Diablo Immortal ha totalizzato nel primo mese incassi per ben 49 milioni di dollari: una netta vittoria di Blizzard, ma tanti sono convinti che al contempo si tratti di una sconfitta per il medium videoludico. E non hanno tutti i torti.
Ne abbiamo parlato nella recensione di Diablo Immortal, dedicando in verità la maggior parte dei caratteri dell'articolo a spiegare come siamo arrivati a questo punto. In sintesi: la colpa è di chi non voleva spendere neanche 79 centesimi per acquistare dei mobile game, pur possedendo un telefono da mille euro.
Preferendo cullarsi nell'illusione di un prodotto gratuito, la stragrande maggioranza dei possessori di smartphone e tablet hanno determinato una trasformazione del mercato, che nel giro di pochi anni è stato letteralmente invaso delle cosiddette app freemium, scaricabili gratuitamente ma dotate di un sistema di microtransazioni più o meno legittimo.
Come abbiamo spiegato nella già citata recensione, questo sistema di monetizzazione rappresenta l'unico sostentamento per i team di sviluppo che lanciano su App Store e Google Play i propri giochi free-to-play, ma gli approcci in tal senso sono i più svariati e in generale la comparsa dei cosiddetti paywall avviene piuttosto in fretta, limitando l'esperienza a meno che non si metta mano al portafogli.
In tal senso l'esperienza di Diablo Immortal è atipica: da un lato il gioco consente di completare l'intera campagna, con le sue circa trenta ore di durata, senza spendere assolutamente nulla; dall'altro ci accoglie in un endgame dove trovano posto modalità PvP in cui risulta davvero arduo essere competitivi senza pagare.
Allo stesso modo il piacere del looting più sfrenato, che rappresenta da sempre un aspetto importante del gameplay di Diablo, risulta inibito dalle medesime pratiche, che impediscono di potenziare al massimo il proprio personaggio se non investendo cifre che in alcune situazioni-limite possono diventare abnormi.
Sebbene la scelta stia ovviamente agli utenti, che possono fruire di ciò che gli viene offerto gratuitamente e ignorare tutto il resto, è un peccato che Blizzard non abbia voluto imporre un cambio di paradigma nell'ambito dei mobile game free-to-play, pur disponendo del nome, delle risorse e delle competenze necessarie per farlo.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, questi gli incassi andranno a moltiplicare il budget che il publisher potrà impiegare per mettere a punto un Diablo 4 davvero stratosferico e, da prodotto premium, privo di espedienti di questo tipo: le microtransazioni in quel caso si limiteranno a oggetti cosmetici ed espansioni.
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Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.