Mentre giocavamo a The Journey Down: Chapter 2 abbiamo pensato: ehi, questo gioco ricorda Grim Fandango. Poi ci siamo fermati. Davvero abbiamo pensato una cosa del genere? Possibile che a centinaia di avventure di distanza dal capolavoro di Tim Schafer, dopo il quale ci siamo sentiti orfani senza rimedio, un gioco ci abbia fatto riprovare almeno un po' le stesse emozioni? Ebbene sì, il secondo capitolo di The Journey Down riesce con naturalezza a ricreare l'atmosfera delle avventure classiche uscite dagli studi della compianta LucasArts.
E lo fa senza senza doversi continuamente giustificare per essere "solo" un punta e clicca. La ricetta per una grande avventura era così semplice, ma ci voleva anche del coraggio: il coraggio di non seguire tendenze di vendita e immaginarie aspettative, lasciandosi guidare invece dal gusto che si prova a fare qualcosa che piace. Gli sviluppatori di SkyGoblin devono essersela spassata parecchio scrivendo questa seconda avventura, e si sente. Dopo un esordio frizzante me incompleto, dovuto soprattutto alla scarsa durata del gioco e ai mezzi modesti a disposizione, The Journey Down diventa finalmente quello che puntava a essere fin dall'inizio, un'avventura solida e completa, che vale tutti i (pochi) euro che costa. Se volete giocare al primo episodio, comunque molto piacevole, lo trovate in vendita su Steam, ma non è necessario. The Journey Down: Chapter 2 ripercorre le gesta passate nel corso della narrazione, così che tutti possano subito sentirsi a casa. Ad ogni modo, se avete giocato alla prima avventura, proverete un legame affettivo più forte nei confronti dei personaggi, avendo già vissuto con loro la rocambolesca serie di eventi che li ha portati a essere ripescati in mare e scortati fino al molo di Port Artue. Ed è qui che la storia ha veramente inizio.
The Journey Down: Chapter 2 è quel genere di avventura brillante che risolleva una giornataccia
Una città da visitare almeno una volta
Sono passati circa tre anni dal rifacimento del primo capitolo di The Journey Down, che debuttò in versione gratuita addirittura nel 2010. Vogliamo essere onesti: dopo tutto questo tempo il ricordo di Bwana e della sua spalla, Kito, non ci aveva abbandonato, ma potevamo anche vivere senza sapere cosa ne sarebbe stato della ricerca del padre e della misteriosa terra nota come Underland. Poi ci siamo ritrovati questo secondo capitolo fra le mani e siamo rimasti molto sorpresi per la crescita che ha fatto il gioco.
Adesso sì che, dopo averlo completato, aspettiamo con ansia di sapere come andrà a finire. Il segreto del successo di The Journey Down è da cercare nell'atmosfera e nello stile visivo. Le maschere africane al posto dei volti dei personaggi, l'accento caraibico di Bwana, il contesto misterioso e surreale nel quale sono calate le vite dei tanti personaggi contribuiscono a rappresentare un mondo nel quale ci perdiamo volentieri. Purtroppo, anche se le schermate da visitare sono molto più numerose rispetto a quelle del primo capitolo, mancano alcuni punti interessanti mostrati in una mappa appesa nell'ufficio comunale di Port Artue. Forse sono mancati il tempo e le risorse per crearli, o magari li visiteremo nel terzo capitolo. Per adesso, comunque, rimaniamo con il rimpianto per quei luoghi che credevamo ci aspettassero più avanti lungo il cammino. Avrete intuito insomma che Port Artue è una città interessante, con una sua storia personale che si svela nel corso dei dialoghi, e afflitta dal classico problema che tiene bloccati i suoi cittadini, in questo caso il malfunzionamento del faro. Durante la nostra esplorazione abbiamo incontrato onesti proletari che si ubriacano nei bar, segretarie che sognano mete esotiche, furbi scaricatori di porto, un potere corrotto, e nemici che a loro volta hanno nemici più grossi.
