Oltre a rappresentare una delle storie più affascinanti nel settore dei videogiochi, quella di Monster Hunter è divenuta una vicenda simbolo dell'evoluzione di Capcom. La compagnia, infatti, ha attraversato momenti di grazia creativa e lunghi periodi di stanca, età dell'oro e crisi di varia entità, arrivando a un certo punto a imboccare una svolta che avrebbe spazzato via con un colpo di spugna la maggior parte dei suoi inciampi. Capcom è riuscita a riconquistare le redini del proprio destino scommettendo tutto sulle proprietà intellettuali che l'hanno resa celebre, portando ciascuna delle sue produzioni di bandiera a raggiungere fasti che sembravano ormai da tempo fuori portata.
Ciò vale per Resident Evil, vale per Street Fighter, ma vale soprattutto per Monster Hunter, serie che attraverso la pubblicazione di World non ha conosciuto un semplice rinascimento creativo, ma si è tramutata nell'IP di maggiore successo dell'intero portfolio. Ancor più importante è il fatto che a guidare quel cambiamento siano state le stesse figure che quasi vent'anni fa avevano gettato le fondamenta delle prime istanze del marchio, quelle personalità che più di tutte le altre sanno dove si nasconda l'essenza della saga. Freschi della mirabolante presentazione di Monster Hunter Wilds tenuta dal director Yuya Tokuda, abbiamo intervistato Ryozo Tsujimoto (producer) e Kaname Fujioka (art director) di Capcom, le grandi menti che hanno fissato le regole della caccia.
Il significato di Wilds
Ormai la natura di un capitolo di Monster Hunter si cela oltre quei termini che hanno sostituito la classica numerazione. Volete spiegarci la filosofia e il significato di "Wilds"?
Tsujimoto: Abbiamo avuto una lunghissima discussione riguardo il modo in cui chiamare il gioco. Da World in avanti abbiamo scelto di assegnare un nome che rifletta quelli che sono i nostri obiettivi per l'esperienza, il concetto fondamentale del game design, abbandonando di riflesso la formula numerata. Con World, per esempio, si trattava di celebrare un ecosistema vivo e di ampio respiro. Con Wilds, invece, vogliamo fare la stessa cosa ma spingendo verso l'estremità più selvaggia dello spettro, mostrando il rovescio della medaglia di quella che è la bellezza della natura.
Avrete notato dalla presentazione che l'ambientazione ha diverse fasi: ce ne sono alcune che sono calme e rilassanti, ma le cose possono cambiare in un istante, esattamente come succede nei veri ecosistemi naturali. Volevamo esprimere il fatto che c'è una dura realtà che si nasconde oltre il velo della natura. E dato che quest'anima è finita nel titolo, potete stare certi che costituisce la spina dorsale dell'esperienza. I mostri diventano aggressivi all'improvviso, attaccano in branco, la caccia può diventare soverchiante molto in fretta... la natura è selvaggia.
Sarebbe corretto dire che Wilds è un successore spirituale di World? Si configura come un potenziamento di quell'esperienza?
Fujioka: Ovviamente si tratta di un gioco tutto nuovo, non è propriamente un sequel diretto di World, ma è evidente che siamo stati estremamente ispirati dai risultati che abbiamo raggiunto con World, ovvero l'apertura globale della serie di Monster Hunter. Volevamo ottenere un grande successo, e non sto parlando solamente di un successo internazionale, al di fuori del Giappone, ma della capacità di raggiungere tutta una serie di giocatori che fino a quel momento non avevano dato una chance alla serie Monster Hunter. Credo che le scelte di design e le meccaniche di gameplay che abbiamo realizzato al tempo di World abbiano centrato perfettamente quell'obiettivo. Con Wilds stiamo costruendo su quella base, direi che quella è l'ispirazione fondamentale.
Tsujimoto: Bisogna anche ammettere che tutto il team fondamentale che si è occupato di realizzare World è lo stesso che si trova al lavoro su Wilds. Come il director, Mr. Tokuda che ha giocato la presentazione, e ovviamente il direttore esecutivo e art director Mr. Fujioka, qui accanto a me. Pertanto direi che c'è un fortissimo legame anche sul fronte dell'esperienza e del processo di sviluppo. Monster Hunter Wilds è un'evoluzione di quello che abbiamo fatto con World, specialmente perché include tantissime cose che ci sarebbe piaciuto fare nel 2018 ma che non siamo riusciti a realizzare a causa dei limiti di tempo, ma soprattutto in ragione delle limitazioni imposte dagli hardware. Per utilizzare la tua frase, direi di sì, ci sono molte ragioni per cui Monster Hunter Wilds è il successore spirituale di World.
