Il nuovo approfondimento di Jason Schreier sulla situazione interna a Sony ha fatto emergere chiaramente la visione della compagnia come incentrata soprattutto sulle produzioni blockbuster di grosso calibro per PS5. A dire il vero non si tratta proprio di una rivelazione sorprendente, visto che l'andamento era già facilmente distinguibile a chiunque abbia seguito il panorama videoludico di questi anni, ma il lavoro di indagine effettuato dal giornalista di Bloomberg ha messo insieme diversi tasselli ponendo un po' il tutto nero su bianco. Ovviamente si tratta di un'indagine basata su rivelazioni fatte da fonti interne e interviste più o meno anonime da parte di Schreier, dunque non sono informazioni ufficiali, ma le linee sembrerebbero convergere su un disegno che vede Sony concentrata al 100% sulle mega-produzioni a discapito di team e giochi più piccoli. A farne le spese sarebbero stati Japan Studio, il cui esodo di talenti è ormai ben noto, "colpevole" di sviluppare giochi in grado di puntare solo a nicchie di pubblico (dal punto di vista delle creazioni originali, non delle collaborazioni come team di supporto, che anzi hanno dimostrato di avere grande successo), Bend Studio che avrebbe visto cancellato il suo progetto per Days Gone 2 e anche il team Visual Arts Service Group guidato da Michael Mumbauer, utilizzato in passato come team di supporto per diversi progetti interni e che avrebbe composto lo scheletro principale del misterioso team Sony San Diego di cui si è parlato spesso senza che fosse mai stato annunciato ufficialmente.
Quest'ultimo rappresenta una storia piuttosto interessante perché fa emergere l'esistenza di un remake di The Last of Us di cui non si sapeva nulla: nella ricerca del titolo blockbuster in grado di smuovere le masse, invece di puntare su un progetto completamente nuovo Sony ha dato il via libera a un'operazione di profonda rielaborazione del primo capitolo di The Last of Us, di fatto passato di mano da Visual Arts a Naughty Dog, creando attriti interni e portando di fatto all'uscita di scena di Mumbauer e altri elementi chiave di Visual Arts. In tutto questo, le motivazioni di Sony sono facilmente comprensibili: le grandi produzioni interne esclusive hanno cementato il successo di PS4 e di fatto stabilito un modus operandi che si sta imponendo come principale all'interno della compagnia. The Last of Us, Uncharted e gli altri sono giochi che richiedono decine di milioni di dollari come spese di produzione e riescono a generare profitti, anche grazie all'enorme quantità di console installate. Il meccanismo ha funzionato bene finora e Sony sembra voglia riproporlo in maniera ancora più ferrea con PS5. Il risvolto della medaglia è una decisa riduzione nella varietà dei giochi first party in termini di titoli e generi, ovviamente, che potrebbe essere compensata da accordi di esclusiva con i third party, ambito su cui Sony si sta dimostrando particolarmente attiva in questo avvio di generazione.
Bisogna sempre considerare come tutte queste siano in buona parte congetture, sebbene effettuate a partire da fatti reali e documentati: ci sono anche segnali che dimostrano il contrario, come il fatto che Sony sembri continuare a supportare Media Molecule e il suo Dreams nonostante risultati non entusiastici sul mercato (dovuti, effettivamente, anche a una certa mancanza di spinta promozionale da parte della compagnia stessa), così come la volontà dimostrata in passato di credere in progetti rischiosi come The Last Guardian, sebbene si tratti comunque di titoli e progetti appartenenti tutti alla direzione pre-Jim Ryan. In ogni caso, i fatti finora darebbero ragione a una Sony tutta proiettata sui blockbuster, visto che le sue mega-produzioni vendono bene e vengono anche accolte in maniera entusiastica dalla critica, dunque la visione che emerge dall'indagine di Schreier avrebbe senso. Dal lato opposto, si nota come la concorrenza diretta abbia scelto un approccio decisamente diverso: con il suo puntare tutto su Xbox Game Pass, Microsoft sembra prediligere invece un ampio spettro di produzioni differenti, caratterizzate da dimensioni e generi diversi.
Contando su una quantità notevole di team, la casa di Redmond sembra intenzionata a bombardare il servizio con giochi di vario tipo, in grado di soddisfare una grande quantità di gusti differenti e nicchie di pubblico. I risultati arriveranno solo fra un po', visto che acquisizioni e fondazione di nuovi team sono state concluse da pochi anni o mesi, ma qualcosa si comincia a vedere: è un approccio praticamente opposto a Sony, con (relativamente) poche produzioni di calibro enorme e tanti giochi di dimensioni intermedie, oppure titoli in grado di costituire piattaforme da espandere e arricchire col tempo, come si conviene a un servizio online. In ogni caso, puntando sull'allargamento di un servizio su abbonamento l'idea è contare su una forma diversa di business, in grado di slegare la produzione di un videogioco dalla classica dinamica del rischio calcolato e del budget impostato sulla quantità prevista di copie vendute. Questo prevede comunque la produzione di titoli di grosso calibro, ma dovrebbe anche consentire la possibilità di spaziare su generi differenti senza l'ossessione delle copie vendute ma concentrandosi invece sull'attirare la maggiore quantità di utenti sul servizio. Non è facile dire quale dei due sia l'approccio migliore ma questo è forse il primo caso in cui vediamo due visioni così differenti sulla gestione delle produzioni first party da parte di Sony e Microsoft.