Per comprendere l'entusiasmo che da sempre circonda Retro Studios bisogna capire il periodo in cui è nata, e cioè la fine degli anni '90. Un periodo in cui Nintendo per la prima volta stava perdendo una console war, naturalmente contro Sony, e in cui ne usciva ridimensionata non solo come unità piazzate, ma anche a livello di immagine: se SEGA aveva provato a farla sembrare "per bambini", in parte riuscendoci, PlayStation aveva proprio cristallizzato la definizione, non tanto attaccando Nintendo, piuttosto proponendo dei titoli per una platea a cui l'azienda di Kyoto, sia come contenuti, ma soprattutto come comunicazione, non si era quasi mai rivolta. Prima che arrivasse Satoru Iwata, durante l'elaborazione del Project Dolphin - che poi sarebbe diventato GameCube - Nintendo investì in Occidente come mai prima, proprio per completare la propria offerta.
Vennero stipulati dei contratti in esclusiva con Silicon Knights, che diede alla luce Eternal Darkness: Sanity's Requiem. Investì per acquisire parte di una storica collaboratrice come Left Field Productions, che produsse NBA Courtside 2002 con in copertina Kobe Bryant. Rafforzò i saldissimi legami con Factor 5, all'epoca uno dei vertici tecnologici dell'industria, che sviluppò tra il 2001 e il 2003 due titoli eccellenti come Star Wars Rogue Squadron II: Rogue Leader e Star Wars Rogue Squadron III: Rebel Strike. Soprattutto venne annunciata la creazione di una specie di Dream Team, Retro Studios appunto, da poco fondata da Jeff Spangenberg, la cui iniziale ossatura era composta dagli sviluppatori di uno dei migliori giochi per Nintendo 64, Turok (e Turok 2). La magia sarebbe durata poco, e avrebbe lasciato cicatrici indelebili a Nintendo riguardo agli investimenti in Occidente, per la natura cangiante e fluida dell'industria atlantica. Nel 2002 venne annunciato che Rare, la principale alleata occidentale, avrebbe presto terminato i rapporti con Nintendo. Factor 5 sarebbe brevemente passata sotto Sony, per poi scomparire. Silicon Knights venne corteggiata da Microsoft, e fallì nel 2014, dopo anni di pura mediocrità. Left Field Productions, comunque l'unica tra queste a non proporre niente di eccelso, terminò qualsiasi rapporto di esclusiva con Nintendo proprio nel 2002 (chiuse nel 2011). Una sola software house, tra quelle citate (a parte Rare), è ancora attiva, e ormai posseduta completamente da Nintendo: Retro Studios. La cui storia, tuttavia, è tutt'altro che lineare o fiabesca, ma ricca di tumultuosi alti e bassi.
Prima era: dalla fondazione a Metroid Prime
Jeff Spangenberg vanta un passato florido presso Iguana e Acclaim, con la quale si lascia - con tanto di causa legale - un anno prima del termine del contratto. Nell'autunno 1998 fonda Retro Studios ad Austin (Texas) e ottiene subito dei finanziamenti da Nintendo grazie ai suoi contatti, e anche al curriculum, coi prestigiosi risultati ottenuti con Iguana/Acclaim su Nintendo 64 (Turok, come dicevamo prima). Nell'azienda crea uno studio per motion capture (non comune all'epoca, non fosse chiaro) e un auditorium in cui condividere i progetti in lavorazione. La spina dorsale Iguana viene arricchita da personale tratto da ILM (Industrial Light & Magic, Lucasfilm, con un passato su Star Wars), con aggiunte da LucasArts, id Software (sempre texana), Valve e Looking Glass (che sarebbe chiusa da lì a poco). Un autentico Dream Team.
La squadra inizia a sviluppare in contemporanea quattro giochi, o meglio, quattro progetti, perché nessuno di loro propriamente "gioco" sarebbe diventato: uno di football (NFL Retro Football), uno ispirato a Carmaggedon, quindi basato su scontri tra automobili (Thunder Rally), un gioco di ruolo (Raven Blade), e un action-adventure (MetaForce). Ai quattro progetti si aggiunge uno sforzo collettivo nell'elaborazione di un engine condiviso, per recente ammissione degli ex dipendenti ancora uno dei migliori in circolazione (RUDE, Retro Universal Design Engine, immaginiamo largamente aggiornato nel corso degli anni). Gli sforzi sono indirizzati al Project Dolphin (il futuro GameCube, lo ribadiamo) senza avere tuttavia abbastanza kit di sviluppo (solo uno, a quanto pare). L'azienda comprende più di cento persone, e deve trovare la sua forma: la necessità di avere un gran curriculum per accedervi non accelera certo i tempi. In questo momento Retro Studios è come un caricaturale Dream Team di sportivi: Jeff catapulta tutti dentro la sua palestra, li lascia riscaldare e allenare senza uno scopo preciso per mesi e mesi, con gente sempre più talentuosa ad aggiungersi, ma sempre priva di obbiettivi concreti a lungo termine. A che serve avere Messi se non ti interessa vincere una competizione o, ancora peggio, se non hai scelto a quale campionato iscriverti? La situazione in Texas è questa, più o meno: grossi investimenti, scarsi risultati.
