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Assassin's Creed: un viaggio tra comodità e criticità

Ci sono i fan e ci sono i detrattori e poi c'è chi sta nel mezzo: proviamo a darvi una prospettiva insolita sul nuovo Assassin's Creed.

SPECIALE di Christian Colli   —   23/03/2025
Cover art di Assassin's Creed Shadows
Assassin's Creed Shadows
Assassin's Creed Shadows
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Ultimamente sembra di stare negli Assassini Anonimi.
"Ciao, mi chiamo Christian e mi piace Assassin's Creed..."
(coro apatico) "Ciao, Christian."
Ormai si tende a dividere il mondo in fan e hater, ma la storia a volte può essere molto più semplice o complicata e vale la pena raccontarla. Io neanche l'ho comprato Shadows, e non che non ci abbia pensato: volevo prenderlo al lancio ma mi sono capitati tra capo e collo un botto di lavori e la nuova stagione di World of Warcraft, quindi non rientra esattamente tra le mie priorità. Assassin's Creed per me è un comfort food perciò aspetterò il primo sconto. Infatti, io non sono un fan di Assassin's Creed. Ora vi svelo un segreto che quelli di Fatima scansati: non mi sono mai filato neppure Ezio Auditore, che sarebbe tipo il non plus ultra della serie Ubisoft. Scandaloso, vero? Ho la vostra attenzione? Bene! Ma andiamo con ordine...

Io, me e Assassin's Creed

Nel 2007 ero uno dei tanti in prima fila a comprare Assassin's Creed, il primo, quello con Altair ambientato a Gerusalemme, casomai qualcuno se lo sia scordato visto che non ci hanno fatto ancora una remaster o un remake (strano forte). Ma all'epoca praticamente tutti hanno comprato Assassin's Creed perché era una novità e aveva un concept super affascinante: ricordo di essere rimasto a bocca aperta di fronte alla ricostruzione degli scenari, di essermi appassionato alla storia mezza autentica e mezza sci-fi e di essermi fatto due mele dell'Eden così a giocarlo... perché era terribilmente noioso.

Perciò non ne ho giocato più neppure uno per anni. Ogni tanto leggevo recensioni e sinossi per curiosità... anzi, no, ripensandoci ho giocato per lavoro quello PSP che manco ricordo come si intitola. Diciamo che le tematiche e le ambientazioni non mi stimolavano abbastanza: dell'Italia di Ezio non me ne fregava niente, dei pirati men che meno, così sono passati gli anni e poi è uscito Origins.

Ah, l'Egitto, quello sì che mi affascinava. Però avevo sempre il dubbio che mi sarei annoiato a morte: Altair mi aveva lasciato un retrogusto fastidioso, unito a una minore predisposizione nei confronti dei giochi che, nel frattempo, erano diventati "alla Assassin's Creed". Intanto erano passati dieci anni e la serie era sprofondata in una crisi creativa che voleva un reboot sia nella narrativa che nel gameplay. E anche Origins non è che lo abbia giocato subito: se ricordo bene, l'ho comprato scontatissimo dopo che era uscito Odyssey. A convincermi, in un rarissimo momento in cui non avevo JRPG da giocare per diletto o per lavoro, è stato il loot.

Assassin's Creed Origins: il primo reboot non si scorda mai
Assassin's Creed Origins: il primo reboot non si scorda mai

Non mi vergogno a dire di essere uno a cui piace il bottino nei GDR, infatti adoro WoW, Diablo e tutti quei giochi lì. Quindi un Assassin's Creed tra le piramidi con il bottino GDR? Ma pancia mia fatti capanna! E infatti l'ho divorato, non senza momenti di stanca perché la formula è sempre quella e diventa ripetitiva dopo un po' di ore, però mi ha appassionato molto e mi ha convinto a comprare Odyssey, ambientato in un altro immaginario che adoro da tutta la vita: l'antica Grecia.

Per assurdo, Odyssey - di cui ho acquistato anche i DLC, cosa che solitamente non faccio mai - mi ha deluso un pelo di più: ho trovato la storia frammentaria e inconcludente, tranne nei momenti folli con tutta quella storia delle divinità che in realtà sono alieni o una cosa del genere, scusate ma a un certo punto mi sono perso. Infatti non è che mi stessi divertendo per la storia, le duecentomila missioni secondarie o il bottino che, a una certa, anche basta aprire la schermata dell'equipaggiamento ogni due minuti. Non era quello che mi è piaciuto dei nuovi Assassin's Creed.

Capo Sunio in Assassin's Creed Odyssey ma senza Julian Solo e i suoi cavalieri dei sette mari
Capo Sunio in Assassin's Creed Odyssey ma senza Julian Solo e i suoi cavalieri dei sette mari

Alla fine mi ha conquistato il mondo ricostruito nei minimi particolari - anche anacronistici e non proprio fedelissimi alla realtà, va detto - e la presenza di personaggi storici o figure mitologiche che mi hanno sempre affascinato. Sono cresciuto tra i Cavalieri dello Zodiaco, Stargate, Scontro di Titani e i Ramses di Christian Jacq, figurarsi se non mi sarei divertito come un bimbo a scalare la piramide di Giza o il Partenone, dove peraltro sono stato di persona. E forse è il motivo per cui ho apprezzato meno Valhalla, comprato - ahimé - al lancio e a prezzo intero ma mollato dopo una trentina di ore: non essendo un fan della mitologia norrena e di quel periodo storico, ha fatto meno presa e ha potenzialmente rotto l'incantesimo di Ubisoft. Finché non hanno annunciato Assassin's Creed Shadows.

