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WhatsApp: il CBO che aiutò nella vendita a Facebook se ne pente e spiega cosa è andato storto

Il CBO che aiutò a vendere WhatsApp a Facebook afferma oggi di essersene pentito e spiega cosa è andato storto in tutto il processo.

NOTIZIA di Nicola Armondi   —   05/05/2022

Il Chief Business Officer di WhatsApp - Neeraj Arora - ha parlato tramite Twitter dell'acquisizione della piattaforma di messaggistica da parte di Facebook (oggi Meta), affermando di essersi pentito di aver aiutato in questa operazione commerciale.

Arora inizia spiegando che WhatsApp è stata fondata nel 2009 da Jam Koum e Brian Acton. Dopo due anni, Arora si è unito come CBO. Nel 2012/2013, Mark Zuckerberg e Facebook hanno proposto un'acquisizione, ma WhatsApp ha rifiutato. Nel 2014 la società del social network è tornata alla carica e ha proposto quella che è parsa a tutti una partnership: venne promesso pieno supporto alla crittografia end-to-end, la conferma che nessuna pubblicità sarebbe mai stata aggiunta al servizio, l'indipendenza sulle decisioni di sviluppo del prodotto, una sedia nel direttivo per Jan Koum, un ufficio a Montain View e non solo.

Arora spiega anche che WhatsApp ha spinto molto sulle seguenti condizioni: nessuno sfruttamento dei dati degli utenti, nessuna pubblicità e nessun tracciamento cross-platform. Facebook ha accettato e WhatsApp ha pensato che il social network credesse veramente in quella visione.

Al momento X/Twitter ha dei problemi
e non è possibile caricare il post

Nel 2018, però, sono stati scoperti i dettagli dello scandalo Facebook/Cambridge Analytica e Brian Acton ha deciso di dire la propria contro Facebook, con un tweet che riportava l'hashtag #deletefacebook. Oggi, spiega Arora, WhatsApp è la seconda più grande piattaforma di Meta, battendo anche Instagram e FB Messanger. A suo dire, però, quel che è rimasto di WhatsApp è un'ombra del prodotto originale, creato per aiutare le persone a comunicare da una parte all'altra del mondo senza costi. Arora afferma che non è l'unico ad essersi pentito della scelta di diventare parte di Facebook.

Continua affermando che le compagnie tech devono ammettere i propri errori, ma precisa che nessuno pensava che Facebook sarebbe divenuto "un mostro di Frankenstein che divora i dati degli utenti e produce denaro sporco." In conclusione, Arora afferma che, per far evolvere l'ecosistema tech, è necessario parlare di come certi modelli di business possano danneggiare prodotti e servizi che sono stati creati con le migliori intenzioni.