Lo studio inizia a scricchiolare: dopo due anni di lavoro, Retro Studios non ha niente di concreto tra le mani. La presenza di Spangenberg latita, secondo alcuni avrebbe paura di Nintendo, intimorito dal fragile materiale generato, nonostante i talenti assemblati e - soprattutto - i soldi spesi. Finora Retro si è relazionata soltanto con Nintendo of America, dove non si occupano di sviluppo software (non direttamente, almeno): non hanno avuto contatti con nessuno, a Kyoto. Nel 2000 però i creativi nipponici decidono di verificare lo stato dell'investimento, e la realtà non può essere nascosta: il giudizio sui progetti è totalmente negativo, per risultati e filosofia di sviluppo. Miyamoto ancora una volta mostra la sua lungimiranza, non solo come designer ma anche come producer: vede del buono nell'action-adventure, che si vocifera avesse delle protagoniste femminili, e decide di fare due cose. Uno, affidargli Metroid, che in 3D è "senza casa" (assente dai tempi del Super Nintendo, per essere precisi), anche a causa di Miyamoto stesso. Due, concentrare tutte le forze dello studio su questo singolo progetto. Come conseguenza, dopo una comunicazione di Spangenberg, metà personale rimane senza lavoro. I team del gioco di Football e Thunder Rally vengono quasi totalmente smantellati, mentre alcuni sviluppatori di Raven Balde si uniscono alla squadra che stava costruendo l'action-adventure, così da imbastire la crisalide che avrebbe generato Metroid Prime.
Spangenberg continua a essere assente, ma non solo: circolano online delle foto imbarazzanti di feste private nella sua dimora, che contrastano (per essere discreti) con l'immagine che Nintendo vorrebbe donare di sé. Piscina, cocktail, donne in abiti succinti, e tutto il contesto edonista e lascivo che questi elementi suggeriscono. Nintendo allora rileva le quote di Spangenberg per un milione di dollari, e diventa l'azionista di maggioranza: viene nominato presidente Steve Barcia, un veterano dell'industria parte dell'ex team di Raven Blade. A forza di tagli e supervisioni nipponiche lo studio trova la sua via, ma il tempo che rimane prima della pubblicazione è poco, e per completare Metroid Prime il personale sta in ufficio ben oltre il dovuto. Nonostante i problemi il gioco esce a fine 2002, rivelandosi miracolosamente uno dei maggiori capolavori di questo secolo: e se era inaspettato scriverlo all'epoca, è ancora più sorprendente poterlo ribadire nel 2023.
Seconda era: da Echoes a Tropical Freeze
Nonostante il successo, Retro non supera totalmente le sue difficoltà. Il team è provato dagli orari di lavoro dell'ultimo anno, e sembra che Barcia non solo abbia avuto un modo discutibile di redistribuire i guadagni tra i dipendenti, ma li abbia anche comunicati in modo imprudente, e accessibile a tutti, con l'effetto - piuttosto ovvio - di seminare discordia nel personale. Nintendo lo sostituisce con un suo storico dipendente, Michael Kelbaugh, tuttora presidente della compagnia. A Retro viene commissionato un sequel di Metroid Prime, ma Miyamoto, "sistemate le cose", lascia il ruolo di produttore al solo Tanabe (che, ancora oggi su Metroid Prime 4, riveste la stessa posizione). Anche il seguito si dimostra un successo: pur meno lodato e venduto, è comunque capace di accontentare gli appassionati del primo capitolo. Si rivolge coscientemente a quella platea, e riesce pienamente nel suo intento: Metroid Prime 2: Echoes ha meno charme e capacità di attrarre utenti generici, ma approfondisce, esasperandole e pulendole, le meccaniche del capostipite. Nel 2006 Andy O'Neil e Marco Thrush lasciano la compagnia, con altri ex dipendenti, e fondano Bluepoint Games, sempre ad Austin, che negli anni successivi si specializzerà in remaster e remake, fino ad essere infine acquisita da Sony nel 2021. Non sarebbero state le perdite più gravi, ma allo stesso tempo sarà comunque l'azienda "derivata" di maggior successo.