Il gameplay di Monster Hunter Wilds
La cosa che colpisce di più di Wilds è come sia privo di transizioni, di caricamenti, di come tutto sia senza soluzione di continuità. E non solo la caccia, ma anche il gameplay e i cambiamenti nelle ambientazioni. Volete spiegarci questa filosofia?
Fujioka: è davvero complesso progettare un'esperienza di questo genere, c'è un numero enorme di sistemi di gameplay che interagiscono fra loro, e persino con altri elementi, in qualunque istante, fra l'altro in maniera totalmente imprevedibile. Volevamo aggiungere all'offerta il maggior numero di idee possibili per quanto riguarda il gameplay emergente che il pubblico ama. Abbiamo preso la classica esperienza di Monster Hunter e abbiamo iniziato a buttare giù idee per rendere la formula più profonda. E se aggiungessimo dei pericoli ambientali? E se non ci limitassimo a dividere l'ambientazione in biomi, ma ogni bioma in diverse fasi? E se aggiungessimo dei mostri che sono legati al proprio territorio e alle fasi? Tirare fuori idee di questo tipo è molto facile... la cosa difficile è rendersi conto che quelle meccaniche dovranno interagire costantemente con altri sistemi del gioco, spesso in maniera non prevista, che dovranno essere divertenti e apprezzabili per il pubblico.
Insomma, richiederanno un sacco di lavoro durissimo, perché in un mondo come quello di Monster Hunter basta anche un'aggiunta piccolissima per spostare completamente tutto l'equilibrio e il bilanciamento. Ciò detto, come avrete notato dalla presentazione, ci sono tantissime scelte dinamiche che si possono compiere durante ogni istante della caccia. L'avrete visto dal gameplay del director Tokuda: lui approccia le creature in un certo modo, cerca di scatenare Guerre Territoriali, trascina i nemici fino a delle trappole. Questo ovviamente non è l'unico modo giusto di giocare: è molto difficile farlo capire alla gente, ma il fatto che l'esperienza sia così cinematografica non ha nulla a che vedere con il fatto che si tratti di una presentazione, di una scena d'azione scriptata. Ogni giocatore sarà libero di affrontare le sfide come preferisce senza alcun vincolo. Non importa come si approccia il gioco, le scelte nel gameplay porteranno a sequenze cinematiche uniche.
Abbiamo visto diverse novità: la fauna endemica sembra molto più ricca e importante, ci sono ambientazioni uniche sulla mappa - come i villaggi - che sono dotate di una storia, poi c'è ovviamente la caccia... la stratificazione del gameplay era un obiettivo importante di Wilds?
Tsujimoto: Sono davvero molto felice che questo lato del game design sia emerso durante la presentazione. Durante tutto il tempo che si spende giocando a Wilds, che sia seguendo la trama, cacciando mostri e via dicendo, ci si può dedicare anche solamente agli aspetti principali del progetto per dozzine, forse anche centinaia di ore. Io ho sempre voluto essere sicuro che mentre il giocatore inizia ad apprezzare il ciclo di gameplay fondamentale, ovvero l'atto di prendere le missioni, sconfiggere i mostri, vedere il proseguo della trama e via dicendo, cominciassero a emergere anche tanti altri piccoli dettagli.
Esattamente come degli strati, come per esempio quello della fauna endemica, oppure lo studio del comportamento dei mostri, ma anche le tradizioni e l'identità delle persone con cui si interagisce. Era da tantissimo tempo che desideravo che tutti questi elementi interagissero tra loro a prescindere da quello che si stava facendo. Anche se due giocatori diversi passassero attraverso alla stessa identica sezione, si potrebbero trovare a vivere esperienze diametralmente opposte. Uno potrebbe non notare determinati dettagli, a un altro potrebbe capitare qualcosa di completamente diverso, un altro ancora magari sta attraversando quella strada proprio per cercare qualcosa come nuovi esemplari della fauna endemica. Questa è la stratificazione che cerchiamo.
