Ed eccoci finalmente alla recensione di It Takes Two, nuovo gioco sviluppato dagli Hazelight Studios, ancora una volta sotto l'attenta direzione del maestro Josef Fares. Il team è lo stesso di Brother: A tale of two Son e di A Way Out, e It Takes Two non è poi così diverso dai precedenti concettualmente parlando: per la terza volta, l'intero progetto è stato pensato per essere giocato dall'inizio alla fine in compagnia, sia gomito a gomito sulla stessa console che attraverso le meraviglie dell'online.
Nonostante questa importante somiglianza, ci troviamo davanti a un'esperienza che in quanto a contenuti e tonalità è totalmente diversa dai suoi due illustri predecessori. Brother è stato uno straordinario gioco di debutto, meritatamente vendutissimo, costruito su note drammatiche, mentre nei contenuti oggi appare quasi come un prototipo di quello che sarebbe arrivato dopo; A Way Out sguinzaglia il concept in modo diverso, scrivendo una trama completamente action su cui riflette solo in parte il gameplay, che sa bene quanto e quando rallentare per farci godere al meglio personaggi e situazioni con sequenze quasi più adventure.
E It Takes Two? Riposti il fantasy e il dramma criminale in un cassetto forse momentaneamente o forse per sempre, con questa terza opera gli Hazelight Studios prendono il volo affidandosi alla libertà concessa dall'immaginazione a briglia sciolta. Questo ha permesso al gruppo di confezionare quello che probabilmente è il loro titolo migliore, l'esperienza che finalmente concretizza questa idea di gioco dove la cooperativa è davvero centrale. Mentre in Brothers e A Way Out, per ovvi motivi, i designer sono stati obbligati a cercare espedienti cooperativi in un contesto più o meno reale, con It Takes Two hanno potuto fare l'opposto: qui è la componente coop che detta ogni regola.
Pixar nel mirino
L'espediente che ha permesso tutto questo, che è un grande traguardo per Hazelight ma anche per tutti noi appassionati di buoni giochi elettronici, è una storia meno sfumata e più semplice rispetto alle precedenti, ma non meno toccante, in ogni caso sempre ben congegnata. Niente fratelli però in It Takes Two, in primo piano in questo caso troviamo una coppia in procinto di divorziare, e il dolore che questo provoca nella loro piccola figlia. Il trauma del momento si trasforma in magia quando, in un agrodolce ultimo giorno d'amore, lei e lui vengono trasformati in piccole bambole di cotone, bottoni, legno e plastilina.
Due eroi che profumano di cassetti passati, pronti a sopravvivere in un viaggio che li porterà fin sopra le stelle, senza però mai uscire dal giardino di casa. Un'avventura alla Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, ma con i ruoli invertiti, che srotola continuamente gameplay sulle facce dei giocatori, con una raffinatissima capacità di salire gradualmente d'intensità man mano che si avanza verso i titoli di coda. It Takes Two è un concentrato del tipico apice dei lungometraggi Pixar, quel momento verso i tre quarti di film dove i protagonisti urlano aggrappati a qualche elemento mobile (la macchina in Toy Story, le porte in Monster & co...), la parte dinamica prima della riflessione che porta al gran finale. Il viaggio è ben costruito perché lo sfiancante tentativo di riavvicinarsi alla figlia da parte dei due protagonisti, figlia che rappresenta anche la chiave che dovrebbe riportarli alla normalità, non potrà mai giungere al termine senza ritrovare quell'affiatamento che diede il via al loro focolare domestico.
Con chi giocherai?
E l'affiatamento dovrete mettercelo voi e la persona con la quale deciderete di giocare It Takes Two, visto che non c'è nessun tipo di single player, non c'è nessun modo di giocarlo da soli a meno che non moriate dalla voglia di mostrare le vostre abilità speciali su Twitch impugnando due Joypad contemporaneamente. In It Takes Two non c'è un solo passaggio che non preveda la collaborazione stretta tra i due personaggi, tra i due giocatori. Ce ne sarebbero da raccontare, ma questa è un'esperienza così bella, serrata e irripetibile che ogni spoiler di gameplay sarebbe un piccolo sgarbo nei vostri confronti, addirittura più di ben precise rivelazioni di trama. Ciò che ci preme più raccontarvi, oltre a quello che forse avrete già visto in trailer, videorecensioni e dirette in ogni dove, è l'incredibile varietà che si nasconde in It Takes Two.
Le sue ambientazioni sono legate a certe meccaniche, come i chiodi e il martello negli scantinati (un giocatore lancia i chiodi e l'altro ci si può appendere), o i fiammiferi e la resina incendiabile (per neutralizzare i nemici uno dovrà spargere la resina e l'altro giocatore accenderla) nel grande albero in giardino, ma questa divisione si farà sempre meno stringente, permettendo al gioco di ficcarci in situazioni sempre nuove e via via più emozionanti e divertenti.
