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La parabola che ha portato alla chiusura di Ready at Dawn sembra essere quella dell'intera industria

Il fallimento di Ready at Dawn arriva dopo una lunga storia che sembra rappresentare l'intera industria, tra una crescita apparentemente inarrestabile e uno stop drammatico al primo errore.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   09/08/2024
Il protagonista di The Order: 1886

Ready at Dawn è solo l'ultima delle vittime di un mercato che va perdendo sempre più pezzi giorno dopo giorno, tra il fallimento di numerosi studi, la riduzione di altri con relativi licenziamenti e una riduzione sensibile delle grosse produzioni nel mercato tradizionale. Non è la fine, ma è indubbio che negli ultimi due anni c'è stato un ridimensionamento del mercato tradizionale, con una forte accelerazione verso tutti quei mercati un tempo visti come alternativi, ma che oggi appaiono in tutta la loro forza colossale, come quello mobile.

In fondo la parabola dello studio fondato da Andrea Pessino è quella dell'intera industria. L'inizio su di un progetto medio come Daxter per PSP, l'enorme successo con il seguente God of War: Chains of Olympus, uno dei titoli più venduti in assoluto per PSP, la conferma e la crescita con progetti importanti come la conversione di Okami per Nintendo Wii e God of War: Ghost of Sparta per PSP, i rapporti con Sony sempre migliori che sono confluiti in una produzione tripla A come The Order: 1886, utilizzata in un più occasioni dalla compagnia giapponese come showcase della potenza di PS4.

Dalle stelle alle stalle

La crescita di Ready at Dawn sembrava inarrestabile, ma il mercato decise che gli action di sei ore non andavano più bene: la critica trattò The Order: 1886 con freddezza e in pochi comprarono il gioco, fattori che in qualche modo condannarono lo studio, che pure era solo al primo vero errore. De-Formers, il gioco successivo non portò ad alcun risultato; la crescita inarrestabile si era arrestata brutalmente. Quella che pareva essere una software house destinata a fare grandi cose, dovette infine vendersi a Meta, che la impiegò per supportare il suo fallimentare business VR, all'epoca visto come il futuro dei videogiochi dai tecnoentusiasti.

Un'immagine di Lone Echo 2, un piccolo capolavoro
Un'immagine di Lone Echo 2, un piccolo capolavoro

Essere acquisiti da una multinazionale colossale viene visto da molti come un grande successo e una sicurezza, ma in realtà spesso nasconde una realtà molto più aspra e difficile, come numerosi casi hanno dimostrato nel corso degli anni. Comunque sia Ready at Dawn ha sviluppato per Meta almeno due dei migliori titoli per visori VR che siano mai usciti sul mercato (di quattro in totale). Parliamo dei due Lone Echo, per la precisione. Peccato che la VR non abbia trovato l'interesse di (quasi) nessuno. Il mercato non è mai decollato, il settore è finito in profondo rosso e Meta ha deciso piano piano di uscirne, sulla spinta del malcontento crescente degli azionisti. Naturalmente a farne le spese sono stati tutti i reparti e gli studi collegati, con la perdita di migliaia di posti di lavoro, compresi quelli di Ready at Dawn.

Perché non vendere la compagnia a qualcun altro? Difficile dirlo, ma immaginiamo che uno studio che da anni si occupa di VR non sia poi così appetibile come si vuole credere in un mercato dominato da free-to-play e live service. Purtroppo cambiarne il focus non è un'operazione banale come scrivere un commento su Facebook. Molto più pratico chiuderlo, andando a risparmiare i soldi degli stipendi e degli investimenti in corso.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.