera molto lontana da quella che era la sua visione originale e di cui i giocatori facevano bene a lamentarsi.

Molyneux definì la vita nella Lionhead post acquisizione di Microsoft come un antidepressivo, in cui sostanzialmente la creatività veniva soppressa e non gli era permesso di prendere dei rischi. "Dal mio punto di vista una persona creativa può fare il massimo quando affronta molti rischi e c'è tanto in gioco ed è difficile farlo all'interno di una grande azienda come Microsoft. In secondo luogo, il tipo di persone di cui avrei bisogno per sfruttare tutte queste nuove cose sarebbe leggermente diverso dal tipo di persone presenti a Lionhead. Così, dopo molte discussioni, abbiamo concordato che avrei lasciato Microsoft e avviato una nuova azienda. Naturalmente, Microsoft era molto interessata a discutere di un accordo, ma non volevo porre limiti alle possibilità creative dell'azienda neonata stabilendo un accordo precoce. È quello che ho fatto a Lionhead, e che alla fine ha davvero limitato ciò che ha finito per fare."

22Cans e il dio che non c'era

22Cans segna l'inizio della fase più controversa della carriera di Molyneux, costellata da molti problemi, soprattutto di comunicazione. Fondata il 20 febbraio 2012 insieme a Tim Rance e Peter Murphy, la nuova software house aveva come obiettivo principale quello di non avere limiti creativi, tanto che avviò la sua carriera con un titolo fortemente sperimentale: Curiosity: What's Inside the Cube, che da solo meriterebbe un saggio sociologico. Il gioco, lanciato su sistemi iOS e Android il 6 novembre 2012, chiedeva ai giocatori lo sforzo collettivo di scavare un immenso cubo formato da miliardi di parti. Chi avesse tolto l'ultimo cubo avrebbe ricevuto un premio, che Molyneux ebbe a descrivere come "stravolgente e incredibile, a prescindere da qualsiasi definizione". Gli indizi presenti su ogni faccia del cubo fecero nascere le teorie più stravaganti sul premio finale, che fu vinto il 26 maggio 2013 da Bryan Henderson, un ragazzo di Edinburgo, in Scozia.

Bryan Henderson, il vincitore di Curiosity
Bryan Henderson, il vincitore di Curiosity

Purtroppo al centro del cubo non c'era niente di stravolgente. A Henderson fu data la possibilità di tenere per sé il premio, o di condividerlo pubblicamente. Scelse di condividerlo. Ma di cosa si trattava? Mentre era in corso il lavorio collettivo su Curiosity: What's Inside the Cube?, 22Cans aveva avviato un altro progetto, chiamato Project Godus, oggetto di una campagna Kickstarter di successo e presentato come l'erede spirituale della serie Populous, pur con molte funzioni online. Sostanzialmente Henderson sarebbe diventato la divinità assoluta del gioco e avrebbe ottenuto una piccola fetta dei ricavi dello stesso. A quel punto iniziarono i primi, grossi problemi di 22Cans, perché Godus non ebbe il successo sperato e non ci fu quindi niente da condividere con Henderson. Attualmente, dopo circa dieci anni, il gioco risulta ancora in accesso anticipato su Steam, con gli aggiornamenti fermi ormai da anni, più precisamente dal 18 marzo 2016. Oltre a ciò, Henderson lamentò anche di non essere mai stato avvisato di nulla, perché 22Cans aveva praticamente smesso di comunicare con lui, a causa del licenziamento della persona incaricata di farlo, e aveva oltretutto ridotto il suo premio: non sarebbe più stato il dio assoluto di Godus per sempre, ma solo per sei mesi, con il nuovo dio che avrebbe preso non solo il suo ruolo, ma anche la sua parte dei ricavi. La storia fece talmente scalpore da causare una serie di feroci attacchi contro Molyneux, oltre che a fruttare a Henderson un cameo in Not a Hero, gioco di Roll7 per Devolver Digital. Lo sviluppatore scelse quindi di ritirarsi dietro un silenzio stampa a tempo indeterminato, annunciato nel 2015 sulle pagine della testata The Guardian, evitando così di fare ulteriori promesse.

Va detto che il comportamento di 22Cans e Molyneux stesso non fu cristallino in questa occasione, ma che il nodo di tutto non fu la cattiva volontà, ma il fallimento del progetto Godus, che non fu risollevato né dalla versione mobile, comunque ancora attiva, né da Godus Wars, ossia il tentativo di trasformare in corsa il gioco in un clone di Populous vero e proprio, quindi solo single player e con una campagna formata da missioni concatenate. Da notare che anche Godus Wars non è mai uscito dall'accesso anticipato di Steam.

Godus Wars non ce la fece a salvare Godus
Godus Wars non ce la fece a salvare Godus

Le reazioni da parte di stampa e videogiocatori furono smodate, come sottolineato anche da Tim Schafer di Double Fine Productions, che non apprezzò tanta acrimonia verso quello che comunque era e resta uno dei più grandi designer del medium videoludico. In effetti il trattamento che gli fu riservato non fu dei migliori. In una celebre intervista con Rock, Paper, Shotgun risalente al 2015, il giornalista John Walker gli chiese se riteneva di essere un "bugiardo patologico", portandolo ad affermare amaramente: "Non ho più una reputazione in questa industria." In un'intervista del 2016, concessa a eurogamer.net, raccontò che proprio l'intervista con Rock, Paper, Shotgun era tra i motivi che gli avevano fatto pensare di ritirarsi. Da allora la sua presenza in pubblico è diventata molto più discreta. A novembre 2016 22Cans ha lanciato The Trail, un tranquillo gioco di esplorazione per sistemi mobile, il suo ultimo gioco vero e proprio a essere pubblicato, convertito anche per PC con il titolo The Trail: Frontier Challenge.

The Trail è un tranquillo gioco di esplorazione
The Trail è un tranquillo gioco di esplorazione

Per il resto calma piatta, almeno fino al 12 dicembre 2021, quando è stato annunciato The Legacy, il suo nuovo gestionale basato sul NFT. Le ultime notizie sul gioco però, risalgono a qualche giorno dopo l'annuncio, ossia al 15 dicembre 2021, quando si parlò di vendite di terreni di gioco per 52 milioni di dollari. Da allora nessuno sa più che fine abbia fatto. Attualmente il sito ufficiale è ancora attivo e permette di comprare terreni usando criptomonete. Peccato che del gioco non ci sia traccia. Molti ritengono che potrebbe essere stato cancellato senza fare troppo rumore, dopo lo scoppio della bolla crypto e degli NFT. L'unica certezza è che ci piacerebbe vedere almeno un altro gioco progettato da Molyneux arrivare sul mercato, così che la sua carriera non finisca in un modo così triste e desolante. In fondo ha creato tanti capolavori e inventato interi generi e non merita di essere ricordato così.