Un concentrato di sorprese
In altri giochi siamo abituati a vedere un'idea reggere sulle sue spalle un intero livello, spesso molto lungo, It Takes Two invece cambia regole e punti di vista continuamente e in modo spesso repentino, inaspettato, stupefacente. Qui dentro troverete brandelli di gameplay di una dozzina di giochi diversi, oltre a cose tutte nuove naturalmente. Un attimo prima sarete in volo su un aereo fatto con una mutanda, scappando da scoiattoli armati come nello Star Wars che George Lucas non ha mai avuto il coraggio di scrivere, e quello dopo vi ritroverete alle prese con quello che sembra più un platform bidimensionale dove vengono sovvertite le leggi della gravità. Sfide di abilita, puzzle, trabocchetti, boss, piattaforme, rincorse, api assassine, fisica ribaltata: ogni cinque minuti un'idea nuova, un nuovo modo per collaborare. Ma la cosa più bella è che finite le idee, finisce il gioco. It Takes Two dura anche più di A Way Out: si possono toccare le dieci ore se ci impegna nei minigiochi e nell'esplorazione, ma ore di quelle intense, in costante rivoluzione. L'esperienza poi non è difficile, ma questo non significa che sia per forza semplice: diciamo che è perfettamente calibrato per offrire una sfida degna senza risultare mai eccessivamente cattivo, merito anche degli abbondantissimi checkpoint. Non esiste poi un vero e proprio game over, visto che anche nel peggiore dei casi si ritorna in partita con attese minime, e a pochi metri dall'ostacolo che ci aveva colto in fallo.
Per farci riprendere fiato, It Takes Two nasconde al suo interno diversi minigiochi (sono circa 25!) estremamente divertenti, specialmente quando verranno incontrati organicamente lungo l'avventura, ma una volta sbloccati potranno essere rigiocati liberamente, selezionandoli dal menu principale. Un applauso poi a chi ha deciso di registrare vittorie e sconfitte di ogni partita, in modo che se la coppia di giocatori o uno di loro la prenderà sul personale, la sfida sul minigioco preferito potrà continuare anche finita l'avventura. Sono passatempi semplici eppure molto efficaci, come nella tradizione della migliore Nintendo: ce n'è uno in cui lui deve uscire dalle botole e lei deve dargli le martellate in testa, un altro nel quale bisogna sparare a dei bersagli in movimento per mandarli contro l'avversario, e un altro ancora che invece ci risucchia in una sorta di Battlezone multiplayer, oltre a tutti gli altri che vi lasciamo scoprire da voi.
Split Screen
It Takes Two usa lo stesso sistema di split screen dinamico visto in A Way Out. In questi giochi lo schermo è prevalentemente diviso in due, anche collaborando online, in modo che ognuno veda cosa sta facendo l'altro in tempo reale. A volte, per esigenze narrative o di gameplay, questa suddivisione dello schermo cambia fluidamente, senza alcuna interruzione di sorta. È un espediente come abbiamo detto già visto, qui usato meno che in passato, ma che funziona e sembra oramai essere diventato un vero segno distintivo dei giochi Hazelight.
Giocato su PlayStation 5, it Takes Two è un gioco davvero molto bello da vedere, totalmente privo di rallentamenti, anche se non si espone con chissà quali complessità geometriche. Diciamo che c'è molto più stile che poligoni, e forse in questo caso è un peccato: la grafica non è tutto, ma fatichiamo a nascondere il desiderio di vedere un giorno un gioco così ma con una grafica da capogiro, una colonna sonora orchestrata di lusso. Se lo meriterebbe più It Takes Two che tanti altri prodotti che si reggono in piedi con i loro faraonici budget, a cui Hazelight e Josef Fares non hanno accesso. L'unico modo per farlo succedere, è continuare a supportare prodotti simili, e se la qualità raggiunta al terzo tentativo è quella di It Takes Two non dovrebbe essere uno sforzo per nessuno farlo.
Conclusioni
Senza dubbio il miglior gioco di Josef Fares e i suoi Hazelight Studios. La sua forte caratterizzazione, il suo voler sfidare Pixar e per certi versi anche Nintendo, o quantomeno provare ad attirare la loro attenzione, mostra il fianco di un budget che naturalmente non regge il confronto ma che dimostra senza dubbio di meritare. Se fosse solo gameplay potrebbe accontentarsi di rimanere un straordinario gioco indipendente, ma qui si vola molto più in alto e di conseguenza si nota dell'incredibile potenziale inespresso. Va giocato: sceglietevi la persona giusta e non dubitate un solo istante. E ricordatevi che basta una sola copia del gioco per giocare in compagnia anche online, basta scaricare l'apposito pass esattamente come con A Way Out.
PRO
- Una sola copia per giocare in due online
- Non finisce mai di stupire
- Ottima caratterizzazione dei personaggi
CONTRO
- Non è doppiato in italiano ma solo sottotitolato, e se lo sarebbe meritato
- Aspira a una qualità che non può permettersi ma che meriterebbe