Guardando Arcane, la serie Netflix che ripercorre le origini di alcuni personaggi di League of Legends, viene quasi da chiedersi perché nessuno abbia mai fatto prima qualcosa di simile. Non è solo una questione di stile, ma anche di visione, ossia di com'è stata concepita l'intera serie. Com'è possibile che la migliore riduzione in serie TV di un videogioco sia quella di un MoBA, un genere che usa la narrativa solo come accessorio? Ci sono film e serie TV tratte da titoli fortemente narrativi, come Max Payne, Assassin's Creed o Tomb Raider, tanto per citarne alcuni, che a conti fatti sono solo paccottiglia. Arcane è diversa. Non è un'opera di rottura, ma una di quelle consapevoli di avere di fronte un pubblico potenziale non formato soltanto da videogiocatori. Per questo è stata pensata per essere una buona serie TV e non una celebrazione rispettosa di qualcosa creato in un linguaggio che non le appartiene. Certo, il materiale di partenza è davvero esile e consentiva di avere una buona libertà, ma lo era anche quello di altre riduzioni, risultate poi disastrose.
Il merito della bellezza di Arcane va prima di tutto ai suoi autori, ma in buona parte anche a chi il progetto lo ha finanziato, lasciando che quegli autori si esprimessero al meglio, senza porre paletti assurdi e senza chiedere di solleticare la pancia dei fan. Del resto ultimamente Riot Games sta vivendo un periodo d'oro e non sta sbagliando davvero un colpo. Una situazione che difficilmente trova paragone in altre realtà dell'industria videoludica.
Il re Mida delle software house
Riot Games sembra essere diventata per il mondo PC (e non solo) ciò che Blizzard non riesce più a essere, capace com'è di portare al successo tutto ciò che tocca. Non male per una compagnia che deve proprio a Blizzard la sua esistenza. Brandon "Ryze" Beck e Marc "Tryndamere" Merrill la fondarono nel 2006 per lanciare un semplice clone di una famosissima mod per Warcraft III: Reign of Chaos (si chiamava Defense of the Ancients o DotA, ndr), dato che la casa di Diablo non ne volle sapere di supportarla ufficialmente. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e Riot Games è cresciuta enormemente, venendo comprata nel 2015 da Tencent Holding, il colosso cinese dell'intrattenimento. Dopo la cessione, molti la davano per spacciata in termini creativi e la vedevano come una compagnia dedita solo ai giochi live service e agli esport, ma le cose sono andate molto diversamente. Negli ultimi anni, Riot ha mostrato una grande capacità di gestione delle sue proprietà intellettuali, migliorandole in ogni possibile modo e persino ampliandone la portata con progetti che non hanno niente a che vedere con i generi di partenza.
Tutto nasce da League of Legends ovviamente, un gioco che ha avuto un successo planetario immenso e che da anni domina la scena dei MoBA. Nel corso degli anni ha prodotto ricavi per miliardi di dollari, facendo salire Riot Games sul podio dei più importanti studi di sviluppo mondiali. Eppure, durante le celebrazioni del decimo anniversario del gioco è successo qualcosa d'impensabile: la software house ha annunciato dei progetti che non sembravano avere niente a che vedere con il suo core business.
È lì che sono stati svelati Arcane, Legends of Runeterra, Valorant, il picchiaduro Project L e altri giochi ancora. È sempre lì che Riot Games ha mostrato al mondo la sua strategia, in apparente contrasto con la direzione presa dal mercato attuale visto l'alto numero di giochi single player, che si sono meritati un'etichetta autonoma: Riot Forge. Da allora sono passati due anni e parte dei frutti di quell'evento sono ormai maturati, come ad esempio Ruined King: A League of Legends Story o Hextech Mayhem: A League of Legends Story, entrambi giochi di ottima qualità. Nel frattempo sono arrivati anche dei nuovi annunci, come quelli di CONV/RGENCE: A League of Legends Story e Song of Nunu: A League of Legends Story, entrambi single player, entrambi lontanissimi dal concetto di live service, mentre i titoli già sul mercato, come Valorant, Legends of Runeterra, Teamfight Tactics e League of Legends stesso, hanno continuato a prosperare, tra aggiornamenti e tornei eSport di caratura mondiale.