Retro Studios si mette subito al lavoro sul nuovo progetto, l'ultimo capitolo della trilogia, Metroid Prime 3: Corruption. I limiti dell'hardware Wii, e la nuova direzione intrapresa da Nintendo, scoraggiano alcuni veterani della compagnia, abituati ad anelare l'eccellenza tecnica: il gioco è accolto calorosamente, si rivela un'ottima opera (tra le migliori a sfruttare il Wiimote), ma la storia di questa fase di Retro Studios finisce qui. Tre figure fondamentali lasciano l'azienda: Mark Pacini (direttore della trilogia), Todd Keller (direttore artistico) e Jack Mathews (direttore tecnico). Insieme fondano Armature Studios, che ancora oggi è attiva: tra un prodotto mediocre e l'altro ha ottenuto (e sta ottenendo) buoni risultati, ma in generale dimostra quanto originare una propria compagnia non sempre consenta di reiterare l'eccellenza raggiunta in passato, nonostante ad andarsene siano state le principali menti (e mani) del team. La stessa cosa era accaduta, diversi anni prima, a Rare.
Nonostante l'emorragia Retro Studios sopravvive, Tanabe continua a lavorare con loro, e pubblica Metroid Prime Trilogy (Wii, 2009), un titolo che raccoglie tutti e tre gli episodi della saga. Gli viene affidato un altro brand Nintendo momentaneamente orfano: Donkey Kong Country. Il gioco viene diretto da Bryan Walker, esce nel 2010, e si rivela uno dei platform 2D tecnologicamente più avanzati (nonostante Wii), belli e venduti in circolazione. A Donkey Kong Country Returns segue un'imprevedibile collaborazione con EAD su Mario Kart 7, dove svetta il designer Tom Ivey; una collaborazione che sarebbe dovuta essere episodica, circostanziata a poche piste, che invece abbraccia l'intero progetto. Nel 2014 su Wii U arriva Donkey Kong Country: Tropical Freeze, diretto da Ryan Harris e Vince Joly, un sequel all'altezza dell'originale. A livello tecnico si tratta di uno dei platform 2D più ambiziosi mai realizzati, con scenari in costante mutamento e un'interazione eccellente. La qualità di ogni produzione resta alta, ma è palesemente finito un ciclo, e la seconda fase di Retro Studios. Bryan Walker lascia l'azienda nel 2012 e, oltre ad altre esperienze in diverse software house, si lancia anche in una startup di burrito tra il 2014 e il 2017 (ci pareva curioso segnalarlo, ecco). Tom Ivey nel 2013 passa come gli ex-colleghi da Retro Studios ad Armature Studios. Vince Joly "resiste" più a lungo, fino al 2019, e come ultimo incarico contribuisce (secondo il suo profilo Linkedin) a "elaborare l'estetica di un gioco non annunciato" (ora lavora presso EA). Ryan Harris fa ancora parte di Retro Studios, da inizio 2019 come Director of Planning, ed è uno dei pochissimi ancora presenti dai tempi di Metroid Prime.
Terza era: progetti cancellati e Metroid Prime 4
Da qui inizia il periodo più oscuro di Retro Studios, sia come risultati che come informazioni, su cui possiamo soltanto speculare. Il dato oggettivo è che tra Donkey Kong Country: Tropical Freeze (2014) e Metroid Prime Remastered (2023), escluso l'adattamento per Switch proprio del platform Wii U, Retro Studios non pubblica niente. Sono circolati tanti rumor, e ancora di più ne sono emersi attraverso le parole, anonime o meno, rilasciate da ex-dipendenti della società. Qualsiasi cosa coinvolga i principali brand Nintendo crea subito scalpore, come ad esempio Heroes of Hyrule, uno strategico ambientato nel mondo di Zelda (ideato da Retro Studios, chiaramente): dalle informazioni rivelate tuttavia è evidente che non sia mai stato sviluppato con convinzione, esattamente come lo spin-off per Wii avente per protagonista uno Sheikah. Sono dei progetti mai approvati, o al massimo castrati sul nascere, da Nintendo. Ce ne saranno stati tanti altri allo stesso livello di lavorazione, senza mai raggiungere lo stadio di demo giocabile. Uno di questi progetti abortiti, tuttavia, è meritevole di una menzione.
