Una semplice stanza sullo sfondo, un ragazzo giovane, barba poco curata abbinata a un capello mosso di media lunghezza, con quel castano-biondo che fa subito immaginare un passato da surfista rocker. Così si è presentato Johnny Galvatron alla chiacchierata con noi: sorridente e divertito. E soprattutto rilassato e persino euforico in alcuni passaggi, ad evidenziare con forza quel momento di sollievo che incornicia la fine del lungo lavoro che l'ha tenuto impegnato per anni, nel tentativo di portare sui nostri schermi l'avventura musicale The Artful Escape.
Un gioco che vi descriveremo nel dettaglio tra 24 ore, non appena scadrà l'embargo per la recensione, e che potrete provare a partire dal 9 settembre su PC e Xbox, sia su Steam che sul Game Pass, pagandolo 19,99€ oppure gratuitamente se siete abbonati al servizio di Microsoft.
Una chiacchierata che non è stata facile da organizzare considerati gli innumerevoli fusi orari che ci separano dalla località dove risiede al momento Galvatron: Melbourne, in Australia. Continente patria anche di tutti i membri del suo team di sviluppo, i Beethoven & Dinosaurs. Un'intervista che ci ha permesso di approfondire qualche aspetto del suo progetto videoludico, ma soprattutto di sapere qualcosa di più sul suo creatore inclusi un paio di punti di vista davvero interessanti sullo stato del mercato indie odierno e sul valore del Game Pass per i piccoli sviluppatori.
Seguiteci quindi nel corso di questo, speriamo interessante, intervista di The Artful Escape.
Chi è Johnny Galvatron
Un nome d'arte che è tutto un programma, Johnny Galvatron è il fondatore dei Beethoven & Dinosaurs, nonché il visionario alle spalle di The Artful Escape, un'originale avventura grafica con elementi platform e profonde radici musicali.
Ma Galvatron è originariamente e prima di tutto un musicista australiano, mezzo fallito a voler essere particolarmente brutali, ma che ha saputo fare tesoro della sua esperienza di artista non affermato per tentare una nuova strada dove poter esibire la sua sconfinata creatività e la sua voglia di raccontare storie appassionanti e traboccanti di emozioni.
"Ho avuto il mio passato da musicista alla fine degli anni 2000. In quel periodo girovagavo per l'Australia con la mia band, The Galvatrons, ed era un continuo alternare palchi e party. Era soprattutto ciò che circondava l'esibizione ad attirarmi più che lo show vero e proprio. O la musica", esordisce Galvatron nei primi minuti della nostra intervista, quasi per rompere il ghiaccio e spiattellarci in faccia, senza filtri, la genesi di The Artful Escape. "E dopo 5 anni di vita intensa e di viaggi attraverso l'Australia, ammassato con il mio gruppo in piccoli hotel tra una serata e l'altra dove facevamo sentire la nostra musica a persone che non sapevano neanche chi fossimo, sono rientrato in casa con l'idea di non spostarmi mai più, ma di continuare a nutrire le mie idee, a esprimere la creatività in un altro modo."
E in un attimo, eccolo pronto a dire la sua nel mercato videoludico. Galvatron è da sempre appassionato di videogiochi, ci tiene a farcelo sapere a più riprese, e ha avuto in mano un pad fin dai tempi del SEGA Master System. Per questo motivo, ci confessa candidamente, una volta rientrato a casa "ho scaricato l'Unreal Engine, ho imparato a utilizzarlo leggendo online e guardando i tutorial su YouTube e ho infilato le mie idee e la mia passione per la musica in un trailer che ho mandato ai tipi di Epic sperando di essere selezionato per un premio in denaro." E Johnny ce l'ha fatta: si è portato a casa 20.000 dollari con cui ha impacchettato il suo estro, ha messo in piedi un Kickstarter dedicato alla sua prima opera e ha atteso pazientemente che il crowdfunding si concludesse positivamente.
In realtà non è andata proprio così visto che il Kickstarter non è andato in porto ma è bastato a Galvatron per farsi notare dai talent scout di Annapurna Interactive che hanno provato a contattarlo per sapere qualcosa di più del suo progetto d'esordio e per vederlo in funzione. Lo sviluppatore ha mentito spudoratamente, ma si è anche rimboccato le maniche: "ho fatto finta di avere qualcosa di pronto ma chiaramente non era così e dopo aver contattato un paio di amici, mi sono messo al lavoro ininterrottamente per 3 mesi per tirare fuori una demo funzionante. A quel punto l'ho mostrata al team di Annapurna che è venuto a trovarmi qui in Australia, mi hanno portato fuori a pranzo e... vittoria! Ho avuto il mio primo contratto di publishing."
Nasce esattamente così The Artful Escape, un titolo che, come ci tiene a sintetizzare Galvatron ai nostri microfoni, "racconta l'esatto opposto della mia esperienza con la musica: roba fighissima e fuori di testa che ti porta a viaggiare per lo spazio a bordo di un'astronave musicale, laddove la mia vita era suonare canzoni popolari australiane da quasi perfetto sconosciuto in posti tutti uguali per 5 anni". Onesto e spietato!