Ricordo nitidamente quando su Twitter mi è spuntata un'immagine promozionale del Kinkaku-ji in Assassin's Creed Shadows. È una scena catturata da una prospettiva praticamente identica a quella di una foto che ho scattato di persona allo stesso padiglione d'oro di Kyoto: una coincidenza che ha riconquistato la mia attenzione. Nel frattempo erano usciti alcuni titoli open world ambientati nel Giappone feudale, come Rise of the Ronin o Ghost of Tsushima, che mi avevano interessato pochissimo perché, molto semplicemente, non erano Assassin's Creed. Come si spiega?

Bianco, rosso e Giunone

Dicevamo prima, Assassin's Creed è diventato comfort food, in un'accezione positiva o negativa molto personale. La serie ha ormai trovato una quadra molto specifica - e anche molto immobile, salvo rare eccezioni - che la incastra in un campo d'interesse preciso. Io, per esempio, non sono un giocatore che cerca la fedeltà storica a tutti i costi e non capisco la rabbia che serpeggia in rete nei confronti delle incongruenze storiche di un gioco che appartiene a una serie in cui E.T. ha inventato l'Eden e ora si spaccia per Giunone, volendo semplificare tantissimo l'incasinata mitologia fantascientifica che hanno scritto quelli di Ubisoft.

A sinistra il Kinkaku-ji nella vita reale, a destra quello di Assassin's Creed Shadows
A sinistra il Kinkaku-ji nella vita reale, a destra quello di Assassin's Creed Shadows

Non credo di essere l'unico che vuole solo vivere un'avventura in scenari foto realistici nei confronti dei quali nutre un attaccamento particolare e se c'è una cosa che mi ha veramente deluso è il fatto che Ubisoft abbia cancellato la modalità più interessante dei suoi ultimi giochi: il Discovery Tour. Per chi non lo sapesse - dato che era un download opzionale, se ricordo bene - la modalità Discovery permetteva di esplorare il mondo di gioco, apprendendo nozioni e informazioni storiche su luoghi e personaggi. Era letteralmente il videogioco che faceva cultura. Già quello di Valhalla sembrava abbastanza lacunoso, ma cancellarlo del tutto... che peccato!

Il sentimento negativo nei confronti della serie - forse proprio per essere diventata comfort food - e di Ubisoft ha avvolto Shadows come un'aura fin dall'annuncio. In rete esistono giocatori, streamer e sedicenti esperti del settore che sperano attivamente nel fallimento di Shadows per i motivi più disparati: c'è chi ce l'ha col famigerato woke, c'è chi "non ne può più di Assassin's Creed" e c'è chi ce l'ha con le politiche discutibili di Ubisoft, comprensibile. Poi c'è il governo nipponico che si arrabbia perché si possono deturpare i monumenti storici, tant'è che lo sviluppatore si è affrettato a pubblicare una patch prima che gli facessero visita i ninja, quelli veri. Insomma, un delirio.

Ma c'è davvero qualcuno che gioca Assassin's Creed per i combattimenti?
Ma c'è davvero qualcuno che gioca Assassin's Creed per i combattimenti?

Assassin's Creed resta una serie con dei pilastri che, per alcuni giocatori come il sottoscritto, possono rappresentare dei veri e propri cardini, per quanto fragili e talvolta temporanei. Il sistema di combattimento semplicistico - non è certo un soulslike o un Platinum Games, per intenderci - e l'enfasi riposta nell'esplorazione degli scenari fotorealistici possono bastare a una categoria di giocatori, per quanto ristretta? A me sì. Forse perché gioco spesso JRPG cervellotici, trovo un non so che di confortante o rilassante tornare a giochi in cui spunto fondamentalmente un elenco di attività prevedibili mentre mi gusto panorami spettacolari o mi immergo nella rappresentazione di un momento storico che mi intriga o mi appassiona.

Sì, possiamo fare mille discorsi sulla qualità della scrittura, sulla ripetitività del gameplay a lungo andare, sulle inconsistenze storiografiche e le ricostruzioni fantasiose di personaggi, rapporti ed eventi seminali nello sviluppo di certe società, ma dal punto di vista squisitamente commerciale Ubisoft i suoi Assassin's Creed li sa confezionare ancora bene. Le alternative non mancano ma ormai si è imbastita una storia - per quanto confusa e frammentaria - che stimola a seguire la serie per capire dove vuole andare a parare.

Yasuke è esistito veramente, possiamo voltare pagina ora?
Yasuke è esistito veramente, possiamo voltare pagina ora?

Credo che siamo in tanti a vedere in quella cartolina virtuale del Kinkaku-ji un'occasione di escapismo verso un immaginario che già conosciamo, verso trend cui siamo abituati che ci accoglieranno a braccia aperte anche a questo giro per venti, trenta, quaranta ore o quelle che servono. Forse è questo il problema delle serie importanti come Assassin's Creed: nelle discussioni si finisce sempre per considerare i fan sfegatati e i detrattori spietati, ignorando quelli che stanno nel mezzo. Sono quelli che vogliono solo passare un po' di tempo su un giochino, ormai una minoranza soffocata dalle sterili polemiche di chi preferisce chiacchierare che impugnare un controller.