Quando Tokuda san ha estratto la Longsword (la Spada Lunga) non abbiamo potuto fare a meno di notare delle nuove combo e degli attacchi mai visti. Avete recuperato quest'ispirazione da Rise o si tratta di qualcosa di nuovo?
Fujioka: Siamo al corrente di come il pubblico abbia risposto alle novità che abbiamo introdotto con Rise e alla sua espansione Sunbreak. Tuttavia, non stiamo cercando necessariamente di includere mosse o meccaniche pescate da quei titoli. Quello che vogliamo fare è rendere unica ogni arma: con Wilds l'idea generale per il combattimento è quella di puntare molto di più sull'identità rispetto al passato. Per esempio, vogliamo che la Spada Lunga si percepisca ancora di più come una Spada Lunga, se capite cosa intendo dire. Ovviamente questo processo richiede anche l'inclusione di nuove mosse e di nuove funzionalità. Ma si tratta di idee che sono immaginate alla luce della nostra idea di quello che Wilds deve rappresentare, non di elementi che abbiamo scelto di recuperare da titoli specifici. Questo titolo rappresenta un nuovo inizio, bisogna ripartire da zero con una nuova filosofia seppur tenendo a mente parte del feedback ricevuto in passato.
Il futuro di Monster Hunter
Con l'instaurazione di queste nuove formule, dopo vent'anni, è cambiato il modo in cui create i mostri? Partite ancora dagli artwork oppure avete virato totalmente nella direzione del gameplay?
Fujioka: Adesso partiamo con le meccaniche dei mostri, anzi, questo non vale solo per le meccaniche dei mostri: cerchiamo sempre di costruire tutti i nuovi giochi partendo dalle meccaniche e dal loro funzionamento. Per prima cosa pensiamo alla progressione che c'è nel gioco: qual è il primo grande mostro che s'incontra? Cosa bisogna imparare da quella battaglia? Tutto si deve svolgere organicamente all'interno di questi confini, i mostri devono diventare sempre più difficili mentre al tempo stesso il cacciatore deve apprendere come fronteggiarli sempre più in profondità.
Per creare nuovi mostri partiamo quindi dalle caratteristiche, dal gameplay che vogliamo ricamargli attorno, forniamo delle linee guida di design ai programmatori, e poi solamente a quel punto parliamo con gli artwork designer, lasciamo che immaginino un aspetto che possa adeguarsi alle caratteristiche del mostro, e loro producono diversi artwork. Ovviamente non è un procedimento immediato, c'è un sacco di tira e molla nel mezzo, a volte ci sono idee di design che si concretizzano in un attimo, in altre occasioni ci sono nuovi input che arrivano direttamente dagli artisti e che finiscono per stravolgere tutto. Ma una volta che si arriva a quel punto del processo creativo tutti possono dire la loro, quindi i reparti comunicano costantemente scambiando idee, arrivando infine a produrre una sintesi dell'aspetto e del comportamento.
Pur non essendo un gioco come servizio, Monster Hunter è come se lo fosse: resta vivo per anni, tiene impegnati i giocatori per centinaia di ore, fa numeri alieni alla sua dimensione. Qual è il segreto?
Tsujimoto: Credo che la risposta si nasconda nei meandri di alcune delle domande a cui abbiamo risposto oggi. La nostra volontà è quella di creare un mondo nel quale, all'interno dei confini fissati anche solo da una singola quest, può accadere letteralmente qualsiasi cosa. Ciò significa che anche se qualcuno ha giocato per centinaia di ore, in certi casi anche per anni dopo la pubblicazione, potrà sempre e comunque trovarsi di fronte a nuove situazioni e fare scoperte inedite. E non sto parlando solo di game design, ma del giocatore stesso e in generale del rapporto fra i giocatori, che fanno parte in prima persona nella formula del gameplay emergente.
Metti caso che hai finito World e ti sei allontanato dal titolo, poi in occasione della campagna "Return to World" ricominci assieme a un gruppo di amici che non si sono mai avvicinati alla serie. Il modo in cui giochi assieme a loro potrebbe rendere l'esperienza nuova ancora una volta anche per te. Dal canto mio, ritengo che l'aspetto della comunicazione fra i giocatori sia forse quello più importante: gli appassionati si raccontano fra loro le cose, condividono strategie, scherzano sulla caccia... ecco, credo che questo concetto di "comunicazione condivisa" sia proprio l'ingrediente segreto che consente ad alcune comunità di videogiocatori di andare avanti per anni.