Chi scrive ricorda perfettamente di aver provato per la prima volta il gioco addirittura 4 anni fa, in un evento Xbox a Los Angeles (c'è addirittura la vecchissima videoanteprima che trovate qui sopra) e, da allora, il nulla più assoluto fino a qualche settimana fa, quando il gioco è tornato sulla scena con un trailer, la data di uscita e un po' di copertura mediatica. Quella demo lì, Galvatron ce lo conferma, era esattamente quella preparata per stimolare Annapurna a produrre il gioco ed effettivamente aveva convinto anche noi per originalità e taglio artistico. A quel tempo il ragazzone australiano aveva fatto quasi tutto da solo: dalle animazioni alle illustrazioni, alla musica, facendosi aiutare solo per la parte di programmazione. Ma negli anni Beethoven & Dinosaurs è diventato un team più tradizionale, composto da circa 8 persone.
Come ci racconta Galvatron durante l'intervista, oltre a lui, a Sean Slevin e Justin Blackwell, due figure tecniche, c'è una illustratrice trovata in un sito-portfolio di illustratori australiani, Arden Beckwith, un ragazzo specializzato negli oggetti 3D, Mikey Mccusker assunto inizialmente con la promessa che si sarebbe limitato a realizzare alberi e rocce, ma che in verità ha costruito gran parte degli ambienti più vivi del gioco, tra cui Calypso, la città natale del protagonista. E poi c'è una sviluppatrice specializzata nel modeling dei personaggi, Tessa Monash, che ha lavorato sui modelli per renderli più vivi, più tridimensionali, gestendo meglio le ombre e le luci nelle animazioni e nelle illustrazioni.
La musica di The Artful Escape
"Se ancora non fosse abbastanza chiaro, la vera protagonista di The Artful Escape, ancora prima di Francis Vendetti, di Calypso, del suo taglio artistico colorato e della sua storia adolescenziale, è la musica. Ho scritto la colonna sonora insieme al mio partner musicale Josh Abrahams, ma ho inciso soltanto un riff con la mia chitarra. A suonare è un'altra persona, Eden Altman, mentre le musiche folk di Johnson Vendetti, lo zio di Francis, sono scritte, suonate e cantate da Luke Legs, un bravissimo artista australiano", ci rivela Galvatron.
Non appena inizierete a strimpellare nel gioco, vi renderete conto che la magia di The Artful Escape è nella sua peculiare gestione delle intonazioni e degli assoli di chitarra che si vanno ad amalgamare, alla perfezione, con il background musicale dello scenario che state esplorando e dove, per l'appunto, potete scegliere di suonare in totale autonomia e secondo il vostro desiderio. Non abbiamo potuto fare a meno di far notare il nostro apprezzamento al creatore del gioco che, a quel punto, si è letteralmente illuminato.
"Innanzitutto si scrive la soundtrack di quella parte del gioco. Il trucco è realizzarla tutta in una singola scala, solitamente partendo da una tonalità maggiore e lavorando a stretto contatto con l'illustratore per capire quale sarà l'ambiente o comunque l'arte di quel livello così da costruirci intorno una colonna sonora a tema e con un tempo coerente: una canzone più ritmata oppure una più rilassata e orchestrale. Sopra a questa traccia, abbiamo inciso il riff di chitarra suonato da Francis. Tutto funziona proprio perché rispetta la scala: rimanere al suo interno ti permette di giocare con la traccia audio, di entrare e uscire con il riff in modo fluido e intonato". Galvatron non si ferma e ci spiega ancora meglio questo trucco mentale. "Il fatto che tu lo senta coerente e intonato ha a che fare con il tuo cervello. Lui crea una sorta di schema che collega la musica del background con quella principale in modo armonico."
Vedendoci convinti a metà, l'australiano ci porta un esempio concreto di questa magia. "Hai presente Dark Side of the Rainbows?" Ci chiede. Noi rispondiamo affermativamente perché chi scrive è appassionato di aneddoti pop e musicali. Si tratta di un particolare esperimento che richiede di guardare Il Mago di Oz, il film del 1939, tenendo in sottofondo l'album musicale Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Musica e immagini si sovrappongono spesso alle perfezione, quasi come se il gruppo musicale avesse realizzato quell'album con in mente l'idea di renderlo la colonna sonora ufficiale del film. "È il cervello che trova dei punti di contatto e ci costruisce attorno un senso. Rende il tutto coerente e credibile. La stessa identica cosa succede con The Artful Escape: è un piccolo trucco mentale che abbiamo sfruttato. Chiaramente non è stato così semplice: o perlomeno sulla carta doveva funzionare alla perfezione; poi una volta trasportato il tutto in gioco ci siamo resi conti che moltissime cose andavano aggiustate a mano e richiedevano molto più tempo del previsto. Diciamo che oggi che abbiamo finito e abbiamo il gioco pronto per il lancio, sono molto contento che la chitarra funzioni". E a quel punto Galvatron ride di gusto, quasi a voler nascondere un sonoro sospiro di sollievo.