Alcuni personaggi sono più memorabili di altri, come il tassista Reynolds, o il guardiano nel faro, che spicca per spessore e personalità, anche più di Lina, la terza protagonista dell'avventura, che invece non ha trovato ancora una sua voce autentica. La storia ambientata a Port Artue, sebbene si muova dentro coordinate molto semplici, si fa sempre più intricata, con rovesciamenti di prospettiva e colpi di scena che si susseguono a ritmo incalzante. C'è spazio anche per una breve evoluzione psicologica del cattivo di turno. Si avverte comunque che manca lo spazio necessario per lasciare espandere gli eventi come dovrebbero, e qualche passaggio avviene in maniera sbrigativa, come la fuga di prigione di Bwana, della quale nessuno sembra accorgersi finché non va a bussare di persona a casa del suo nemico. Abbiamo in compenso apprezzato la dovizia con la quale il secondo capitolo risponde a tutte le domande che solleva, approfondendo le motivazioni dei personaggi, alleati o nemici che siano, e i retroscena degli eventi. Lo fa nel corso di lunghi dialoghi, ma fermandosi prima di tediare il giocatore. Ci ha stupiti inoltre scoprire che, quando il gioco sembrava finito, c'era ancora spazio per un'ultima serie di schermate e puzzle in un altro luogo fuori da Port Artue, del quale non vi sveliamo nulla, ma che stravolgeva la paletta dei colori, forse per anticiparci che il terzo capitolo non offrirà solo schermate cupe e scalcinate come quelle dei primi due episodi. E quando arrivano i titoli di coda, è a malincuore che diciamo arrivederci a Bwana e alla sua banda.
L'ottimismo contro la repressione
Le due fonti principali di vibrazioni positive emanate da The Journey Down sono il suo protagonista, Bwana, e l'eccellente colonna sonora, una miscela di jazz e ritmi caraibici che ci fa sentire bene anche davanti allo scenario cupo di Port Artue. Bwana è divertente e svagato senza forzare la mano.
Cosciente di sé e di quello che avviene intorno a lui, si muove con stile, cercando di risolvere i problemi senza farsi rovinare la giornata, nonostante abbia contro un regime totalitario che sembra intenzionato a perseguitarlo con ogni mezzo. Abbiamo apprezzato anche l'ironia misurata del gioco, che non cerca la battuta a tutti i costi. La virtù di questo secondo capitolo di The Journey Down sembra proprio essere l'equilibrio delle parti, sobrie e bene integrate fra di loro. Ma se da un lato conoscere i proprio limiti e concentrarsi su quello che si può fare bene è una strategia saggia, dall'altro si sente il peso di alcuni compromessi. Le animazioni sono infatti molto piacevoli, ma la qualità generale è altalenante, con alcuni modelli che stonano sullo sfondo dipinto a mano. Anche i puzzle sono fin troppo semplici, tanto che un giocatore navigato non avrà problemi a finire il gioco in quattro ore. In compenso ogni enigma risolto accelera la progressione della storia, perché rimette in moto gli eventi e fornisce un indizio chiave per il rompicapo successivo, così che il flusso di gioco non si interrompe quasi mai. A chiudere su una nota positiva ci sono i doppiatori, che prestano una voce a tutti i personaggi del gioco, fra i quali spiccano Bwana e Kito. Siamo coscienti che in pochi prenderanno in considerazione questo gioco, ed è un peccato, perché con tanti titoli deprimenti che riempiono le vetrine di Steam, The Journey Down: Chapter 2 è un concentrato di piacevolezze capace di risvegliare la passione del videogiocatore sconfortato in cerca di stimoli.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- La redazione usa il Personal Computer ASUS CG8250
- Processore Intel Core i7 2600
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
- Sistema operativo Windows 7
Requisiti minimi
- Processore 1.8 GHz
- 1 GB di RAM
- Scheda video compatibile con Direct X 9.0c
- Sistema operativo Windows XP SP 2+, Windows Vista, Windows 7
Conclusioni
The Journey Down è un'avventura genuina che sprigiona buon umore. Lo stile rilassato di Bwana è contagioso e ci trascina nel vivo della storia come un partner ci trascinerebbe al centro della pista da ballo. Alcuni aspetti del gioco sono ancora limitati, ma è un progetto in netta crescita. Se SkyGoblin continua così, il terzo capitolo chiuderà con i fuochi d'artificio.
PRO
- Atmosfera invitante e originale
- Musiche fantastiche che vale la pena avere nel proprio lettore MP3
- Narrazione vivace che ricompensa gli sforzi del giocatore
- Bwana e il suo delizioso accento
CONTRO
- Port Artue avrebbe bisogno di qualche luogo in più da visitare
- Alti e bassi nella qualità visiva
- Alcuni potrebbero trovare gli enigmi troppo semplici