Swen Vincke, il CEO di Larian Studios, è uno che non la manda a dire, ed è amabile anche per questo, oltre al fatto di essere a capo di un team che sforna titoli enormi e capolavori da un po' di tempo a questa parte (ben prima del mastodontico Baldur's Gate 3). Le sue recenti affermazioni sui rischi legati al proliferare dei servizi in abbonamento nel mercato videoludico sono state accolta da ovazioni un po' da parte di tutti, ma a ben vedere la descrizione che fa del distopico futuro dominato dai servizi non è poi molto distante dalla situazione attuale del mercato videoludico, con la differenza che, in questo caso, i risultati sono ben tangibili. Ricapitolando, Vincke ha riferito di non voler supportare i servizi in abbonamento perché pensa, sostanzialmente, che questi possano portare a una svalutazione qualitativa dei giochi e che prospettino un futuro inquietante.
Le affermazioni di Vincke, come precisa lui stesso, riguardano un eventuale futuro in cui i servizi in abbonamento diventano monopolizzanti e sostanzialmente l'unico modo che hanno gli sviluppatori per accedere al mercato, ovvero una cosa alquanto distante dalla situazione attuale, in cui oltretutto sembra proprio che tali servizi non stiano incontrando la crescita pensata fino a un po' di tempo fa. Già questo potrebbe essere un elemento fallace del ragionamento, perché non sembra ci sia spazio per l'affermazione degli abbonamenti come unico metodo per accedere al mercato, tanto è vero che tutti i servizi attualmente esistenti coesistono con la possibilità di acquistare regolarmente i giochi secondo il modello di business tradizionale. Tuttavia, l'argomento più interessante sollevato da Vincke riguarda la possibile trasformazione del processo di produzione e distribuzione, che diventerebbe in un certo senso "elitario".
La minaccia sembra già realtà
Se l'intero mercato dovesse diventare preda di un gruppetto di servizi in abbonamento giganteschi, significherebbe che un ristretto gruppo di executive che gestiscono tali piattaforme diventerebbe giudice assoluto di ciò che può e che non può rientrare nel mercato videoludico. Considerando che queste scelte dipendono solitamente da dinamiche di bilancio e calcolo di costi/benefici, è chiaro che si porrebbe una forte limitazione alla creatività e alla libertà di fruizione dei giochi. È una paura lecita e condivisibile, anche se decisamente lontana da quella che è la situazione attuale e anche da quelle che sono le prospettive a medio e lungo termine, visto che il mercato videoludico sembra impostare i servizi in maniera diversa da ciò che vediamo con le produzioni video, cinematografiche o musicali (posto che la varietà sembra piuttosto garantita anche in questi ambiti, grazie anche alla coesistenza di modelli di business diversi).
La cosa ironica però è che tale minaccia sembra già piuttosto realizzata anche nella configurazione classica del mercato. "Il sistema diretto dagli sviluppatori ai giocatori resta la via migliore" da seguire, ha affermato Vincke, ma è veramente così che succede nella maggior parte dei casi? Con i costi esorbitanti delle produzioni tripla A, i publisher non effettuano ancora di più una valutazione costi/benefici, considerando che il rischio d'impresa è anche maggiore secondo il modello classico delle vendite unitarie? Quel rapporto diretto tra sviluppatori e giocatori purtroppo si verifica raramente, e lo standard dell'industria attuale è dominato da remaster, remake e seguiti a cadenza annuale.
Il capo di Larian ha davanti agli occhi il caso di Baldur's Gate 3, che è un esempio meraviglioso di produzione "indie" ma contemporaneamente di enorme respiro, dettata dalla passione e dalla qualità prima di tutto, ma non è un caso che può essere esteso facilmente a tutta l'industria, a cominciare dal sistema di pubblicazione con un accesso anticipato durato tre anni (e con lavori ancora in corso).
Il discorso della difficoltà di accesso al mercato e della scarsa visibilità può riguardare soprattutto gli indie, ma - al di là del fatto che finora abbiamo visto ampio spazio dedicato a questo tipo di giochi sui servizi in abbonamento - risulta difficile pensare che un ambiente così ampio e rappresentato possa venire tagliato fuori. Come successo anche in altri ambiti mediatici e campi d'intrattenimento, i canali continueranno ad essere molteplici e offrire diverse possibilità di accesso a differenti esperienze. Fatto sta che anche la configurazione standard del mercato videoludico non è proprio rosea e le prospettive non sono positive: tanto per rimanere alle ultime notizie, proprio oggi GamesIndustry ha fatto presente che il 2024 sarà anche peggio del 2023 per quanto riguarda licenziamenti e chiusure, dunque è ben difficile stabilire quale possa essere la prospettiva migliore, anche se l'idea di un equilibrio fra i diversi modelli, auspicato in effetti anche da Vincke, resta probabilmente la soluzione ideale.