I problemi interni di Riot
Riot Games ha anche dei grossi problemi interni che non possono essere elusi: nel 2018 è stata accusata di essere un posto di lavoro tossico e sessista. I resoconti e i racconti delle condizioni lavorative e della cultura dello studio, basata sulla discriminazione e i maltrattamenti, sono stati molteplici. Da allora i vertici dell'azienda hanno dichiarato di aver fatto tutto quanto era in loro potere per migliorare la situazione, ma alcuni punti rimangono ancora oscuri. Staremo a vedere se nei prossimi anni lo studio sarà all'altezza dei suoi giochi.
Allargare la base utenti
Semplicemente i vertici di Riot Games hanno capito come funzionano certe cose. Invece di farsi concorrenza da soli con un nuovo MoBA o con altri live service improvvisati, hanno puntato alla varietà, così da non scontentare nessuno. Così ecco un gioco di ruolo tattico a turni, un endless runner, una serie TV, uno sparatutto online, un gioco di carte e quant'altro. I prodotti di Riot Games contano complessivamente oltre 150 milioni di giocatori. Non è semplicemente possibile accontentare tutti, ma sicuramente è possibile mirare a farne felici quanti più possibile. Oltretutto c'è un altro fatto da considerare, per niente secondario: la potenza mitopoietica di un'offerta così vasta. Quello che Riot Games ha capito molto bene, e che tanti altri studi, come ad esempio Blizzard, ancora no, è che certi universi narrativi vanno alimentati in modo virtuoso, allargandone il più possibile la portata, per allungarne la vita.
I titoli di Riot Forge, ma anche operazioni come la modalità single player di Legends of Runeterra, sembrano mirare anche a questo, ossia a portare le proprietà intellettuali dello studio a pubblici diversi, che magari non amano giocare online per motivi di tempo o di gusti personali. Lo stesso vale per Arcane, il più trasversale dei progetti di Riot Games, che può essere fruito e apprezzato anche dai non videogiocatori. Per questo motivo la qualità è essenziale: le operazioni di allargamento riescono solo se sul mercato vengono immessi prodotti capaci di attirare davvero l'interesse del pubblico, affascinandolo con personaggi e storie non banali.
Non come Blizzard
Tanto per continuare il confronto fatto più volte nel corso dell'articolo, pensate invece a Blizzard e all'incapacità che ha dimostrato di curare le sue proprietà intellettuali, in particolare negli ultimi anni, fallendo quasi tutti i progetti trasversali e gli annunci. World of Warcraft sembra vivere in un recinto d'oro che va però sgretolandosi e sta perdendo giocatori a getto continuo, il gioco di carte Hearthstone è diventato un fenomeno marginale, dopo anni di grande successo, l'hero shooter Overwatch è praticamente sparito, mentre Diablo Immortal arranca verso il lancio, dopo le reazioni all'annuncio e alle varie anteprime pubblicate nei mesi (ormai anni) successivi.
Lì dove Riot Games sta facendo sbocciare le sue proprietà intellettuali, Blizzard le sta deprimendo, comprimendo la portata di universi come quelli di Warcraft o Diablo, per inseguire dei modelli economici che sicuramente funzionano, ma che non possono essere l'unico faro dell'industria se non vuole perdere la sua rilevanza. La casa di League of Legends eccelle in quei modelli, ma ha anche capito che alimentare le mitologie dei suoi videogiochi è importante non solo per una questione culturale, ma anche per le vendite. Più gente conosce i suoi universi, più può sperare di vendergli i suoi prodotti, siano essi videogiochi, serie TV o chissà cos'altro. È per questo che, per fare un altro esempio, non ha disdegnato di lanciare la skin di un suo personaggio in Fortnite.
League of Legends funziona meglio se il giocatore riesce a percepire una maggiore profondità nei suoi 157 personaggi o in soltanto parte di essi. Funziona meglio soprattutto se questi personaggi diventano riconoscibili al di fuori del gioco. Certo, per ottenere tutto questo occorre che l'offerta sia di ottimo livello, come già sottolineato, e qui torniamo al discorso iniziale su Arcane e su come è stata concepita la serie, ma anche di come sono stati concepiti tutti i progetti secondari di Riot, che sembrano avere come faro proprio la qualità.