L'importanza di essere sul Game Pass
The Artful Escape, come una buona fetta dei titoli indie arrivati sul mercato durante questa estate, sbarcherà su Xbox direttamente all'interno del Game Pass e dovrebbe essere lo stesso anche su PC, dove il gioco sarà anche acquistabile su Steam a 19,99€. C'è un grande dibattito proprio in merito al servizio in abbonamento di Microsoft che continua a ingrandirsi e a supportare sempre più piattaforme generando però nei consumatori una preoccupazione, chiaramente non basata sui fatti, in merito alla sua sostenibilità e ad una tendenza di medio e lungo periodo di "rovinare" e appiattire i videogiochi. D'altra parte, questo è l'assunto, se non devi più preoccuparti delle vendite e anzi devi convincere l'acquirente a rimanere abbonato il più a lungo possibile, la quantità prende il sopravvento sulla qualità. Con tutto quello che ne consegue in merito alla bellezza delle esclusive e dei titoli inclusi nel Game Pass.
Vista la grande disponibilità di Galvatron durante questa intervista, ne abbiamo approfittato per chiedere a lui un parere su tutto questo chiacchiericcio negativo nei confronti del Game Pass. Insomma: lui è dall'altra parte della barricata e sicuramente ne saprà molto più di noi avidi lettori da bar. "So bene quello che si dice in giro e davvero faccio fatica a capire chi dice che è un male essere sul Game Pass. Hai qualcuno che è disposto a darti dei soldi per essere sulla sua piattaforma. Ti paga in anticipo, ti aiuta con lo sviluppo, in qualche modo ti aiuta anche a saldare i debiti. E questa è una buona cosa. È assolutamente ottima per gli sviluppatori indipendenti e piccoli".
E lo sviluppatore continua, lasciando aperto uno spiraglio verso altre possibilità: "ora non so come le cose possano cambiare nel momento in cui sei una grande società oppure hai già diversi giochi sul Game Pass. Ma per noi, che siamo ancora al nostro primo titolo, essere sul servizio vuol dire che molta più gente avrà la possibilità di giocarlo, molte più persone ne sentiranno parlare e questo ci aiuterà anche in funzione di quello che faremo successivamente. Nella mia attuale situazione davvero non riesco a vedere dei lati negativi. Magari tra qualche anno potrò pensarla diversamente, ma oggi è una figata e sono super contento di esserci. Entrare nel Game Pass, essere selezionati da Microsoft, ti fa sentire speciale."
Si percepisce chiaramente quanto Johnny Galvatron abbia voglia di dire qualcosa, di trovare un palco da cui poter urlare la sua creatività e raccontare le sue idee. Probabilmente non è ancora così convinto di aver fatto bene a mollare la sua traballante carriera musicale in favore di un medium in rapidissima evoluzione che potrebbe facilmente fargli riscuotere il successo che merita ma, in un attimo, sbattergli l'ennesima porta in faccia. E noi ne approfittiamo per fargli l'ennesima domanda, l'ultima. Più una considerazione che un vero e proprio interrogativo, per chiacchierare insieme dello stato odierno del mercato indipendente: i tempi di Fez, Braid e Minecraft sono passati da un pezzo e oggi cosa rimane?
"Ancora una volta mi ritrovo a fare un'analogia con il mercato musicale. La scena indie di oggi va paragonata con la scena musicale odierna. Se pensi a 15-20 anni fa, per provare a incidere il tuo disco o la tua demo dovevi affittare una sala di registrazione, spendere dei soldi... lentamente ma inesorabilmente questa possibilità è diventa alla portata di tutti. Puoi facilmente creare uno studio di registrazione a casa, con un PC, e le conseguenze di questo cambio hanno toccato la traiettoria della musica pop che oggi è molto più minimalista ed elettronica proprio perché legata a quello che si può fare, da soli, in casa. E lo stesso sta avvenendo con i videogiochi: uno come me oggi può dare un'occhiata a YouTube e scoprire come si sviluppa investendo pochissime risorse. Tutte quelle persone che non hanno studiato per anni la programmazione o seguito percorsi specifici per entrare nel mondo dello sviluppo oggi si possono avvicinare al mercato praticamente senza conoscenze. E questo permette di avere idee fresche, diverse, un punto di vista innovativo sul medium".
Per farla breve: come la musica si è spostata dai grandi studi di registrazione ai garage e poi alle stanze da letto, il videogioco sta seguendo lo stesso, identico iter secondo Galvatron e oggi, ancora più che in passato, è facile sedersi nella propria stanzetta, da soli, per provare a costruire qualcosa che, almeno all'apparenza, possa sembrare il frutto di un team efficiente e competente. Galvatron è insistente su questo punto: "oggi un completo neofita può mettere le mani sull'Unreal Engine, su Metahuman e iniziare a creare la propria opera. Dal nulla, senza aver studiato programmazione o art design per un ventennio".
È un punto di vista affascinante e sicuramente diverso dal solito, originale: se effettivamente è anche veritiero e sostenibile lo potremo dire soltanto tra qualche anno.