I rumor su Retro Studios al lavoro su Star Fox sono circolati per anni, appoggiati da siti e insider rinomati, al punto che era difficile immaginare che il progetto non esistesse. E infatti esisteva: tuttavia, come abbiamo appreso da un'intervista a un ex sviluppatore, non è mai stato alcunché di concreto. Era una semplice proposta, ai limiti del dilettantesco e senza alcuna particolare ricerca grafica, che Nintendo ha bocciato (qui potete vedere il filmato). Non si è trattato di un progetto cancellato dopo tanto tempo. È chiaro che Retro Studios abbia lavorato a "qualcosa di grosso" tra il 2014 e il 2018, ma che non abbia avuto successo nello sviluppo, per motivi ignoti; un "qualcosa" per cui aveva assunto diverse persone, tra cui Alexander Brandon, compositore di Deus Ex, e che non era Star Fox Armada. Probabilmente non conosceremo mai la natura di questo progetto, emergerà in caso tra diversi anni; fatto sta che ha portato a un fallimento, e ad una carenza di pubblicazioni che ha generato timori sulla sopravvivenza stessa dello studio. Forse era un videogioco strettamente legato al doppio schermo Wii U, che si è arenato causa prematura morte della console, e contemporanea impossibilità di conversione su Nintendo Switch? Sia come sia, negli stessi anni Tanabe comunica che ignora la presente occupazione di Retro Studios, lasciando intendere che quel progetto non fosse legato né a Metroid né a Donkey Kong. All'E3 2017, nel frattempo, Nintendo annuncia Metroid Prime 4: tutti danno per scontato lo sviluppatore, ma durante la stessa fiera viene smentito il coinvolgimento di Retro Studios. Siamo praticamente arrivati ai giorni nostri: la software in questione (si vocifera Bandai Namco Singapore) non ottiene risultati soddisfacenti, e Nintendo, a inizio 2019, annuncia che lo sviluppo di Metroid Prime 4 sarebbe ripartito da capo, proprio in collaborazione con Retro Studios.
Da fine 2018 in poi Retro Studios inizia ad assumere con continuità, un po' come era avvenuto ai tempi della fondazione dell'azienda. Le tre figure principali, a livello dirigenziale, sono apparse già nei discussi crediti (che non citano gli autori originali, quantomeno non uno ad uno) di Metroid Prime Remastered: parliamo di Dylan Jobe, un veterano, Senior Director of Development, coinvolto in passato in DOOM e Warhawk. Marisa Palumbo, Lead Producer, con un'esperienza eccezionale: GTA IV e V, Red Dead Redemption. Del Senior Art Director, lo svedese Jhony Ljungstedt, precedentemente impegnato in Mirror's Edge Catalyst e vari Battlefield. Ci sono altre figure note, tra le assunzioni. Scott Hafner, senior level designer, ha lavorato a The Outer Worlds. Kile Hefley, character artist, con un passato su Halo e Call of Duty. Stephen Dupree, designer ritornato in Retro Studios dopo una breve parentesi di due anni per creare New Super Lucky's Tale. Bharathwaj Nandakumar, programmatore coinvolto nello sviluppo di Call of Duty: Black Ops. Scott Hafner, senior level designer, anche lui precedentemente impegnato presso Obsidian Entertainment (durante The Outer Worlds).
Vada come vada, siamo di fronte alla "terza era" della storia di Retro Studios, iniziata nel 2014: si concluderà con l'arrivo di Metroid Prime 4, dalla data di uscita ancora ignota. In questo periodo l'azienda ha pubblicato soltanto un adattamento per Switch di Donkey Kong Country: Tropical Freeze e, sempre per l'ibrida Nintendo, nel 2023, Metroid Prime Remastered. Verificheremo lo stato di salute di Retro Studios col ritorno di Samus Aran, consapevoli di due elementi che hanno da sempre caratterizzato questa software house. Primo: non ha mai pubblicato un'opera che fosse meno che ottima. Secondo: i suoi dipendenti vanno e vengono, indipendentemente dai risultati. I successi non garantiscono stabilità. Quindi speriamo che Metroid Prime 4 sia eccezionale, la qualità di Metroid Prime Remastered ci induce certamente ottimismo, ma, anche lo fosse, bisogna essere coscienti che potrebbe trattarsi del punto apicale di un determinato momento, piuttosto che dell'inizio di un nuovo periodo florido.